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Tassa sulla salute, la Svizzera nega i dati dei frontalieri

Personale medico.
Sempre più medici e infermieri italiani scelgono la Svizzera come luogo di lavoro. Con la tassa sulla salute il Governo italiano vuole rallentare questa emorragia. KEYSTONE/© KEYSTONE / GAETAN BALLY

 
Fa fatica a trovare un'applicazione la tassa sulla salute che dovrebbero pagare i vecchi frontalieri per partecipare al finanziamento del servizio sanitario nazionale italiano. La Svizzera per ora nega i loro dati ma la Lombardia ha pronto un "piano B".

“La volontà da parte del Governo italiano di applicare la tassa sulla salute c’è sempre – ci conferma il senatore varesino del Pd Alessandro Alfieri – sebbene io non la condivida perché l’ho sempre definita rozza, pasticciata e poco chiara”.

“La volontà da parte del Governo italiano di applicare la tassa sulla salute c’è sempre, anche se non la condivido”

Alessandro Alfieri, senatore varesino del Pd

Ma la volontà del Governo italiano di applicare la tassa sulla salute a carico dei vecchi frontalieri non basta. Passare dalla normativa alla riscossione del contributo non è semplice.

“Vi è un’oggettiva difficoltà d’applicazione – aggiunge Alfieri –. Serve infatti la collaborazione delle autorità svizzere per ottenere i dati esatti sui frontalieri che hanno scelto il sistema sanitario italiano. Per quanto mi risulta, ad oggi, siamo in una fase di approfondimento per capire le modalità di applicazione”.

In Svizzera l’assicurazione sanitaria, obbligatoria, è privata e ogni residente nella Confederazione deve pagare un premio annuale per accedere alle cure. Il premio è individuale, non è progressivo e non dipende dal reddito.

In Italia i costi della sanità vengono finanziati dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) che è un’imposta diretta, personale e progressiva: chi guadagna di più, paga di più.

I frontalieri, grazie a un accordo tra la Confederazione e i Paesi limitrofi, dunque anche con l’ItaliaCollegamento esterno, possono esercitare il diritto di opzione per restare assoggettati al Servizio sanitario nazionale italiano.

La grandissima maggioranza dei frontalieri opta per questa soluzione che però non contribuisce a finanziare perché non paga l’IRPEF (perché tassati alla fonte dalla Confederazione).

Pochi, pochissimi optano per l’assicurazione privata svizzera.

Pari trattamento

Vi è dunque un chiaro problema di fondo: i frontalieri che restano assoggettati al servizio nazionale italiano di fatto utilizzano un servizio senza alimentarlo (pur avendo un reddito). Questo pone un serio problema di parità di trattamento con tutti i lavoratori in Italia.

In passato diversi Governi avevano già provato ad introdurre norme simili alla tassa sulla salute. Tuttavia, queste manovre si erano poi sempre fermate di fronte al fatto che nel nuovo Accordo sulla tassazione dei frontalieri era inizialmente prevista la tassazione in Italia per tutti i frontalieri, “vecchi” e “nuovi”. Poi è stata aggiunta la clausola sui “vecchi frontalieri”, che continueranno a pagare le imposte in Svizzera fino al pensionamento, un elemento che ha fatto riemergere il caso.

Una difficoltà d’applicazione della norma che conosce bene la Regione Lombardia che conta tra i suoi abitanti circa 70’000 frontalieri. Proprio in questo periodo Milano sta chiedendo ai vicini Cantoni svizzeri i dati su questi lavoratori e queste lavoratrici  necessari per poter applicare la normativa italiana.

Le richieste lombarde alle autorità cantonali

“Noi, come Regione Lombardia, abbiamo chiesto ai tre Cantoni elvetici, Ticino, Grigioni e Vallese, se potessero fornirci i nominati dei lavoratori frontalieri italiani che hanno optato per il sistema sanitario italiano. Non abbiamo chiesto, come ho letto da qualche parte, altri dati sensibili”.

“Abbiamo chiesto a Ticino, Grigioni e Vallese se potessero fornirci i nominati dei lavoratori frontalieri italiani che hanno optato per il sistema sanitario italiano”

Massimo Sertori, assessore lombardo e responsabile dei rapporti con la Svizzera

Sono le parole di Massimo Sertori, responsabile per i Rapporti con la Confederazione per la Regione Lombardia, nonché assessore agli Enti locali, Montagna, Risorse energetiche, Utilizzo risorsa idrica.

Si tratta dei dati dei vecchi frontalieri, che pagano le imposte alla fonte in Svizzera, e che hanno optato per il sistema sanitario nazionale italiano. Sono loro, infatti, l’oggetto della tassa sulla salute. I nuovi frontalieri, pagando l’IRPEF in Italia, partecipano già di fatto al finanziamento del sistema sanitario nazionale.

“Bellinzona alla nostra richiesta – continua Sertori – ha risposto che in base alle normative vigenti in Ticino e in Svizzera, non è possibile fornire questi dati. La risposta la comprendiamo benissimo”.

Anche i Grigioni, come ha recentemente spiegato ai colleghi della RSI il direttore del Dipartimento delle finanze Martin Bühler, hanno cortesemente respinto la richiesta lombarda chiarendo che per il momento non c’è la base legale per fornire questi dati.

Difficoltà prevedibili nell’applicare la tassa sulla salute

Per il senatore varesino Alessandro Alfieri la situazione creatasi era prevedibile: “Dipende tutto dal Ministero dell’Economia e delle finanze, ma so che la Confederazione fa resistenza e sta essa stessa valutando se la richiesta italiana sia in linea con l’accordo in vigore”.

