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Berna chiamata in causa per la tassa sulla salute applicata ai frontalieri

infermiere
Il balzello introdotto da Roma è voluto per cercare di arrestare il fenomeno della fuga di personale sanitario dalle regioni di confine verso la Svizzera. Keystone / Alessandro Crinari

L'Associazione delle industrie ticinesi (AITI) ha scritto al Governo svizzero chiedendogli di valutare se la norma introdotta da Roma non sia contraria al nuovo accordo sulla fiscalità dei lavoratori e delle lavoratrici frontaliere.

La notizia è stata confermata martedì al Corriere del TicinoCollegamento esterno dal direttore dell’AITI Stefano Modenini. Secondo l’organizzazione che rappresenta gli interessi dell’industria nel Cantone a sud delle Alpi, il balzello previsto dalla Legge di Bilancio italiana, prelevato sul salario dei cosiddetti “vecchi frontalieri” per sostenere il settore della sanità nelle regioni di frontiera, rappresenta “una vera e propria imposta”, che non può essere introdotta in Italia, visto che il regime fiscale è definito nel nuovo accordo italo-svizzero.

L’AITI ha quindi chiesto al Consiglio federale di appurare se quanto deciso da Roma non rappresenti una violazione dell’intesa in vigore dall’inizio dell’anno.

Sempre al Corriere del Ticino, Stefano Modenini esprime anche preoccupazione per le “conseguenze negative” che questa imposta “potrebbe generare dal punto di vista della competitività delle aziende [ticinesi, ndr], tenuto conto che quest’ultime faticano sempre più a trovare manodopera qualificata, complice anche l’evoluzione demografica negativa”.

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In Italia intervengono i sindacati

Una settimana fa, anche le sezioni lombarde dei sindacati CGIL, CISL e UIL – appoggiate dai sindacati svizzeri UNIA e OCST – avevano espresso le loro critiche alla manovra del Governo Meloni.

In un comunicato avevano parlato di un provvedimento “iniquo, ingiustificato, intempestivo e, verosimilmente, illegittimo”.

Verosimilmente illegittimo “perché si porrebbe in contrasto con il principio di universalità del sistema sanitario nazionale garantito a tutti i cittadini italiani indipendentemente dalla propria condizione”.

A detta dei sindacati, inoltre, la misura introduce un “meccanismo di doppia imposizione, proprio a valle di un trattato internazionale contro le doppie imposizioni sul modello adottato dai paesi dell’OCSE”.

Le organizzazioni dei lavoratori e delle lavoratrici avevano quindi chiesto la “convocazione immediata del tavolo interministeriale costituito ed introdotto dalla legge numero 83 del 2023”. In attesa di essere convocate le organizzazioni sindacali avevano annunciato l’avvio di una “verifica di legittimità della norma introdotta dalla legge di bilancio del 2024” e la convocazione di “assemblee dei lavoratori frontalieri nelle aeree di confine”.

La tassa sulla sanità

La manovra finanziaria varata a fine dicembre introduce un nuovo tributo a carico dei “vecchi” frontalieri e frontaliere, vale a dire quelli assunti in Svizzera prima del 17 luglio, data discriminante per l’applicabilità del nuovo accordo fiscale italosvizzero.

Costoro continuano ad essere assoggettati al vecchio regime e ad essere tassati, quindi, unicamente dal fisco elvetico, attraverso un’imposizione alla fonte, in base al precedente accordo del 1974. Il 31,2% degli importi prelevati vengono poi riversati dai cantoni interessati – Ticino, Grigioni e Vallese – ai comuni italiani di frontiera, via Roma.

La quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale (SSN) che da febbraio dovranno versare, viene stabilita dalle Regioni di residenza, con un’aliquota oscillante tra il 3% e il 6% (per una cifra minima di 30 e una massima di 200 euro al mese, che copre anche i familiari) sul reddito netto della e del contribuente. Risorse che per espressa volontà del legislatore devono essere destinate al personale medico e infermieristico per arrestare, attraverso incentivi di ordine finanziario, il fenomeno della fuga dagli ospedali delle regioni di confine verso la Svizzera.


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