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Extraprofitti bancari, la tassa divide anche la Svizzera

Un balzello su cui non tutti concordano, anche a nord.
Un balzello su cui non tutti concordano, anche a nord. © Keystone / Ti-press / Gabriele Putzu

Gli extraprofitti delle banche, su cui il Governo italiano vuole applicare una tassa temporanea, agitano il dibattito anche nella Confederazione.

La formulazione esatta della proposta annunciata lunedì scorso dalla premier Giorgia Meloni, che tra i vari provvedimenti progettati in vista dell’imminente manovra di bilancio, ha espresso l’intenzione di chiamare alla cassa il settore bancario che con la spirale rialzista dei tassi di interesse ha accumulato profitti consistenti.

Uno studio del gruppo Intesa San Paolo stima in 13,5 miliardi di euro i profitti ottenuti dalle banche da operazioni sui differenziali tra i tassi di interesse per l’anno in corso. Guadagni ingenti, mentre i redditi della popolazione vengono erosi in misura rilevante dall’impennata inflazionistica, che si è vista soprattutto nel comparto energetico e nella grande distribuzione.

Il progetto consiste nel tassare del 40% i profitti netti derivanti dalle operazioni sugli interessi per gli anni 2022 e il 2023.

Nel dettaglio il Governo intende agire sull’aumento del margine di interesse, vale a dire la differenza tra tassi sui prestiti e sui depositi. L’aliquota del 40% si applica nel 2023 alla parte eccedente il 10% dell’incremento di valore rispetto all’anno precedente e oltre il 5% dei margini netti conseguiti nel 2022 rispetto all’anno prima. La prima bozza prevedeva importi superiori della tassa con barriere di esenzione più basse (rispettivamente 6% e 3%).

Da questo intervento l’Esecutivo spera di ricavare tra i 2 e i 3 miliardi di euro, che sono comunque la metà di quanto delineato dalla prima proposta, che è stata corretta in seguito alla risposta negativa dei mercati finanziari su listini dei bancari e alle critiche piovute dalle associazioni di categoria. 

Non si tratta comunque di una prima assoluta, spiega Francesca Amaddeo (Centro competenze tributarie della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana). “La stessa Unione europea è già ricorsa a un simile prelievo, lo scorso anno, sugli extraprofitti delle società operanti nei settori del gas e petrolifero”. Di recente, inoltre, “diversi Paesi europei (tra cui Spagna e Repubblica Ceca) si sono esposti annunciando la futura introduzione di windfall taxes anche sulle banche”.

Dibattito in Svizzera

+ Tassare gli extraprofitti, rilanciato il dibattito in Svizzera

Anche in Svizzera l’idea sta facendo proseliti, soprattutto dopo che il sito di informazioni economiche finews.chCollegamento esterno ha rivelato che nella prima parte dell’anno i ricavi da operazioni su interesse realizzati dalle società sono addirittura quadruplicati rispetto allo stesso periodo del 2022. Inoltre la Banca nazionale (BNS) ha versato 2,3 miliardi di interessi agli istituti di credito sui loro conti giro tra gennaio e giugno.

“Mi sorprende in positivo che un Governo di destra abbia fatto questo in Italia”

Fabrizio Sirica, Partito socialista (PS)

“Il Partito socialista svizzero, in particolare il suo vicepresidente Cédric Wermuth, da anni insiste – ci dice Fabrizio Sirica, copresidente della sezione ticinese della formazione di sinistra – sulla necessità di tassare ulteriormente quei settori che hanno beneficiato della crisi e tra questi ci sono sicuramente le banche che stanno registrando utili molto importanti”.

“Mi sorprende in positivo – aggiunge – che un Governo di destra abbia fatto questo in Italia”. Un intervento del genere, dice Sirica, è comunque già stato fatto all’epoca del Covid. Durante la pandemia “interi settori hanno conseguito utili record mentre lo Stato si è trovato a dover sostenere l’intera economia”, dalle numerose imprese costrette a ridurre o sospendere l’attività ai lavoratori e alle lavoratrici lasciati temporaneamente a casa.

Difficoltà di applicazione nella Confederazione

Un orientamento che non è condiviso a destra da Piero Marchesi, presidente ticinese dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), secondo il quale si tratta di “una proposta poco sostenibile” sotto diversi aspetti. “Primo perché si crea instabilità nei mercati finanziari”, come ha dimostrato l’andamento dei listini bancari dopo l’annuncio del Governo, e poi perché gli extraprofitti sono comunque già tassati.

