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La lenta agonia di Credit Suisse

Una filiale di Credit Suisse fotografata di notte
Sta scendendo la notte su Credit Suisse. Mai nella storia il valore di una sua azione è sceso così in basso. © Keystone / Ennio Leanza

Per la prima volta nella storia il valore di un'azione di Credit Suisse è sceso sotto i due franchi. Le difficoltà del titolo sono legate alle indicazioni espresse mercoledì dal suo principale azionista, la Saudi National Bank (SNB): il presidente dell'istituto saudita Ammar Al Khudairy ha escluso ulteriori aiuti finanziari alla banca elvetica. 

Il rapporto annuale 2022, pubblicato con ritardo martedì, ha confermato quello che già si prevedeva nei primi mesi dell’anno: i conti si sono chiusi con una maxi-perdita di 7,29 miliardi di franchi, la più consistente dal 2008. La banca elvetica ha inoltre registrato la partenza netta di 123 miliardi di franchi di fondi in gestione. Un’emorragia non ancora completamente tamponata. 

Intanto nel pomeriggio di oggi, mercoledì, il valore delle azioni è arrivato a perdere oltre il 29% rispetto alla chiusura del giorno prima, segnando un minimo storico di 1,57 franchi. Con la valutazione attuale in borsa, la capitalizzazione di Credit Suisse è ormai ridotta a 8 miliardi di franchi, a fronte – a titolo di paragone – dei quasi 55 miliardi dell’altra grande banca elvetica, l’UBS. 

Come si è arrivato a questo? 

Le molte analisi che cercano di spiegare perché le cose sono cominciate ad andare male per Credit Suisse – spiega Matthew Allen su swissinfo.ch – hanno un punto in comune: ritraggono una banca internazionale che ha perso di vista le sue radici svizzere, guidata da persone che hanno dato la precedenza al profitto a discapito della prudenza.  

Di fatto, dopo gli anni difficili dovuti alla crisi finanziaria innescata dai cosiddetti “subprime”, Credit Suisse è passato da uno scandalo all’altro. 

Febbraio 2020: Il CEO Tidjane Thiam è obbligato a dimettersi sull’onda dello scandalo riguardante l’assunzione da parte della banca di detective privati per spiare un ex dirigente.

Marzo 2021: il crollo di Greensill Capital e Archegos Capital Management espone la banca a perdite miliardarie.

Aprile 2021: Il presidente del Consiglio di amministrazione Urs Rohner (in carica dal 2011) presenta le dimissioni. Aveva annunciato la sua intenzione di partire l’anno precedente.

Ottobre 2021: La banca è multata per 475 milioni di dollari per il suo ruolo nello scandalo di corruzione in Mozambico conosciuto come la truffa dei “Tuna bond”.

Gennaio 2022: Il presidente del gruppo, Antonio Horta-Osorio, è obbligato a dimettersi dopo aver violato le regole del confinamento legate al Covid-19 per assistere al torneo tennistico di Wimbledon.

Febbraio 2022: Un informatore consegna ai media i dati di 18’000 clienti. Questa fuga di informazioni è nota come “Suisse secrets”.

Giugno 2022: Credit Suisse è la prima banca nazionale a essere condannata penalmente per riciclaggio di denaro in Svizzera, in relazione a un’organizzazione bulgara di traffico di droga.  

Luglio 2022: Il CEO Thomas Gottstein è allontanato e sostituito da Ulrich Körner.

Ottobre 2022: Körner e il presidente Axel Lehmann annunciano il taglio di 9’000 posti di lavoro e un aumento di capitale di 4 miliardi di franchi. 

Ottrobre 2022: Entra come azionista di riferimento la Saudi National Bank (SNB)

Ottobre 2022: Entra come azionista di riferimento la Saudi National Bank (SNB) 

Marzo 2023: La società di investimento americana Harris Associates, storica azionista della banca, vende tutte le sue partecipazioni (10%). 

Marzo 2023: Il titolo di Credit Suisse crolla sotto i due franchi. 

Come banca ha poi perso gran parte della sua credibilità rimanendo coinvolta in investimenti fallimentari come quelli nella società finanziaria britannica Greensill Capital e nella statunitense Archegos Capital Management, entrambe fallite nel 2021. 

Dalla gestione dei patrimoni (private banking), la vera specialità degli istituti elvetici, Credit Suisse si è avventurata, forse troppo, nell’investment banking. Infatti l’ex CEO Oswald Grübel punta il dito proprio contro Brady Dougan, responsabile delle attività bancarie di investimento della banca che lo ha rimpiazzato nel 2007. Da allora, Credit Suisse ha iniziato lentamente a crollare. Come racconta Grübel, allo statunitense Brad Dougan interessava unicamente l’investment banking, settore che Dougan ha decisamente potenziato. Il private banking e il business incentrato sulla Svizzera sono così usciti dalle sue priorità.  

Il risultato finale si traduce in crescenti perdete finanziarie, il crollo del prezzo delle azioni (84 franchi nel 2007, circa 2 oggi), un esodo di clientela ricca (fuggiti dai forzieri della banca ben 123 miliardi nel 2022 di cui 110 miliardi solo nell’ultimo trimestre dell’anno) e la rapida erosione della credibilità. 

Verso il fallimento? 

L’investitore che aveva previsto il tracollo di Lehman Brothers identifica in Credit Suisse la prossima banca a cadere. In un’intervista a Fox, Robert Kiyosaki, il co-fondatore di Rich Dad Company, afferma infatti che: “Il problema è il mercato delle obbligazioni e la mia previsione è che la prossima banca ad andare sarà Credit Suisse”.  


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