L’eccezione tutta elvetica della Banca nazionale svizzera
La Banca nazionale svizzera, a differenza della maggioranza delle altre banche centrali europee, non appartiene allo Stato. Le sue azioni sono detenute in parte dai Cantoni e dalle banche cantonali ma anche da cittadini privati, stranieri inclusi. Tra i più grandi azionisti c’è infatti un miliardario tedesco. Vediamo come mai.
Sembrerà strano, ma fa parte delle peculiarità della Svizzera. L’istituto centrale elvetico sin dalla sua nascita appartiene anche a cittadini privati.
Originariamente, la maggior parte degli istituti di emissione fondati nel XVIII secolo erano di proprietà privata (oppure operavano anche come banche commerciali). Solo nella seconda metà del XIX secolo si assiste alla loro trasformazione in istituzioni con crescenti funzioni pubbliche.
“La trasformazione in istituzioni pubbliche si è conclusa nel corso del XX secolo con la nazionalizzazione di molte banche centrali”
Saverio Simonelli, professore di economia all’Università della Svizzera Italiana di Lugano
“Questa fase del processo di trasformazione in istituzioni pubbliche – spiega Saverio Simonelli, professore di politica monetaria all’Università della Svizzera Italiana di Lugano – si è conclusa nel corso del XX secolo con la nazionalizzazione di molte banche centrali”.
Perché la BNS non appartiene alla Confederazione?
Al momento della sua creazione, come scrivono Daniel Hübscher e Hans Kuh nel saggio La Banca nazionale come aziendaCollegamento esterno, “la forma giuridica da conferire alla futura banca di emissione svizzera fu oggetto di aspre controversie che finirono con il ritardare notevolmente la nascita della Banca nazionale”. La Banca entrerà in funzione solo nel 1907 quando l’articolo costituzionale per la sua creazione fu introdotto nella Costituzione federale già nel 1891.
La BCE
La Banca centrale europeaCollegamento esterno (BCE) appartiene a tutti i paesi dell’UE e non ci sono azionisti del settore privato. Più precisamente, i Paesi dell’UE che non aderiscono all’euro partecipano in maniera minima all’azionariato della BCE.
Le quote di capitale della BCE detenute dai singoli Paesi sono correlate alla loro popolazione e al loro prodotto interno lordo (PIL), ponderati in pari misura. Attualmente i primi quattro Paesi sono la Germania, che detiene il 21,7% delle “azioni”, la Francia con il 16,3%, l’Italia con il 13% e la Spagna con il 9,7%.
Il capitale della BCE ammonta a poco meno di 11 miliardi di euro. Gli utili e le perdite netti della BCE sono distribuiti tra le banche centrali dei Paesi dell’area dell’euro.
Nonostante esista la BCE, ogni singolo Paese dell’eurozona ha ancora la propria banca centrale. .
Banca d’Italia
La Banca d’Italia è totalmente privata (è uno dei nove istituti centrali nel mondo ad avere capitali privati). Il capitale dell’istituto è di 7,5 miliardi euro rappresentato da quote nominative di partecipazione il cui valore nominale, determinato per legge, è di 25’000 euro ciascuna.
Le quote di partecipazioneCollegamento esterno appartengono a banche e imprese di assicurazione e riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia, fondazioni, enti ed istituti di previdenza e assicurazione aventi sede legale in Italia e fondi pensione.
La legge stabilisce un limite massimo del 3 per cento alla quota detenibile da ciascuno di essi.
Deutsche Bundesbank
La Deutsche BundesbankCollegamento esterno è un’entità giuridica di diritto pubblico con finanziamento federale diretto. Il suo capitale sociale, pari a 2,5 miliardi di euro, appartiene al Governo federale.
Banque de France
La Banque de FranceCollegamento esterno è la banca centrale francese. Istituito da duecento anni, di proprietà privata quando fu fondato il 18 gennaio 1800 sotto il Consolato di Napoleone I, divenne proprietà dello Stato francese il 1° gennaio 1946, quando fu nazionalizzato da Charles de Gaulle. Indipendente dal 1994, è sempre di proprietà dello Stato francese.
Oesterreichische Nationalbank
Dal maggio 2010, l’OeNBCollegamento esterno è interamente di proprietà della Repubblica d’Austria, dopo che in origine anche i gruppi di interesse, le banche e le compagnie di assicurazione detenevano il 50% del capitale sociale. Nel 2011, la legge sulla Banca nazionale è stata modificata per riflettere questo fatto, il che significa che una nuova privatizzazione è esclusa per legge.
