Roma vuole tassare in Italia i lavoratori frontalieri che sono soci e impiegati di una Sagl ticinese: non verranno più considerati lavoratori dipendenti di una società svizzera, dunque assoggettati all'imposta alla fonte elvetica, bensì come lavoratori indipendenti da tassare in Italia. Se così sarà, la Svizzera chiederà la restituzione dei ristorni versati per questi contribuenti negli ultimi 5 anni.
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Mi occupo soprattutto delle relazioni italo-svizzere, che siano politiche, economiche o culturali, con un occhio di riguardo alle questioni transfrontaliere.
Nato in Corea del Sud e cresciuto nei Grigioni dopo studi in filosofia tra Pavia, Ginevra e Parigi, in teologia a Lugano e infine in comunicazione a Milano, mi sono dedicato al giornalismo con una lunga parentesi nel mondo del cinema.
Roma vuole tassare totalmente in Italia i lavoratori frontalieri che sono soci e impiegati di una Sagl ticinese. Non verranno più considerati lavoratori dipendenti di una società svizzera, dunque assoggettati all’imposta alla fonte elvetica, bensì come lavoratori indipendenti da tassare in Italia. Se così sarà, la Svizzera chiederà la restituzione dei ristorni versati per questi contribuenti per gli ultimi 5 anni.
Da quando è entrato in vigore il nuovo accordo fiscale sui frontalieri (17 luglio 2023), Roma ha preso diverse iniziative unilaterali che prendono di mira i lavoratori italiani attivi in Svizzera.
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Oltre al nuovo regime fiscale che obbliga i nuovi frontalieri a pagare l’IRPEF in Italia, c’è la cosiddetta tassa sulla salute, non ancora a regime, che vuole imporre un balzello a carico dei vecchi frontalieri con lo scopo di offrire un “bonus frontiera” ai professionisti italiani del settore sanitario che lavorano negli ospedali di confine. Tutto questo per limitare il loro l’esodo verso la Svizzera.
Ridurre l’attrattività del mercato del lavoro svizzero
Inoltre, il telelavoro, ridotto su precisa richiesta dell’Italia (secondo l’accordo solo il 25% del tempo complessivo di lavoro può essere fatto da remoto. In verità l’Italia proprio non ne voleva sapere di telelavoro), penalizza i datori di lavoro svizzeri rendendo peno appetibile un impiego in Ticino, fino ad arrivare alla riforma della fiscalità internazionale che potrebbe mettere in causa lo statuto stesso del frontaliere. Roma vorrebbe infatti assoggettare tutti i lavoratori e le lavoratrici transnazionali al regime tributario italiano per blindare così il mercato del lavoro interno a tutela dell’economia lombarda e piemontese.
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Su quest’onda non propriamente pacifica su cui navigano i rapporti tra Italia e Svizzera, a fine febbraio 2024 il parlamentare federale ticinese del Centro, Giorgio Fonio ha presentato un’interpellanzaCollegamento esterno dal titolo emblematico: “Quali possibilità d’intervento nei confronti di misure unilaterali in materia fiscale da parte dell’Italia?”
Preoccupato il parlamentare Giorgio Fonio, originario del Mendrisiotto, ovvero della regione ticinese direttamente a ridosso del Comasco e del Varesotto, scrive nella sua interpellanza che “negli scorsi mesi in Italia sono state avanzate varie proposte a più livelli istituzionali, volte nelle intenzioni a tutelare il proprio mercato del lavoro nelle zone di confine”. [quelle che abbiamo citato sopra, ndr.]
Tassare da indipendenti i frontalieri soci di un Sagl in Ticino
Nella sua interpellanza Fonio aggiunge che “vi è notizia di attività d’indagine intrapresa dall’Italia nei confronti dei frontalieri che risultano anche titolari di Sagl in Svizzera, specie in Ticino”.
Vediamo di cosa si tratta.
Giorgio Fonio ha portato all’attenzione del Governo federale alcune proposte avanzate a livello istituzionale in Italia che riguardano i frontalieri che risultano anche titolari di Sagl – Società a garanzia limitata – in Svizzera, in particolare in Ticino.
Scopo di questa iniziativa italiana, secondo il deputato, sarebbe quello di imporre in Italia i redditi di questi contribuenti che non dovrebbero quindi più essere considerati frontalieri, e cioè dipendenti, ma indipendenti.
Su questi redditi, questi lavoratori frontalieri hanno comunque già regolarmente pagato l’imposta alla fonte in Ticino. E lo stesso Cantone ha pure versato a Roma i cosiddetti ristorni (ovvero il 40% delle imposte alla fonte pagate in Svizzera dai lavoratori frontalieri).
Giorgio Fonio ricorda poi che i periodi fiscali di riferimento considerati dal Governo italiano sarebbero gli ultimi cinque. Questa operazione, sempre secondo il consigliere nazionale, “comporterebbe la disapplicazione dell’Accordo sulla fiscalità dei frontalieri e il regime impositivo ancora recentemente concordato”.
La risposta del Consiglio federale
Alle perplessità di Fonio, il Consiglio federale ha risposto, mercoledì primo maggio, di conoscere e seguire la tematica “dell’imposizione in Italia dei soci che sono al contempo impiegati della loro Sagl secondo il diritto svizzero”.
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Un tema, aggiunge il Governo federale, affrontata nella riunione tenutasi nel settembre 2023 ad AsconaCollegamento esterno nel quadro dell’incontro annuale previsto dall’Accordo del 1974 tra la Svizzera e l’Italia relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine.
Da un punto di vista meramente tecnico, secondo il Governo, si tratta di un “conflitto di qualificazione” che si verifica abbastanza frequentemente nell’ambito dell’applicazione di convenzioni per evitare le doppie imposizioni.
In questo caso le autorità fiscali italiane “riqualificano” il reddito derivante da un’attività lucrativa dipendente che il contribuente ha conseguito come impiegato della sua Sagl come reddito derivante da un’attività lucrativa indipendente. Così facendo possono tassare il frontaliere in Italia.
Se così dovessero andare le cose, ma la “riqualificazione” può avvenire unicamente nel quadro di un colloquio bilaterale tra Italia e Svizzera, il Governo federale – come auspicato da Giorgio Fonio nella sua interpellanza – chiederà una corrispondente restituzione o compensazione per i ristorni versati per questi contribuenti.
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