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Da dove arriva la ricchezza svizzera?

Un orologio gigante e il logo di Credit Suisse.
Non sono né le banche né l'industria orologiera a rendere ricca la Svizzera. © Keystone / Michael Buholzer

Banche, orologi, cioccolato sono i tre luoghi comuni strettamente legati alla Svizzera. E all’estero si è spesso convinti che la finanza sia il settore trainante dell’economia della Confederazione. Niente di più falso. Insieme i tre stereotipi non costituiscono neppure il 10% del PIL della Svizzera. Cosa rende ricco questo Paese?

I servizi finanziari, che comprendono le banche e le assicurazioni, sono un settore ancora molto importante per l’economia elvetica. Nessuno lo nega. “Siamo famosi per le banche in tutto il mondo – ricorda Mario Jametti, professore di economia all’Università della Svizzera italiana – ma il loro peso specifico per l’economia svizzera si è decisamente ridotto negli ultimi anni. Ed è in continuo calo. Vedremo presto le conseguenze dell’acquisizione da parte di UBS di Credit Suisse. In particolare, cosa significherà per l’economia interna elvetica”.

Se le banche, che iconicamente simboleggiano una certa visione della ricchezza, non misurano il benessere di un Paese, cosa ci permette di capire se un Paese sia più o meno ricco?

“Un metodo riconosciuto un po’ ovunque dagli economisti per misurare la salute di un’economia e la ricchezza di un Paese – spiega il professor Mario Jametti – è considerare il suo prodotto interno lordo (PIL). Il PIL è il principale indicatore di salute di un sistema economico, dato che rappresenta la capacità del sistema stesso di produrre e vendere beni in un determinato tempo, normalmente un anno”.

Per calcolare il PIL ci sono diversi metodi. Ognuno dovrebbe teoricamente portare allo stesso risultato. Spesso non coincidono a causa delle approssimazioni fatte durante i vari calcoli.

Il primo è il metodo della spesa che esamina il PIL dal lato della domanda, ovvero dal punto di vista di chi acquista e paga un prezzo per il prodotto o un servizio. Il calcolo ha come oggetto i consumi, gli investimenti, la spesa pubblica e il saldo commerciale di un Paese.

Se invece si esamina il PIL dal lato di chi vende il prodotto o servizio (ovvero dell’offerta), ci rendiamo conto che per arrivare al punto conclusivo del processo produttivo (la vendita) sono state realizzate una serie di operazioni come l’acquisto di beni intermedi (materie prime, semilavorati) e fattori produttivi (lavoro e beni strumentali) che permettono a ogni passaggio di aggiungere valore: sommando tutti i valori aggiunti del passaggio produttivo si arriva allo stesso valore del PIL ottenuto con il metodo precedente. Per ogni impresa si calcola quindi la differenza tra il valore della merce prodotta e le spese sostenute per l’acquisto dei beni intermedi. Questo metodo si chiama metodo del valore aggiunto o della produzione.

Vi è poi infine il metodo dei redditi che esamina il problema da un altro punto di vista, ovvero quello dei fattori di produzione impiegati per arrivare al bene finale. I fattori di produzione sono essenzialmente il lavoro e il capitale finanziario impiegato: questi fattori vanno remunerati con stipendi e profitti.

La Confederazione, considerato unanimemente un Paese ricco, figura al 20esimo posto nella classifica stilata secondo la grandezza del PIL. L’Italia ‘bisticcia’ ogni anno con il Canada per occupare l’ottavo rango. Dominano ancora gli Stati Uniti davanti alla Cina.

Se il valore totale del PIL è in grado di misurare la ‘grandezza’ di un’economia, è con il PIL pro capite che possiamo misurare la vera ricchezza di un Paese. “È vero – chiarisce ancora Mario Jametti – i Paesi hanno dimensioni diverse per cui, generalmente, più il Paese è grande e più il suo PIL è alto. Il PIL pro capite, invece ci permette di fare un vero paragone tra i vari Paesi”.

La Svizzera, secondo i dati del Fondo monetario internazionale, figura sempre ai primissimi posti per PIL pro capite. L’Italia si barcamena tra il 25esimo e il 30esimo rango.

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Quali sono i settori economici che contribuiscono maggiormente al PIL elvetico? Chi, detto in parole povere, fa ricca la Svizzera?

“Se consideriamo i settori di produzione – chiude Mario Jametti – a far ricca la Svizzera abbiamo ad esempio il trading di materie prime che contribuisce molto sul valore aggiunto, l’amministrazione pubblica, i servizi immobiliari, la farmaceutica e l’industria meccanica”.