Bank of England
Chi possiede oggi la Bank of EnglandCollegamento esterno? L’istituto è interamente di proprietà del Governo britannico. Il capitale della Banca è detenuto dal Treasury Solicitor per conto del Ministero del Tesoro. Pur essendo di proprietà del Ministero del Tesoro, svolge le proprie attività in modo indipendente.
Banco de España
Il Banco de EspañaCollegamento esterno è un’istituzione pubblica. Pertanto non è costituito in forma di società, di proprietà di istituzioni private o di privati. Il Decreto Legge del 7 giugno 1962 sulla Nazionalizzazione e Riorganizzazione del Banco de España ha nazionalizzato il Banco de España, che ha cessato di essere una società per azioni.
Stati Uniti
Il Federal Reserve System non è “di proprietà” di nessuno. La Federal ReserveCollegamento esterno è stata creata nel 1913 con il Federal Reserve Act per fungere da banca centrale della nazione. Il Consiglio dei governatori, con sede a Washington, è un’agenzia del Governo federale che riferisce e risponde direttamente al Congresso.
Alcuni osservatori considerano erroneamente la Federal Reserve un’entità privata perché le Reserve Banks sono organizzate in modo simile alle società private. Per esempio, ognuna delle 12 Reserve Bank opera all’interno di una particolare area geografica, o distretto, degli Stati Uniti, è costituita separatamente e ha un proprio consiglio di amministrazione. Le banche commerciali che sono membri del Federal Reserve System detengono azioni della Reserve Bank del loro distretto. Tuttavia, possedere azioni della Reserve Bank è molto diverso dal possedere azioni di una società privata. Le Reserve Bank non sono gestite a scopo di lucro e il possesso di una certa quantità di azioni è, per legge, una condizione di appartenenza al Sistema. Infatti, le Reserve Bank sono tenute per legge a trasferire gli utili netti al Tesoro degli Stati Uniti, dopo aver provveduto a tutte le spese necessarie delle Reserve Bank, al pagamento dei dividendi previsti dalla legge e al mantenimento di un saldo limitato in un fondo di riserva.
Con la prima proposta, il Consiglio federale voleva istituire una banca integralmente statale. Il progetto fu respinto nella votazione popolare del 28 febbraio 1897Collegamento esterno dal 56,7% dei cittadini.
Un secondo progetto del marzo 1899, prevedeva la creazione di una banca di emissione privata sotto sorveglianza statale. La proposta naufragò nell’estate 1901 già in sede parlamentare a causa del mancato accordo tra il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati sulla sede della futura banca centrale.
La terza volta è la volta buona
L’approvazione della legge sulla Banca nazionale e l’istituzione della BNS nella forma di una società anonima giunsero infine il 6 ottobre 1905. La terza variante accumunava elementi di diritto privato e di diritto pubblico. La banca sarebbe stata regolata da norme speciali e amministrata con il concorso e sotto la sorveglianza della Confederazione.
Un azionariato misto
Fin dalla sua costituzione i Cantoni hanno mantenuto la quota di maggioranza della BNS. Oggi detengono il 58% del capitale azionario. Gli altri grandi azionisti pubblici sono le banche cantonali. La loro partecipazione al capitale è del 18%.
Dal 1952 sono entrati a far parte dell’azionariato della BNS altri enti di diritto pubblico, prevalentemente città e comuni. La loro quota di capitale aveva superato il 6% nel 1990. Oggi è leggermente sotto all’1%.
Gli azionisti privati, dagli iniziali 10’000 sono scesi a poco più di 2’600 nel 2023. La loro quota sul capitale è diminuita dal 45% a circa il 22,7%. Fra di essi figurano dagli anni Novanta anche azionisti esteri, la cui partecipazione al capitale ammonta a circa il 6%.
Questo azionariato pubblico-privato è stato confermato al momento della revisione totale della legge sulla Banca nazionale conclusa nel 2003 (LBNCollegamento esterno). Il gruppo di esperti incaricato della revisione totale della LBN giunse alla conclusione che la struttura di diritto azionario costituiva un elemento di importanza primaria per la tutela dell’indipendenza della banca centrale e si era rivelata sostanzialmente efficace.
“La presenza di capitali privati – racconta Simonelli – non garantisce per forza l’indipendenza della BNS. Di certo dà alla banca una certa indipendenza finanziaria visto che un istituto bancario, anche quello centrale, è sicuramente più indipendente se possiede del capitale proprio”.
