Alcuni dei cambiamenti della riforma AVS che entra in vigore quest'anno avverranno in maniera graduale.
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La riforma dell’AVS (Assicurazione vecchiaia e superstiti) accettata in votazione popolare lo scorso autunno entra in vigore quest’anno. Tra gli aspetti più controversi, l’età di pensionamento delle donne, che è passata dai 64 ai 65 anni d’età.
L’applicazione delle nuove regole avverrà gradualmente, come spiega Simon Tellenbach, della società di consulenza VZ Vermögenszentrum, ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI: “Le donne che quest’anno compiono 64 anni non sono toccate. Solo dal 2025 l’età di riferimento per la pensione verrà alzata, di tre mesi ogni anno”.
Ciò significa che le donne nate nel 1960 vanno in pensione ancora a 64 anni. Poi l’aumento avverrà a tappe e a partire dalla classe 1964 l’età di riferimento per la pensione saranno i 65 anni.
Nella fase di transizione ci sarà poi libertà di scelta sulla modalità del pensionamento: “Le donne delle generazioni di transizione hanno due possibilità. O vanno in pensione secondo l’età di riferimento e ottengono un supplemento della rendita, oppure lo fanno prima, ma con una riduzione”. Una riduzione che sarà comunque meno importante rispetto a quella che si ha oggi per un normale prepensionamento.
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Un’altra importante novità è che con l’entrata in vigore della riforma l’età di pensionamento diventa flessibile per entrambi i sessi. L’idea di fondo è di rendere più attrattivo lavorare oltre i 65 anni. Tra i 63 e i 70 anni sarà possibile ricevere solo una parte della rendita. Una persona potrebbe quindi, per esempio, lavorare a tempo pieno fino a 65 anni, nei due anni successivi lavorare al 50% e percepire metà rendita AVS, passare in seguito al 20%, e andare definitivamente in pensione a 69 anni.
Lavorare più a lungo, spiega Tellenbach, “può essere conveniente, se per esempio si hanno lacune nei contributi o se non si è ancora raggiunta la pensione massima. Questo perché ora i contributi versati dopo l’età di riferimento vanno ad aumentare le rendite”.
Resterà da vedere, nei prossimi anni, quante persone, con un sistema più flessibile, decideranno effettivamente di lavorare oltre i 65 anni di età.
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