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Una commissione parlamentare indagherà sul tracollo di Credit Suisse

La cupola di Palazzo federale
Il Parlamento vuole far chiarezza sul ruolo e le responsabiltà delle atuorità federali su quanto accaduto a Credit Suisse. © Keystone / Peter Klaunzer

Una Commissione parlamentare d'inchiesta indagherà sul dissesto di Credit Suisse. Dopo il Consiglio nazionale (che ha approvato all'unanimità il decreto federale che la istituisce), giovedì anche il Consiglio degli Stati ha dato il suo via libera. Nella storia, solo altre quattro volte è stata formata una simile commissione, con risultati anche sorprendenti.

La fine di Credit Suisse, la seconda banca elvetica per importanza e volume d’affari, ha scosso alle radici il mondo economico e politico elvetico come pure l’intera popolazione. Dopo il tracollo di UBS nel 2008, quando la banca fu salvata dalla Confederazione, si sperava di non dover più rivivere gli stessi scenari, anche grazie al nuovo regolamento “too big to failCollegamento esterno” (troppo grande per fallire).

Così non è stato. Credit Suisse, sull’orlo del tracollo, il 19 marzo scorso è stato rilevato da UBS per tre miliardi di franchi, su caldo “invito” della Confederazione: l’istituto era alle prese con una grave crisi di fiducia che aveva portato a massicci deflussi di denaro da parte dei clienti: 123 miliardi nel 2022 e poco più di 61 miliardi nel primo trimestre del 2023.

Secondo il Governo elvetico, il crollo di Credit Suisse avrebbe causato “turbolenze economiche irreparabili” in Svizzera e nel mondo. “L’acquisizione ha posto le basi per una maggiore stabilità”. Sono le parole di Karin Keller-Sutter, responsabile del Dipartimento federale delle finanze.

Il 12 giugno UBS porterà a termine l’acquisizione. L’operazione si è svolta anche grazie alle garanzie federali: la Banca nazionale svizzera ha messo sul tavolo 100 miliardi di franchi di liquidità (nel frattempo già restituiti) mentre il Governo elvetico ha accettato di fornire a UBS una garanzia fino a 9 miliardi di franchi svizzeri nel caso in cui dovessero venire a galla problemi molto specifici nel portafoglio di Credit Suisse.

Commissione parlamentare d’inchiesta

Considerata la portata dell’evento e il coinvolgimento di diverse autorità federali nonché il sostegno finanziario della Confederazione, i due rami del Parlamento hanno deciso di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) per far luce su quanto accaduto.

L’istituzione di una CPI può essere chiesta da un gruppo, da una commissione o da un singolo deputato mediante un’iniziativa parlamentare. Sentito il Consiglio federale, la CPI è istituita mediante decreto federale semplice.

Dotata di una propria segreteria, la CPI consta di un ugual numero di membri di ciascuna Camera, designati dall’Ufficio rispettivo (in questo caso saranno in totale 14). Al pari della Delegazione delle Commissioni della gestione e Delegazione delle finanze, la CPI può interrogare testimoni, prendere visione dei verbali e dei documenti relativi alle sedute del Consiglio federale e far capo a inquirenti per l’assunzione delle prove.

Il Consiglio federale designa uno dei suoi membri quale rappresentante dinanzi alla CPI. L’Esecutivo ha il diritto di assistere all’audizione di persone informate sui fatti e testimoni e di porre domande completive. Può inoltre pronunciarsi sul risultato dell’inchiesta e in un rapporto all’Assemblea federale.

Per i suoi lavori la CPI che si occuperà di indagare sull’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS dispone di un budget di 5 milioni di franchi.

Obiettivo della CPI è quello di verificare se le diverse autorità federali coinvolte hanno lavorato correttamente. In breve, dovrà analizzare il loro ruolo in relazione agli eventi degli ultimi anni che hanno portato alla crisi di Credit Suisse e chiarire eventuali responsabilità del Consiglio federale, dell’Amministrazione federale e di altri enti incaricati di compiti federali in relazione alla fusione d’urgenza di UBS con il Credit Suisse, come l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), senza dimenticare la Banca Nazionale (BNS). La CPI non ha per contro nessun ruolo di vigilanza sulle imprese private, anche se mal gestite.