Al momento della creazione della BNS il capitale sociale di 50 milioni di franchi era riservato per due quinti ai Cantoni (in rapporto alla loro popolazione residente) e per un quinto ai precedenti istituti di emissione (in rapporto alla consistenza di banconote emesse). I restanti due quinti furono offerti in pubblica sottoscrizione.
Il successo dell’operazione è testimoniato dal volume delle sottoscrizioni che superarono di oltre tre volte il capitale destinato ai privati. Così, poco dopo l’inizio della sua attività la BNS contava dunque tra i suoi azionisti, oltre ai Cantoni e alle banche cantonali, più di 10’000 privati. La Confederazione è stata invece da subito esclusa dall’azionariato.
Data l’ampia diffusione dei titoli tra il pubblico – sottolineano i due autori dello studio citato all’inizio, allora vicepresidenti della BNS – “il passaggio naturale è stato che le azioni della BNS venissero quotate in borsa”.
I privati contano meno del pubblico
“La domanda più importante – sottolinea Simonelli – è chiedersi se questo tipo di azionariato possa influenzare il modo in cui la BNS gestisce la propria politica monetaria. Personalmente non lo credo affatto. Soprattutto perché l’azionariato privato, per legge, ha molte limitazioni. Ad esempio, non tutte le azioni hanno il diritto di voto e questi azionisti non possono partecipare alla nomina della direzione generale della BNS. In breve, ciò che è essenziale, i privati non hanno alcuna voce in capitolo nella politica monetaria condotta dall’istituto centrale”.
“La domanda più importante è chiedersi se questo tipo di azionariato possa influenzare il modo in cui la BNS gestisce la propria politica monetaria”
Saverio Simonelli, professore di economia all’Università della Svizzera Italiana di Lugano
I loro diritti sono infatti strettamente delimitati dalla legge sulla BNS e si riducono al diritto di percepire un dividendo che la legge fissa a un massimo del 6% del capitale azionario, indipendentemente dall’andamento aziendale, ovvero un massimo di 15 franchi ad azione anche se la BNS fa utili miliardari.
Perché allora i privati investono nella BNS? “Una domanda interessante – ammette Simonelli – a cui è difficile dare una risposta. Possiamo però dire che la BNS è un caso unico perché le sue azioni sono quotate in borsa e possono dunque essere liberamente vendute e acquistate. Per il privato potrebbe esserci dunque un capital gain: chi compra queste azioni può in qualche modo avere una forma di remunerazione, dovuta alla rivalutazione nel tempo del corso azionario del titolo”.
L’anomalia Theo Siegert
Tra gli azionisti stranieri spicca la presenza dell’uomo d’affari tedesco di Düsseldorf Theo Siegert. Chi è Siegert? E soprattutto cosa lo ha portato a investire nell’istituto centrale elvetico?
Theo Siegert, 77 anni, è da tempo il maggiore azionista privato della BNS. Secondo il rapporto annuale 2023, possiede il 5,01% della BNS ovvero 5’010 azioni.
Il suo pacchetto azionario vale attualmente circa 18 milioni di franchi svizzeri. Nonostante sia l’azionista privato più importante (l’unico citato nel rapporto annuale della banca) Siegert, per i motivi sopra citati, non può influenzare in alcun modo la politica monetaria della BNS.
“Il fatto che non abbia voce in capitolo – chiarisce Simonelli – spiega probabilmente il perché un tedesco possa essere il maggiore azionista privato della Banca nazionale svizzera”.
Altri sviluppi
Utili della Banca nazionale svizzera? Andrebbero versati alla popolazione
Come mai un miliardario tedesco investe nella BNS quando, se tutto va bene, riceve un dividendo di 15 franchi per azione, ovvero poco meno di 80’000 franchi all’anno? Siegert, professore di economia che dal 1993 dirige l’azienda familiare di Düsseldorf “de Haen-Carstanjen & Söhne”, ha giustificato al giornale economico Collegamento esternoCashCollegamento esterno il suo investimento nella BNS per la sua “solvibilità e la professionalità”. Inoltre, Siegert considera il suo impegno nella BNS un investimento a lungo termine.
“Per le banche commerciali che hanno azioni della banca centrale – conclude Simonelli – il discorso è diverso. Sebbene non abbiano nessuna possibilità di influenzare la politica monetaria, fanno comunque parte di un istituto che decide aspetti essenziali della loro attività. Come dire meglio esserci, anche se si conta poco, piuttosto che non esserci affatto”.
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