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L’accordo fiscale con l’Italia cambia le regole: in Ticino meno frontalieri, più residenti

Il permesso B.
Keystone / Christian Beutler

Per la prima volta in vent'anni, il numero dei lavoratori frontalieri in Ticino sta diminuendo in modo costante, mentre contemporaneamente cresce il numero di chi sceglie di trasferirsi definitivamente in Ticino. Potrebbe essere uno degli effetti del nuovo accordo fiscale sui frontalieri entrato in vigore esattamente due anni fa. 

L’accordo fiscale sui frontalieri, pensato per riequilibrare i rapporti fiscali tra Italia e Svizzera, sta producendo effetti che vanno ben oltre gli aspetti tributari, influenzando le scelte di vita di migliaia di persone e ridisegnando gli equilibri del mercato del lavoro ticinese. Un mercato che ha sempre fatto del bacino di manodopera transfrontaliero uno dei suoi punti di forza economici. 

L’intesa italo-svizzera ha introdotto regole che rendono meno vantaggioso il frontalierato per cui sempre più persone frontaliere decidono di abbandonare il loro statuto per prendere dimora in Ticino. “Certezze non ne abbiamo, ma alcuni dati ci danno qualche indicazione utile in tal senso”, spiega Maurizio Bigotta, responsabile del settore economia dell’Ufficio cantonale di statistica (USTAT). 

I numeri che raccontano il cambiamento

I datiCollegamento esterno elaborati dall’Ufficio cantonale di statistica mostrano un quadro inequivocabile. Il picco di persone frontaliere è stato raggiunto nel terzo trimestre del 2023 (che coincide con l’entrata in vigore del nuovo accordo fiscale sui frontalieri), con oltre 80’000 lavoratori e lavoratrici. Da quel momento, si è assistito a un costante calo, fino ad arrivare al numero attuale di 78’400.  

“C’erano già stati, in passato, trimestri nei quali si registrava una diminuzione. Dal 2024, però, il calo annuale si è confermato trimestre dopo trimestre – sottolinea Bigotta – e non accadeva da vent’anni”. 

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Quello che rende ancora più significativo questo dato è il paradosso in cui si verifica: mentre i frontalieri diminuiscono, il mercato del lavoro ticinese cresce. In un anno, i posti di lavoro sono infatti cresciutiCollegamento esterno di 3’000 unità, passando da 249’000 a 252’000. Un dato che mal si concilia con il calo costante dei lavoratori frontalieri. 

“In passato, a un mercato del lavoro in crescita corrispondeva anche un aumento del frontalierato. Oggi stiamo assistendo a qualcosa di diverso ed è difficile pensare che sia solo una coincidenza – analizza Bigotta –, tutto sembra suggerire, invece, che l’accordo fiscale, visto anche l’importante impatto reddituale su lavoratrici e lavoratori, abbia avuto per effetto quello di rendere meno attrattivo lo statuto di frontaliere”. 

L’aumento dei permessi B, un indizio significativo

Parallelamente diventa più interessante il permesso di dimora (conosciuto come “permesso B”). Al calo dei frontalieri, si registra infatti un fenomeno speculare che potrebbe confermare l’ipotesi di un cambiamento nelle scelte di chi arriva dall’Italia per lavoro. Dal primo trimestre del 2024 allo stesso periodo del 2025, come cita il Corriere del Ticino, mentre i frontalieri sono calati di circa 1’000 unità, le persone dimoranti (titolari di un permesso B) sono aumentate, passando da 16’500 a 18’000. Un incremento di oltre 1’500 permessi B in dodici mesi. 

“Questi ultimi, sull’arco di 15 anni, hanno visto i loro numeri oscillare in funzione della congiuntura economica, mentre i frontalieri hanno continuato ad aumentare a ritmo sostenuto. Ora siamo di fronte a una dinamica diversa – spiega Bigotta –, per un lavoratore della vicina Italia scegliere di diventare frontaliere non è più così automatico. E quindi anche il trasferimento in Ticino diventa un’opzione più interessante rispetto al passato”. 

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Questa correlazione inversa tra la diminuzione dei permessi G (frontalieri) e l’aumento dei permessi B (dimoranti) suggerisce che l’accordo fiscale potrebbe aver spinto molte più persone a trasferirsi definitivamente in Ticino, anziché intraprendere la via del frontalierato. “Ovviamente si tratta di un’evoluzione che andrà studiata da vicino nei prossimi mesi e anni. Tuttavia, le indicazioni sembrano andare in questa direzione”, spiega l’esperto dell’USTAT. 