Compiti della CPI

La CPI non ha limiti temporali per raggiungere il suo obiettivo.  Dopo le dichiarazioni dei vari deputati e senatori, è molto probabile che la commissione  dovrà tornare indietro di diversi anni per far luce sul caso. Non si può escludere che le indagini debbano risalire fino al 2008 al momento del salvataggio di UBS e all’elaborazione del regolamento “too big to fail”. La  CPI dovrà anche verificare se questa normativa si è rivelata insufficiente o se è stata applicata in modo sbagliato.

Su questa scia, il Parlamento si è posto più domande alle quali la CPI dovrà dare una risposta: la FINMACollegamento esterno e la BNS hanno sempre fornito informazioni concrete e veritiere? Perché il Consiglio federale non ha applicato le leggi esistenti – in particolare la normativa “too big to fail”? Quale ruolo ha svolto la FINMA nei vari scandali e procedimenti relativi al Credit Suisse? Perché la FINMA non ha reagito in tempo e con misure adeguate?

Un evento eccezionale

Al momento della discussione in Parlamento, tutti hanno sottolineato l’eccezionalità della decisione. C’è chi ha parlato di un evento storico per il Paese. Non senza ragione. Nonostante la sua creazione sia stata sostenuta da tutti i partiti e da quasi tutti i membri del Parlamento, nella storia della Confederazione (che quest’anno festeggia i 175 anni della prima Costituzione federale) è stata finora istituita solo in quattro occasioniCollegamento esterno mentre in altre 32 le richieste sono state bocciate. E i risultati hanno portato anche a dimissioni o sospensioni eccellenti. Vediamo:

Le quattro CPI nella storia elvetica

Mirage
Il terzo da sinista della prima fila è il consigliere federale Paul Chaudet che a causa dell’affare Mirage, lascerà il governo. Keystone / Str

Lo scandalo Mirage (1964)

Nel giugno 1961 il Parlamento approva l’acquisto di 100 aerei da combattimento MirageCollegamento esterno e stanzia a questo scopo 871 milioni di franchi. Tre anni dopo il Governo domanda un credito supplementare di 576 milioni, di cui 220 milioni per i costi aggiuntivi. Il Parlamento, che avvertiva la presenza di un inganno, rifiuta di entrare in materia e il 17 giugno 1964 istituisce la prima Commissione d’inchiesta parlamentare della sua storia. Il rapporto, consegnato il 2 settembre, presenta prove schiaccianti: il Dipartimento militare viene accusato di aver tratto in inganno il Governo, il Parlamento e l’opinione pubblica. I responsabili vengono puniti. Il divisionario Etienne Primault, capo dell’aviazione, è sospeso, mentre Jakob Annasohn, capo di Stato maggiore generale, è sollevato dalle sue funzioni. Il responsabile del Dipartimento militare, Paul Chaudet, sollecitato a rassegnare le dimissioni da numerosi parlamentari, nel 1966 rinuncia a un ulteriore mandato.

Elisabeth Kopp al momento del giuramento dopo la sua elezioni in Consiglio federale.
Elisabeth Kopp al momento del giuramento dopo la sua elezioni in Consiglio federale. È stata la prima donna a sedere nel governo federale. Keystone / Str

Le dimissioni di Elisabeth Kopp (1989)