A gennaio 2024, infatti, Il Consiglio federale, su pressione degli industriali ticinesi, ha comunicato che esaminerà in dettaglio questa tassa sulla salute promettendo che, se la tassa dovesse essere in contraddizione con gli accordi bilaterali in vigore tra i due Paesi, l’ambasciata svizzera a Roma interverrà.  

Come e cosa fare per applicare questa tassa? Sempre Sertori: “Noi siamo pronti a elaborare un protocollo d’intesa con i tre Cantoni per trovare una soluzione. Abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione con loro e sono fiducioso. D’altra parte, per quanto mi risulta, la Svizzera ha risolto un caso simile con la sua controparte francese. Per cui non vedo perché non si possa trovare un’intesa anche con noi italiani”.

Lombardia pronta con un piano B

Se non fosse possibile ottenere dalla Confederazione i dati sui frontalieri che hanno optato per il sistema sanitario nazionale italiano, la Lombardia ha già pronto un piano di riserva.

“Se il frontaliere opta per il sistema sanitario italiano, che copre le cure per tutta la famiglia ed è pagata dalle imposte, è giusto che paghi il contributo sulla salute”

Massimo Sertori, assessore lombardo e responsabile dei rapporti con la Svizzera

“Se non sarà possibile ottenere i dati – aggiunge Sertori – distribuiremo un’informativa con la quale spiegheremo che i vecchi frontalieri devono pagare un contributo all’Italia nel caso avessero optato per il sistema sanitario italiano”.

Prima di ogni altro commento, l’assessore lombardo ci tiene a precisare un aspetto fondamentale: “C’è da chiarire che il frontaliere, per quanto riguarda le cure, può optare per il sistema sanitario svizzero o quello italiano. Nel primo caso, paga un’assicurazione privata che costa circa dai 350 ai 400 franchi al mese e copre solo il lavoratore e non tutta la sua famiglia. Se invece opta per il sistema sanitario italiano, erogato dalla Regione, quest’assicurazione vale per tutta la sua famiglia ed è pagata dalle imposte. Trovo dunque corretto che il vecchio frontaliere passi pure lui alla cassa”.

Se si dovesse procedere con un’informativa, con la relativa richiesta del pagamento della tassa sulla salute, a questo punto quasi su base volontaria, potrebbe anche succedere che la maggior parte di questi lavoratori non si presenti alla cassa…

“Ci saranno ovviamente dei controlli – risponde Sertori – ma ci baseremo soprattutto sull’autodenuncia. Ma sono sereno, i miei compaesani hanno sempre dimostrato di essere cittadini maturi. Nei pochi casi in cui questi frontalieri dovessero cercare di fare i furbi, naturalmente sarà prevista una multa”.

Un contributo per pagare un bonus

Sull’applicazione della tassa sulla salute, la legge di bilancio dello Stato italiano lascia delle libertà alle Regioni che possono scegliere di far pagare ai frontalieri un’aliquota tra il 3 e il 6% sul salario netto. “Per capirci – racconta Sertori – faccio sempre un esempio molto semplice: se un frontaliere percepisce un salario netto di 4’000 euro, con l’aliquota al 3%, per usufruire del servizio sanitario nazionale dovrà pagare per sé e tutta la sua famiglia un importo di 120 euro al mese”.

Nelle stime del Governo Meloni, per tutte le Regioni con lavoratori frontalieri in Svizzera (Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano) sono previste entrate totali attorno ai 110 milioni di euro all’anno.

“I soldi del contributo resteranno sul territorio. Si tratta forse di uno dei pochi casi di vero federalismo in Italia”

Massimo Sertori, assessore lombardo e responsabile dei rapporti con la Svizzera

L’obiettivo è quello di destinare questi fondi, come “bonus”, al personale sanitario italiano degli ospedali  che si trovano a meno di 20 chilometri dal confine svizzero così da evitare la loro fuga verso il Ticino, una vera piaga che sta colpendo soprattutto le province di Como e Varese.

Sempre nelle stime del Governo italiano, in busta paga medici e infermieri potrebbe avere un “premio” mensile fino a 750 euro. Il provvedimento è stato presentato a ottobre 2023 dal ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, leghista varesino, che conosce bene le dinamiche del mondo del lavoro frontaliero.

Soldi lombardi che restano in Lombardia

I soldi della tassa resteranno sul territorio. “Si tratta forse di uno dei pochi casi di vero federalismo in Italia” chiarisce sorridendo Massimo Sertori. “Al momento della decisione di inserire questa norma nella legge di bilancio 2024 – racconta l’assessore della Lega Nord – abbiamo subito chiesto a Roma che questi contributi restassero sul territorio. E così sarà”.

Una somma anche importante considerato che i frontalieri sono circa 93’000, la maggior parte dei quali cittadini lombardi. “I calcoli sono relativamente semplici – conclude Sertori –. I contributi da versare, secondo legge, vanno da un minimo di 30 euro a un massimo di 200 a lavoratore. Se calcoliamo mediamente un contributo di 100-120 euro a frontaliere, abbiamo stimato che potrebbero entrare nelle casse lombarde circa 80 milioni di euro all’anno”.

È verosimile che l’imposta si pagherà concretamente nel 2025 e il calcolo sarà fatto sui redditi del 2024. Questo significa che entro la fine del corrente anno dovranno essere definite le modalità di tassazione e del loro prelievo.

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