La Svizzera e le sue linee Maginot
Oltre ad avere la densità più alta al mondo di rifugi antiatomici per la popolazione, la Svizzera ha una rete di bunker militari a dir poco enorme. Molte di queste infrastrutture belliche sono però ormai in disuso.
Se un giorno vi dovesse capitare di transitare dal Passo del San Gottardo e se avete un po’ di tempo a disposizione, salendo da Airolo provate a prendere la vecchia strada della Tremola. Poco prima di giungere sul Passo, fermatevi e scrutate attentamente la parete del Monte Prosa, che sovrasta l’ospizio del San Gottardo. Se avete un occhio d’aquila, forse vedrete spuntare ben mimetizzate tra la roccia delle imponenti bocche da fuoco.
Costruito tra il 1941 e il 1943, il forte Sasso da Pigna è solo una delle numerose infrastrutture militari che hanno trasformato la regione alpina – e in particolare l’area del massiccio del San Gottardo – in un vero e proprio groviera. Il forte, oggi trasformato in museoCollegamento esterno, era stato concepito per ospitare 500 soldati, che avrebbero potuto vivere in completa autarchia per sei mesi.
Questa fortificazione era, come detto, solo un piccolo tassello di una rete ben più grande. Solo sul versante ticinese del San GottardoCollegamento esterno, si contano infatti ben 14 infrastrutture simili. Alcune, come il famoso Forte Airolo, uno tra i primi esempi di forte corazzato in Europa, risalgono alla fine del XIX secolo. La maggior parte, però, sono state costruite negli anni 1930 e 1940, nell’ambito della cosiddetta strategia del Ridotto nazionaleCollegamento esterno.
Per far fronte a una possibile invasione delle forze dell’Asse durante la Seconda guerra, la tattica prevista dal generale Henri Guisan era di concentrare le truppe nella regione alpina, lasciando l’Altopiano svizzero nelle mani del nemico, ma precludendogli le vie di comunicazione nord-sud. Sulle possibilità di successo di una simile strategia le analisi divergono, anche se tra molti storici vi è una certa unanimità nell’affermare che fosse votata al fallimento. Un po’ come la famosa linea Maginot francese. Comunque sia, questo piano ebbe quale effetto concreto di trasformare appunto diverse aree delle Alpi in una sorta di formaggio pieno di buchi.
In questo album fotografico vi portiamo alla scoperta del Forte Foppa Grande, sul versante sud del San Gottardo. Costruito durante la Seconda guerra mondiale e ampliato negli anni 1950, poteva ospitare fino a 50 militari. L’entrata del forte (oggi un museo) è celata dietro a quella che sembra una stalla.
Le fortificazioni del Ridotto nazionale non sono però di certo le sole sul territorio svizzero. Nelle zone di frontiera, lungo tutti i principali assi di comunicazioni in determinati punti strategici si possono scorgere numerosi bunker piccoli e grandi. Basta aguzzare un po’ la vista, poiché spesso sono ben camuffati o nel frattempo la vegetazione ha preso il sopravvento.
L’esercito svizzero ha però anche saputo dar prova di creatività, poiché non si è limitato a grigie costruzioni di cemento armato o a buchi nella roccia. Un po’ dappertutto qua e là nel Paese sono stati edificati chalet, fienili o stalle che nascondevano un pericolo mortale. Dietro alla loro armoniosa finta facciata di legno, vi erano spessi muri di cemento armato, feritoie per cannoni e mitragliatrici e tutto il necessario per ospitare un piccolo plotone.
Dopo la fine della Guerra fredda, l’esercito svizzero non ha rinunciato del tutto a queste costruzioni sotterranee. Ma oggi i nuovi bunker sono pensati prima di tutto per le telecomunicazioni e non per sparare obici a diverse decine di chilometri di distanza.
Il lascito in cemento armato della Seconda guerra mondiale e della Guerra fredda è stato progressivamente smantellato. Alcuni di questi vecchi bunker (si stima che ve ne fossero circa 8’000Collegamento esterno) sono stati trasformati in musei, come il Sasso da Pigna sul San Gottardo. Altri sono stati acquistati da privati, che li utilizzano nei modi più disparati: come cantina, poligono di tiro, atelier per artisti… Altri ancora da società, che li hanno ristrutturati per farli diventare dei caveau tecnologici, a prova di catastrofe nucleare e biologica, attacco terroristico, terremoto e naturalmente furto, dove mettere al sicuro preziosi dati.
Oppure altri sono addirittura stati trasformati in sale concerti o alberghi, ad esempio il fortino d’artiglieria San Carlo, costruito tra il 1938 e il 1943 e alcuni anni fa ristrutturato per essere adibito a hotel per seminari.
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