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La sanità italiana chiama alla cassa i frontalieri

Due corsie alla dogana di Ponte Chiasso, una per i frontalieri e l altra per tutti gli altri utenti.
Oggi i vecchi frontalieri lavorano in Svizzera, vivono in Italia e non pagano l’IRPEF perché tassati dalla Confederazione ma usufruiscono del servizio sanitario italiano. Keystone / Karl Mathis

Tassare i lavoratori frontalieri per ottenere i fondi da destinare al personale sanitario italiano così da evitare la loro fuga verso il Ticino, o più in generale verso la Svizzera. È l’idea del Governo Meloni che ha inserito un articolo in tal senso nella bozza della Legge di bilancio 2024.

Il Governo Meloni introduce una novità amara per i lavoratori frontalieri: nel 2024 i “vecchi frontalieri”, ovvero quelli che lavoravano in Svizzera già prima del nuovo Accordo entrato in vigore nel luglio del 2023, dovranno partecipare al finanziamento del servizio sanitario nazionale. Si tratta per ora solo di una proposta. I nuovi frontalieri già lo fanno.

Nella prima bozzaCollegamento esterno della Legge di bilancio 2024 in circolazione (del 24 ottobre e approvata dal Consiglio dei ministri il 16 ottobre) si parla infatti di un’imposta annuale a carico dei frontalieri che varierà tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo. L’aliquota definitiva verrà decisa dalle singole Regioni: coinvolte soprattutto Lombardia e Piemonte (ma anche, in maniera minore, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano).

Le entrate potrebbe toccare i 110 milioni di euro: in busta paga medici e infermieri potrebbe avere un “premio” mensile fino a 750 euro.

Come cita l’articolo 49, “il ricavato complessivo è destinato al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine e prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico, quale trattamento accessorio, in misura non superiore al 20 per cento dello stipendio tabellare lordo”.

In breve, il balzello a carico dei frontalieri ha quale scopo quello di offrire un “bonus frontiera” ai professionisti italiani del settore sanitario per limitare il loro l’esodo verso la Svizzera.

Art. 49 Contributo al servizio sanitario nazionale

1. Sono tenuti a versare alla Regione di residenza una quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale: a) i residenti che lavorano e soggiornano in Svizzera che utilizzano il Servizio sanitario nazionale; b) i frontalieri di cui all’articolo 9, comma 1, dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione Svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di lettere, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 13 giugno 2023, n. 83, nei casi in cui è stato esercitato il diritto di opzione per l’assicurazione malattie come previsto al paragrafo 3, lettera b), dell’allegato XI del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza europeo, aggiunto conformemente paragrafo 1, lettera i), della sezione A dell’allegato II all’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, con allegati, atto finale e dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 21 giugno 1999, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 15 novembre 2000, n. 364, e successive modificazioni; c) i familiari a carico dei soggetti di cui alle lettere a) e b);

2. La Regione di residenza definisce la quota di compartecipazione familiare, compresa fra un valore minimo del 3 per cento e un valore massimo del 6 per cento, da applicare, a decorrere dal 2024 al salario netto percepito in Svizzera. Il ricavato complessivo è destinato al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine e prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico, quale trattamento accessorio, in misura non superiore al 15 20 per cento dello stipendio tabellare lordo, i cui criteri di attribuzione sono definiti nell’ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti delle risorse che si rendono disponibili annualmente a partire dal 2024 per tale finalità ai sensi del comma 3.

3. Con decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle regioni confinanti con la Svizzera, sono individuate le modalità di assegnazione delle somme, di versamento del contributo e la quota da destinare, da parte di ciascuna delle predette regioni, al personale di cui al comma 2.

Secondo le prime stime, molto parziali, indicano un contributo totale che potrebbe toccare i 110 milioni di euro (i frontalieri italiani che lavorano in Svizzera sono oltre 91’000). Questo significherebbe che in busta paga medici e infermieri potrebbe avere un “premio” mensile fino a 750 euro. Il provvedimento è stato presentato dal ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, varesino che conosce bene le dinamiche del mondo del lavoro frontaliero.

Frontalieri e sanità: due problemi, una soluzione

In Svizzera l’assicurazione sanitaria, obbligatoria, è privata e ogni residente nella Confederazione deve pagare un premio annuale per accedere alle cure. Il premio è individuale, non è progressivo e non dipende dal reddito.