Vediamo allora insieme quali settori trainano l’economia elvetica e come partecipano al PIL nazionale:

Industria chimico-farmaceutica

L’industria chimico-farmaceutica è uno dei motori trainanti dell’economia elvetica. Tutti conoscono Novartis, Hoffmann-La Roche, Sandoz. O ancora Syngenta, Givaudan e Estée Lauder. Queste sono solo alcune delle circa 1’000 aziende che conta il settore. La maggior parte di esse sono concentrate nell’area di Basilea, Zurigo, Zugo e nell’Arco lemanico.

La farmaceutica, con la chimica, contribuisce al PIL elvetico per il 6,9% e rappresenta il 48,5% delle esportazioni totali nel mondo: nel 2022 ha venduto all’estero prodotti svizzeri per un valore di circa 134 miliardi di franchi. Nel settore oggi lavorano quasi 80’000 persone in Svizzera e altre 350’000 persone lavorano all’estero per un’azienda svizzera. 

Le società Hoffmann-La Roche (fatturato 2022: 66 miliardi di franchi) e Novartis (48 miliardi di franchi) sono annoverati tra i più grandi gruppi farmaceutici del mondo in termini di fatturato.

Anche in Italia il settore chimico farmaceutico ha la sua importanza che è cresciuta soprattutto grazie ai medicinali e vaccini contro il Covid-19. Oggi il settore vale poco meno del 2% del PIL nazionale. Negli ultimi 5 anni, il numero dei dipendenti è cresciuto del 12%, con 68’600 dipendenti. Secondo gli esperti questo comparto ha grandi margini di miglioramento.

L’industria metalmeccanica

L’altro grande motore dell’economia elvetica è l’industria metalmeccanica ed elettronica. In questo settore operano oltre 2’500 aziende. I nomi più importanti sono ABB, Liebherr, Georg Fischer, Sulzer, Bucher Industries, Bühler Holding e Schindler. Un settore che oggi vale circa il 6,7% del PIL nazionale.

L’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica, anche detta “industria MEM” occupa 320’000 persone. L’80% dei prodotti elvetici viene esportato, di cui il 55% nei Paesi dell’Ue. Solo nel 2022 ha esportato beni per 67 miliardi di franchi, pari circa al 25% del totale delle esportazioni svizzere.

Queste aziende sono tra le più competitive al mondo, in particolare nel campo delle macchine utensili, tessili e da stampa. Ma anche macchine di precisione, soprattutto strumenti e apparecchi medici, strumenti ottici e di misurazione. In cifre assolute la Svizzera figura tra i dieci maggiori esportatori di macchinari a livello mondiale. 

In Italia questo settore economico è molto importante. Vi lavorano quasi 1,6 milioni di persone. . Le esportazioni superano ormai ampiamente i 225 miliardi di euro, il saldo commerciale pari a 51 miliardi. Il valore aggiunto ha superato i 125 miliardi di euro dando un contributo al PIL pari al 7,1%.

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Banche e assicurazioni

Nonostante le vicissitudini degli ultimi anni che hanno coinvolto le banche svizzere, non da ultimo la scomparsa di Credit Suisse acquistata da UBS nel 2023, il settore finanziario elvetico è ancora in buona salute. Insieme alle compagnie di assicurazione, le banche sono tuttora una delle colonne portanti dell’economia svizzera. Il settore bancario contribuisce con il 5,5% del PIL, quello assicurativo con il 3,5%.

Nel 2022 il valore aggiunto del settore finanziario ammontava a circa 67 miliardi di franchi e i posti di lavoro (in equivalenti a tempo pieno) erano circa 218’000, ossia il 5,2 percento di tutti i posti di lavoro in Svizzera. A fine 2022 gli istituti finanziari erano 235.

La Svizzera resta una delle piazze finanziarie più importanti a livello mondiale. A fine 2022 il settore bancario elvetico era, con una quota di mercato del 25%, al primo posto per quanto riguarda la gestione patrimoniale transfrontaliera. Sempre nel 2022, inoltre, gli attivi gestiti dalle banche svizzere ammontavano a 7’847 miliardi di franchi.

Nel 2021 le assicurazioni hanno generatoCollegamento esterno un volume di premi di oltre 226,5 miliardi di franchi, di cui circa il 78% proveniente dall’estero. Il settore dà un importante apporto al ciclo economico sia come contribuente sia come investitore: nel 2021 il volume di investimenti in Svizzera ammontava a quasi 574,2 miliardi di franchi.

Delle circa 200 compagnie presenti in Svizzera, 6 sono grandi gruppi assicurativi. Il più grande assicuratore privato in Svizzera è, con un notevole distacco sugli altri, il Zürich Insurance Group, seguito da Chubb, SwissRe e Swiss Life.