7 dicembre 1988, Elisabeth Kopp – prima donna in governo Collegamento esterno– annuncia le sue dimissioni. Il 27 ottobre 1988 aveva parlato al telefono con suo marito, avvocato, avvertendolo di un suo possibile coinvolgimento in un caso di riciclaggio di denaro. Per chiarire le circostanze delle dimissioni, il 31 gennaio 1989 è istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta. Prima della CPI, il Consiglio federale incarica  un procuratore pubblico di chiarire i fatti. Quest’ultimo stabilische  che la consigliera federale aveva chiesto alla propria collaboratrice personale di informare il marito Hans W. Kopp e chiede l’abolizione della sua immunità parlamentare per poter aprire una procedura penale. Elisabeth Kopp lascia quindi il governo con effetto immediato il 12 gennaio 1989. Alla fine dello stesso mese l’Assemblea federale istituisce una CPI che a novembre 1989 pubblica il suo rapporto, in cui dichiara che le dimissioni erano state inevitabili, senza tuttavia fornire nuove informazioni in merito.

Piazza federale gremita in una manifestazione contro le schedature.
È il 3 marzo 1990. Oltre 30’000 persone partecipano in Piazza federale a Berna alla manifetazione contro le schedature abusive. Keystone / Str

Lo scandalo delle schedature (1990)

Lo scandalo delle schedature scoppia il 22 novembre 1989 e viene alla luce grazie alla pubblicazione del rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta che indagava sui fatti che avevano portato alle dimissioni della ministra di giustizia e polizia Elisabeth Kopp (vedi sopra). La CPI sul “caso Kopp” aveva mandato di indagare anche sull’operato del Dipartimento federale di giustizia e polizia, del Ministero pubblico della Confederazione e della Polizia federale. Creata una nuova CPI nel 1990, la Commissione porta alla luce una sorta di mostro orwelliano. Dalla metà del XX secolo, la polizia federale e le polizie cantonali hanno compilato circa 900’000 dossier riguardanti cittadini e organizzazioni senza alcuna base legale: un cittadino svizzero su venti e addirittura uno straniero su tre sono stati schedati. Tutte le informazioni sono archiviate nei locali della Procura federale a Berna. Lo scandalo porta alla riorganizzazione del Dipartimento di giustizia e polizia ma crea soprattutto un forte clima di nervosismo e sfiducia nei confronti delle istituzioni, cosa che ha pochi precedenti nella storia della Svizzera moderna.

Otto Stich
Il consigliere federale Otto Stich, ritenuto responsabile del caos creatosi alla Cassa pensione della Confederazione. Keystone / Str

Il dissesto della Cassa pensione federale (1995)

All’inizio degli anni ’80 del secolo scorso la Cassa pensioni della Confederazione (CPC), il secondo dei tre pilastri del sistema previdenziale svizzero, soffre di gravi problemi a livello direzionale ed organizzativo al punto che il Controllo federale delle finanze non può più certificare la regolarità dei suoi conti annuali. Sprovvista di personale qualificato, le ripetute promesse del capo del Dipartimento federale delle finanze, che avrebbe risolto tutti i problemi, non vengono mantenute. Per far luce sul dossier poco trasparente (alla CPC allora erano affiliati circa 110’000 lavoratori), il Parlamento decide di creare una Commissione parlamentare d’inchiesta. Dall’indagine risulta che il Capo del Dipartimento federale delle finanze (Otto Stich) è il vero responsabile del caos creatosi alla CPC. Al momento dell’inchiesta Stich era già in pensione altrimenti la CPI ne avrebbe chiesto le dimissioni. Inoltre, in nessun momento la direttrice della Cassa era all’altezza del suo compito. La CPI conclude il suo rapporto Collegamento esternoscrivendo che per più di dieci anni, la cattiva gestione degli incarti ha causato un notevole disordine nei dossier degli assicurati tanto che spinge la CPI a scrivere “il denaro c’è, ma la Cassa non sempre sa a chi appartiene”. La CPI, per risanare la situazione, inoltra 53 raccomandazioni, 4 postulati, 3 mozioni e 5 iniziative parlamentari.

La quinta CPI vuole infine far luce sul ruolo delle autorità federali nel dissesto di Credit Suisse che da lunedì 12 giugno di fatto non esisterà più.

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