Inoltre, continua il parlamentare dell’UDC, dal profilo concettuale e giuridico, “è difficile definire l’extraprofitto e la soglia a partire dalla quale si concretizza”. Un’ulteriore questione che rende difficilmente “esportabile” nella Confederazione un provvedimento fiscale di questo tipo è data da suo assetto istituzionale.

A livello svizzero, precisa Marchesi, la fiscalità è suddivisa su più livelli – federale, cantonale, e comunale – e quindi “la decisione di tassare gli utili in eccesso potrebbe essere presa dalla Confederazione, dove è in corso un dibattito, ma poi i Cantoni sarebbero comunque liberi di non applicarla”.

“È una tassa che, oltre a essere sbagliata e ingiusta, è inopportuna poiché parecchie aziende saranno incentivate a spostare la loro attività in altri Paesi”

Piero Marchesi, Unione democratica di centro

La questione della parità di trattamento

Del resto, che vi siano alcune problematiche insite nell’adozione di questo tipo di imposta lo evidenzia anche l’esperta di fisco Francesca Amaddeo. “L’introduzione di simili misure, volte a prelevare tributi limitatamente ad extraprofitti di un unico settore, quale quello bancario, può porre ostacoli in termini di rispetto di principi di parità di trattamento e capacità contributiva”, rileva la ricercatrice secondo cui il nuovo tributo contenuto nel decreto legge (D.L. 104 del 10.08.2023) “penalizza un solo settore, ignorando altre tipologie di attività che generano extraprofitti”.

Nessun prelievo specifico, osserva l’accademica, è stato ad esempio applicato agli extraprofitti realizzati dalle imprese attive nel settore farmaceutico negli scorsi anni.

Se si decide di intervenire per perseguire obiettivi di politica sociale, agendo nel rispetto dei principi dell’ordinamento tributario, precisa Amaddeo, occorre estendere l’idea di un’imposizione dei profitti in eccesso a tutti i settori che mostrano un guadagno straordinario, comportando importanti svantaggi per i contribuenti.

Qualora, invece, si mantenesse l’idea di focalizzarsi su un solo settore, “ecco che allora occorre una forte e valida motivazione, quale, per esempio, è stata quella del conflitto militare ucraino, tale da giustificare questa decisione”. 

Quali effetti sull’economia reale?

Sul piano concreto divergono tra i vari schieramenti politici le valutazioni riguardo anche alle eventuali conseguenze che avrebbe l’introduzione di un tributo sull’aumento dei margini derivanti dai differenziali degli interessi.

“L’introduzione di simili misure, volte a prelevare tributi limitatamente a extraprofitti su un unico settore, quale quello bancario, può porre ostacoli in termini di rispetto dei principi di parità di trattamento e capacità contributiva.”

Francesca Amaddeo (Centro competenze tributarie della SUPSI)

Per il socialista Fabrizio Sirica la leva fiscale in questo caso va a beneficio dell’economia reale: “Personalmente preferisco che si reimmettano nel circuito economico risorse attraverso la fiscalità e i servizi dello Stato piuttosto che tramite gli utili bancari. Ho qualche dubbio – continua il parlamentare locarnese – sul fatto che questi ultimi generino ricadute positive nell’economia reale, dal momento che di regola finiscono sui mercati finanziari a vantaggio dei soli investitori”.

Non è dello stesso avviso Piero Marchesi secondo cui la tassazione degli extraprofitti, “oltre che essere sbagliata e ingiusta, è inopportuna poiché parecchie aziende saranno incentivate a spostare la loro attività in altri Paesi dove c’è maggiore certezza del diritto”.

Se si vuole mantenere la competitività del nostro Paese a livello economico, annota sempre il presidente cantonale democentrista, “dobbiamo avere regole chiare che non cambiano dall’oggi al domani”.

Ricorso possibile

Intanto però l’esito finale di questa vicenda, qualora il Parlamento italiano confermasse la norma presentata dall’Esecutivo, non pare scontato. Non è infatti da escludere, sottolinea Francesca Amaddeo, che contro tale disposizione si presenteranno dei ricorsi che potranno giungere fino alla Corte Costituzionale.

Quest’ultima infatti “si era già espressa nel 2015, dichiarando l’illegittimità della nota Robin Tax, ossia un’imposta addizionale a quella sul reddito delle società tesa a colpire gli extraprofitti generati nel settore energetico e petrolifero”.  La partita, insomma, resta aperta.

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