In Italia il settore finanziario contribuisce per il 3,4% del PIL nazionale. L’Italia ha tre istituti che la La Banca d’Italia ha identificato come istituzioni a rilevanza sistemica nazionale: i gruppi bancari UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banco BPM.

Industria orologiera

Ed eccoci a uno dei vanti del Swiss Made, gli orologi da polso famosi in tutto il mondo. Dire Rolex, Omega, IWC o Patek Philip (o tanti marchi ancora: la lista è parecchio lunga) è come dire il meglio della creazione elvetica.

La Svizzera produce poco più di 20 milioni di orologi all’anno, ovvero circa il 2% del totale fabbricato in tutto il mondo. Detiene però oltre il 50% del mercato mondiale degli orologi in termini di valore, con un fatturato per tutti i marchi stimato a più di 50 miliardi di franchi (valore delle vendite al dettaglio).

L’industria orologiera occupa il terzo posto nella statistica delle esportazioni svizzere, dietro l’industria metalmeccanica e quella chimico-farmaceutica. Il valore dell’export è cresciuto, passando dai 4,3 miliardi di franchi del 1986 (alla fine della grande crisi del settore) ai 24,8 miliardi del 2022. L’industria orologiera rappresenta oggi il 9% delle esportazioni totali.

Nel 2022 le circa 700 industrie orologiere – la maggior parte delle quali ha sede a Ginevra o nell’Arco giurassiano – davano lavoro a circa 60’800 persone in Svizzera e rappresentavano l’1,5% del PIL.

Un aneddoto: l’industria orologiera ha avuto origine verso la metà del XVI secolo a Ginevra, quando il riformatore Calvino vietò di indossare gioielli. Da quel momento gli orafi e i gioiellieri della regione iniziarono a dedicarsi alla fabbricazione di orologi. 

Commercio di materie prime

Forse all’estero non tutti ne sono a conoscenza, ma la Svizzera è una delle piazze commerciali più grandi e importanti del mondo per lo scambio di materie primeCollegamento esterno come petrolio, metalli, minerali e prodotti agricoli. È leader mondiale nel commercio di zucchero, cotone, semi oleosi e cereali. La tradizione elvetica del commercio di materie prime risale alla metà del XIX secolo. La presenza di manodopera qualificata, la qualità di vita elevata, il sistema finanziario sviluppato e una fiscalità vantaggiosa per il settore hanno permesso alla Svizzera di imporsi come piazza mondiale per il commercio di materie prime. 

In Svizzera oggi hanno sede complessivamente 520 ditte che operano nel settore delle materie prime. Vi lavorano 35’000 persone, il volume d’affari netto ormai supera il 25 miliardi di franchi e il settore genera il 3,8% del PIL nazionale. La maggior parte di queste aziende è situata nelle regioni di Ginevra, Lugano e Zugo. Non per nulla esse pagano il 22% delle imposte totali di Ginevra, il 19% di Lugano e il 10% di Zugo.

C’è un neo però. Il settore viene talvolta criticato su aspetti quali la trasparenza, il riciclaggio di denaro e i diritti umani, soprattutto a causa del fatto che alcune delle materie prime commercializzate provengono da Paesi politicamente instabili.

Turismo

Nonostante la Svizzera non sia a livello dei suoi illustri vicini, il Paese grazie alle sue bellezze naturali è in grado di attirare visitatori dall’estero. Non a caso il turismo è oggi tra i settori più importanti dell’economia svizzera.

Con 55,6 milioni di pernottamenti, nel 2022 l’industria del turismo ha contribuito al PIL con una quota di circa il 2,8%, corrispondente a un valore aggiunto di 16,8 miliardi di franchi. Il settore del turismo dà lavoro a oltre 170’000 persone (in equivalenti a tempo pieno).

La domanda nel settore del turismo in Svizzera è fortemente influenzata dall’andamento del franco e dalla situazione dell’economia mondiale. Un franco forte rende la Svizzera una destinazione ancora più cara di quanto già lo sia. Per questo motivo nel 2022 la popolazione residente in Svizzera rappresentava quasi il 60% dei pernottamenti,

Il turismo naturalmente in Italia ha ben altro peso. Secondo le ultime stime l’impatto complessivo del turismo sul PIL per l’Italia è pari al 9,4%, ovvero circa 190 miliardi di euro, un valore superiore alla media dei paesi UE e dell’economia mondiale nel suo complesso. Sul fronte dell’occupazione, impiega 2,9 milioni di addetti, pari al 12,5% del totale nazionale.

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