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Berna verifica se la tassa sanitaria a carico dei frontalieri sia legale

Un auto al valico doganale di Chiasso.
Sono oltre 93'000 i lavoratori e le lavoratrici italiane che ogni giorno valicano il confine elvetico per lavorare in Svizzera. © Keystone / Gaetan Bally

La Confederazione, su spinta degli industriali ticinesi, vuole verificare se il balzello imposto da Roma ai vecchi frontalieri per finanziare il sistema sanitario nazionale italiano sia legale. 

Il 2024 è un anno nero per i frontalieri e le frontaliere italiane che lavorano in Svizzera. Tra Legge di bilancio e nuovo accordo fiscale, questi lavoratori devono far fronte a nuove imposizioni fiscali. Non da ultimo, devono partecipare al finanziamento del servizio sanitario nazionale. Ora la Confederazione reagisce e verifica se questa imposta sia legale, in ottemperanza agli accordi italo-svizzeri. 

Il Consiglio federale, su pressione degli industriali ticinesi, ha comunicato oggi, mercoledì 31 gennaio, che i Dipartimenti federali delle finanze (DFF) e degli affari esteri (DFAE), “esamineranno in dettaglio” questa tassa sulla salute introdotta dall’Italia all’inizio dell’anno.  

Il Consiglio federale promette infine che, se il testo dovesse essere in contraddizione con gli accordi bilaterali in vigore tra i due Paesi, l’ambasciata svizzera a Roma interverrà presso i ministeri interessati. 

Facciamo un passo indietro. Il Governo Meloni ha deciso che da quest’anno i “vecchi frontalieri”, ovvero quelli che lavoravano in Svizzera già prima del nuovo Accordo entrato in vigore nel luglio del 2023, dovranno partecipare al finanziamento del servizio sanitario nazionale. I nuovi frontalieri già lo devono fare.  

+ Ecco cosa cambia tra vecchi  e nuovi frontalieri 

La Legge di bilancio 2024 ha infatti introdotto un’imposta annuale a carico dei lavoratori e lavoratrici frontaliere che varierà tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo. L’aliquota definitiva verrà decisa dalle singole Regioni: coinvolte soprattutto Lombardia e Piemonte (ma anche, in maniera minore, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano). 

Con questa misura – ne abbiamo parlato già a ottobre – Roma spera di arginare l’esodo della sua forza lavoro: il balzello  ha quale scopo infatti quello di offrire un ” bonus frontiera ” ai professionisti italiani del settore sanitario per limitare il loro l’esodo verso la Svizzera. 

Una tassa ritenuta “illegale” 

L’imposta annuale a sta suscitando indignazione non solo tra i lavoratori e le lavoratrici italiane ma anche in Ticino: i sindacati denunciano una misura “illegale” che introduce un meccanismo di doppia imposizione, espressamente vietato da un accordo firmato tra Svizzera e Italia. 

L’argomento è stato ripreso anche dall’Associazione industrie ticinesi (AitiCollegamento esterno): a suo avviso, si tratta di una nuova tassa che Roma non ha il diritto di applicare, perché il regime fiscale è stato fissato dal nuovo accordo sui frontalieri, entrato in vigore lo scorso luglio. La novità introdotta dal 2024, sempre per Aiti, sarebbe dunque illegale ed è per questo che l’associazione ha chiesto a Berna di fare chiarezza. 

Non c’è solo la Legge di bilancio che prende di mira i frontalieri. Come si legge nell’articolo del collega Leonardo Spagnoli sempre su tvsvizzera.it, tra le pieghe del nuovo accordo italosvizzero, che di per sé non dovrebbe comportare aggravi fiscali per la manodopera italiana alla quale si applica il precedente regime fiscale, si cela infatti un tecnicismo che rischia di far aumentare sensibilmente le imposte alla fonte trattenute dai Cantoni.  

L’intesa appena entrata in vigore ha infatti soppresso un’agevolazione riservata alle e ai pendolari transfrontalieri con coniuge che lavora in Italia. In sostanza questi – diversamente dal passato in cui il salario del marito o della moglie veniva esentato – saranno inseriti nella categoria di contribuenti con doppi redditi, alla quale viene applicata un’aliquota più alta, con conseguente incremento delle imposte alla fonte dovute. 

Secondo l’Ufficio federale di statistica, ogni giorno oltre 93’000 lavoratori italiani varcano il confine, di cui più di 79’000 sono impiegati in Ticino. Il resto si reca nei Grigioni e nel Vallese. 

Il 5 gennaio è stata inoltre lanciata una petizione sulla piattaforma change.orgCollegamento esterno per chiedere alla presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni di abolire la tassa. Mercoledì aveva già raccolto quasi 11’000 firme. 

Chi finanzia la sanità in Italia?

Va però detto che in Italia i costi della sanità vengono finanziati dalle imposte dei cittadini. Nel 2022 la sanità italiana è stata finanziata dal 21% dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) che è un’imposta diretta, personale e progressiva. I ” vecchi ” frontalieri che lavorano in Svizzera e vivono in Italia non pagano l’IRPEF perché tassati dalla Confederazione. Usufruiscono però del servizio sanitario italiano se scelgono di non pagare l’assicurazione sanitaria in Svizzera. Infatti grazie a un accordo specifico tra la Confederazione e i Paesi limitrofi (Austria, Germania, Francia e ItaliaCollegamento esterno) i frontalieri italiani – nel nostro caso – possono esercitare il diritto di opzione per restare assoggettati al Servizio sanitario nazionale italiano. 

Secondo i promotori della petizione su change.org, i frontalieri contribuiscono da sempre alla sanità italiana tramite le trattenute di imposta alla fonte e i relativi ristorni che la Svizzera rende all’Italia. Per questo, scrivono i promotori della petizione, già nel 2016, il Ministero della Salute si era espresso dichiarando che per i frontalieri non è dovuto alcun contributo aggiuntivo per la sanità. 

I “vecchi” lavoratori di frontiera preoccupati 

Le persone interessate dalla nuova tassa sulla salute, come detto, sono i “vecchi” frontalieri, ovvero coloro che hanno iniziato a lavorare in Svizzera prima del 17 luglio 2023. I nuovi frontalieri partecipano già al finanziamento del sistema sanitario. Infatti, in base al nuovo accordo, la Svizzera tratterrà l’80% dell’imposta alla fonte dedotta dal reddito dei frontalieri italiani. Questa categoria è dunque tassata in modo ordinario nel suo  Paese di residenza, che deve eliminare la doppia imposizione.  

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