In Italia i costi della sanità vengono finanziati dalle imposte dei cittadini. Lo scorso anno la sanità è stata finanziata dal 21% dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) che è un’imposta diretta, personale e progressiva. Questo significa che chi guadagna di più paga di più.

I frontalieri lavorano in Svizzera, vivono in Italia e non pagano l’IRPEF perché tassati dalla Confederazione ma usufruiscono del servizio sanitario italiano.

Va aggiunto che secondo il diritto europeo, i frontalieri dovrebbero essere assoggettati al servizio sanitario dello Stato in cui lavorano: dunque i frontalieri italiani che lavorano in Svizzera per principio dovrebbero stipulare un’assicurazione malattie in Svizzera. Grazie però a un accordo specifico tra la Confederazione e i Paesi limitrofi (Austria, Germania, Francia e ItaliaCollegamento esterno) i frontalieri italiani – nel nostro caso – possono esercitare il diritto di opzione per restare assoggettati al Servizio sanitario nazionale italiano.

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In breve, i frontalieri che scelgono di non pagare l’assicurazione sanitaria in Svizzera restano assoggettati al servizio sanitario nazionale italiano che però non contribuiscono a finanziarlo. Ora, con la proposta del Governo, dovrebbero farlo come già fanno i nuovi frontalieri, quelli cioè che hanno ottenuto un contratto di lavoro dopo luglio 2023: questi lavoratori sono tassati in Italia secondo il nuovo accordo fiscale.

L’altro problema è la fuga di medici e infermieri italiani in Svizzera che rappresenta una vera emergenza per il sistema sanitario italiano. Tanto che da anni, a partire dalla Lombardia, si sono cercate soluzioni per arginare l’esodo. Secondo le cifre riportate dai vari medi in questi mesi, sarebbero 6’000 gli infermieri italiani che lavorano all’estero, di cui un po’ più di 4’000 frontalieri. Un esodo la cui conseguenza è un buco di circa 400-500 fra medici e infermieri mancanti nelle province di Como e Varese.

Uno dei motivi che spinge il personale sanitario italiano a lavorare in Svizzera è di natura economica. Con l’incentivo finanziario previsto dalla Legge di bilancio 2024 non si pensa di risolvere il problema ma quantomeno si vuole arginare la fuga del personale sanitario qualificato dall’Italia.

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Reazioni

Per il sindacato OCST il principio di fondo è condivisibile. Il servizio sanitario nazionale è pubblico e viene alimentato dalle tasse pagate da tutti coloro che hanno un reddito e dunque anche dai frontalieri. “Ciò che non condividiamo – scrive il sindacato in una comunicatoCollegamento esterno – sono le cifre che sono a nostro avviso eccessive, anche perché introdotte tutte ad un tratto, senza alcuna gradualità”. Da sindacato l’OCST aggiunge: “troviamo criticabile il metodo avuto dal Governo per l’introduzione di questa norma che non ha voluto discutere con alcun rappresentante dei lavoratori”.

A fare il contropelo alla proposta del Consiglio dei ministri ci pensa il senatore varesino del Partito democratico (Pd) Alessandro Alfieri. Sul quotidiano ticinese La RegioneCollegamento esterno il senatore ritiene che quello del Governo Meloni sia “un provvedimento rozzo, pasticciato, poco chiaro, peraltro non ancora definitivo. Sono in attesa di vedere come sarà nella versione definitiva, anche perché, ora come ora, presenta rilievi anticostituzionali”.

Alfieri, che promette battaglia in aula, sostiene “che le previsioni di un gettito annuale di 110 milioni di euro, che consentirebbe di versare 750 euro al mese a medici e infermieri impegnati in strutture sanitarie della fascia di confine non sono attendibili”.

Diretta anche la posizione del deputato “elvetico” del Pd Toni Ricciardi, vicepresidente del gruppo Pd della Camera, eletto in Europa. Sul portale tio.chCollegamento esterno Ricciardi prende atto che “la Lega vuole fare cassa sui frontalieri per coprire i fallimenti della sanità lombarda”. Fatti due calcoli, questa misura prevista dalla bozza di legge di bilancio “graverà sui frontalieri per una cifra media a testa tra i 3’000 e i 4’000 euro l’anno. Lo chiamano contributo al servizio sanitario nazionale ma è uno scippo”.


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