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“Stealthing”, una condanna a Zurigo, ma…

primo piano su un preservativo arrotolato tenuto tra il pollice e l indice di una donna con le unghie dipinte di rosso
Rimuovere il preservativo durante un rapporto o bucarlo intenzionalmente: è questo lo "stealthing". Keystone / Friso Gentsch

Non è presente nel Codice penale svizzero, ma il reato di "stealthing" può essere punito nella Confederazione sotto altre forme. E così è stato per un 25enne, condannato dal Tribunale cantonale di Zurigo per molestie sessuali. 

Il reato di “stealthing” è da anni oggetto di dibattito nei tribunali in diverse parti del mondo. Di cosa si tratta? È la rimozione o la perforazione di un preservativo senza il consenso esplicito della o del partner. Diversi casi sono approdati nelle Corti di diversi Paesi negli ultimi anni, ma ognuno di essi è stato giudicato in maniera isolata. Questo perché in generale si scontra con i codici penali in vigore. Non si tratta infatti, sulla carta, di una violenza sessuale vera e propria, poiché c’è stato un consenso al rapporto sessuale.   

“Mi va stretto il preservativo” 

Il caso più recente in Svizzera è appunto quello di un 25enne che si era tolto di nascosto il profilattico durante un rapporto, senza il consenso della partner. L’uomo è stato condannato dal Tribunale cantonale di Zurigo per molestie sessuali e dovrà pagare una multa di 2’500 franchi. La Corte si è occupata del caso su richiesta del Tribunale federale (TF), che lo aveva assolto dall’accusa di “atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere” (in base quindi all’articolo 191 del Codice penaleCollegamento esterno). 

I fatti risalgono al 2017. Il giovane, allora studente, si era giustificato affermando che il preservativo era troppo stretto. La partner lo aveva in seguito denunciato. Il Ministero pubblico aveva chiesto una condanna a 14 mesi di detenzione con sospensione della pena, per aver violato appunto l’articolo 191.  

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Rimuovere di nascosto il profilattico non è una questione banale, aveva sottolineato all’epoca la Procura davanti ai giudici. La giovane aveva vissuto per settimane con la paura di aver contratto l’HIV, tanto che si era sottoposta all’apposita cura profilattica. Il ragazzo non aveva invece mostrato alcuna empatia e aveva cercato di sminuire il suo atto con battute inappropriate. 

Assolto in prima istanza 

Il Tribunale distrettuale di Bülach aveva però assolto l’imputato dall’accusa di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere e così aveva fatto, in seconda istanza, anche il Tribunale cantonale di Zurigo. Per i giudici la rimozione del preservativo non poteva neanche essere classificata come stupro, dato che la partner aveva dato il suo consenso al rapporto sessuale. 

Chiamato in causa, il TF nel 2019 aveva confermato l’assoluzione dall’accusa di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere. Aveva però anche rinviato il caso al Tribunale cantonale di Zurigo per una nuova valutazione, affinché chiarisse in particolare se fosse stato commesso il reato di molestie sessuali. 

Dopo una nuova analisi, la Corte zurighese è ora giunta alla conclusione che effettivamente è possibile una condanna per questo reato. L’imputato, che all’epoca del reato studiava diritto, dovrà pagare 2’500 franchi, secondo la sentenza, pubblicata di recente. Il verdetto può tuttavia essere nuovamente impugnato davanti al TF. 

Altri sviluppi

Paese che vai, lacuna penale che trovi 

Una zona grigia della legge, insomma. Perché, dal momento che c’è il consenso, viene esclusa la nozione di violenza. Anche se…  

Per simili fatti, nel 2017 il Tribunale penale cantonale di Losanna ha condannato un 47enne a 12 mesi di carcere sospesi per aver rimosso il preservativo durante un rapporto nel quale la sua partner aveva esplicitamente espresso il desiderio che fosse utilizzato un profilattico.  

Nel Regno Unito la legge prevede il “consenso condizionato”Collegamento esterno ovvero il consenso a una specifica, ma non a ogni pratica sessuale.  

Nel 2014 la Corte suprema del Canada ha confermato la condanna per violenza sessuale a un uomo che aveva bucato volontariamente il profilattico usato durante un rapporto.  

Nel 2018 un poliziotto tedesco è stato condannato per violenza sessuale per aver rimosso il preservativo durante un rapporto senza che la sua partner se ne rendesse conto: ha dovuto versare 3’000 euro di danni e altri 96 euro per rimborsare il test di depistaggio di malattie sessualmente trasmissibili effettuato dalla vittima dopo il rapporto.  

+ Violenza sessuale, “no significa no”

In Italia la situazione è simile alla Svizzera: non si tratta di reato penale e nessun caso è per il momento approdato nei tribunali. Qualora dovesse succedere, ci si dovrà basare sull’articolo 609 bis del Codice PenaleCollegamento esterno che tratta della violenza sessuale, e interpretarlo.  

In Australia lo Stato della Tasmania è stato il primo a criminalizzare questa pratica, seguito poi da altri che lo hanno inserito o lo inseriranno prossimamente nei rispettivi codici penali. 

Una nuova “moda” 

Esistono su internet diversi forum in cui gli autori di “stealthing” non solo si vantano di averlo fatto, ma incoraggiano anche altri uomini a farlo, condividendo consigli, suggerimenti e linee guida. Secondo uno studio del 2017Collegamento esterno, chi lo pratica “giustifica le proprie azioni come frutto di un istinto maschile naturale”. 

C’è poi un fattore psicologico, in particolare nelle relazioni tra persone molto giovani, che entra in gioco: il partner di sesso maschile riesce “a convincere la partner a non usare il preservativo, facendo leva su vari aspetti, [come] la paura di una reazione violenta, il sentirsi in dovere e la mancanza di conoscenze o di pratica nell’uso del [profilattico]” (da wikipedia.org).  

Altri sviluppi

A pagare le conseguenze, come spesso accade nell’ambito di molestie e violenze sessuali, sono più spesso le donne: oltre alla potenziale trasmissione di malattie di varia natura, è concreto il rischio di una gravidanza indesiderata. Che a sua volta porta conseguenze sia psicologiche che fisiche. 

In Svizzera i casi finora finiti in tribunale sono solo due, ma sono molto probabilmente la punta dell’iceberg. Poiché lo “stealthing” capita in situazioni di consenso, per le vittime è difficile rivolgersi alle autorità e anche queste ultime non hanno una base legale chiara sulla quale agire. I due casi approdati in tribunale non hanno ancora fatto giurisprudenza e solo una modifica del Codice Penale  potrebbe far chiarezza una volta per tutte.  

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