Le conferme dal territorio

La tendenza è stata rilevata anche dal sindacalista dell’Organizzazione cristiano-sociale ticinese OCST Andrea Puglia, che monitora da vicino la realtà del lavoro transfrontaliero: “Diverse lavoratrici e diversi lavoratori italiani dall’entrata in vigore del nuovo accordo, a differenza di quanto accadeva in passato, stanno prendendo in seria considerazione l’ipotesi di venire a vivere stabilmente in Svizzera”. 

Anche Annalisa Job capo comunicazione di Adecco ha già osservato lo stesso fenomeno: “Ci troviamo davanti al fenomeno di coloro che desiderano lavorare e stabilirsi in Ticino a lungo termine e non più condurre una vita da frontalieri”. 

L’impatto dell’accordo fiscale

Questo cambiamento sembra dunque dovuto al nuovo accordo fiscale, entrato in vigore il 17 luglio 2023, che ha introdotto regole che rendono meno vantaggioso il frontalierato per i nuovi assunti. I cosiddetti “nuovi frontalieri” – coloro che sono entrati nel mercato del lavoro svizzero dopo quella data – sono ora tenuti a pagare le imposte in Italia, detraendo quanto già versato in Svizzera e beneficiando di una franchigia fiscale di 10’000 euro. 

Questo cambiamento comporta uno svantaggio economico significativo rispetto ai “vecchi frontalieri”, che può arrivare fino a 20’000 franchi annui, soprattutto per gli stipendi medio-alti. Una differenza salariale che, evidentemente, sta influenzando le scelte lavorative e di vita di molti italiani e italiane interessati al mercato del lavoro ticinese. 

Ecco una simulazione degli stipendi dei nuovi e vecchi frontalieri a dipendenza del lavoro e del salario:

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Monete e banconote svizzere su un tavolo.

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Qual è davvero la differenza di stipendio tra nuovi e vecchi frontalieri

Questo contenuto è stato pubblicato al Cifre alla mano la differenza di stipendio tra vecchi e nuovi frontalieri è evidente, soprattutto per i salari medio alti, tanto da spingere i potenziali nuovi frontalieri a rifiutare le offerte di lavoro ticinesi.

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“Se prima era scontato fare il frontaliere per i lavoratori italiani interessati al mercato del lavoro ticinese – osserva Bigotta –, oggi la scelta diventa personale. Se in Svizzera si deve pagare l’assicurazione sanitaria, in Italia ora si devono pagare le imposte. Vivere in Ticino significa anche evitare ore in auto, imbottigliati nel traffico. Si tratta in generale di migliorare la qualità della vita”. 

Il cambiamento non riguarda solo gli aspetti economici ma anche le priorità dei lavoratori. “L’equilibrio tra lavoro e vita privata è un fattore estremamente importante nella scelta dell’impiego e del datore di lavoro, soprattutto per le persone giovani ma anche per le famiglie. È in corso un ripensamento”, conferma Annalisa Job di Adecco. 

Le sfide per le aziende: reclutamento più difficile

Il cambiamento nelle dinamiche del frontalierato non riguarda solo i dipendenti e le dipendenti, ma ha ripercussioni dirette anche su chi, in Ticino, offre loro un lavoro. Se ai frontalieri un impiego nel cantone oggi fa meno gola, a risentirne sono inevitabilmente anche le aziende che devono reclutare personale. 

L’indicatore che misura lo sforzo di un’azienda nel reclutare profili idonei mostra, infatti, un certo peggioramento del quadro in Ticino. “La ‘difficoltà di reclutamento’ – spiega Bigotta – è un indicatore economico che teniamo costantemente monitorato. Questo indicatore conteggia le aziende che stanno cercando nuovo personale. Il dato indica la quota di aziende che non hanno trovato o hanno difficoltà a trovare personale”. 

Storicamente, in Ticino questo dato si è sempre aggirato attorno al 15%, mentre a livello svizzero il dato sale al 30%. “La differenza si spiega grazie al fatto che il Ticino può attingere dal grande bacino transfrontaliero”, precisa l’esperto dell’USTAT. Dal 2021-22, questo indicatore è salito in Svizzera al 40% e in Ticino al 20%, presumibilmente a causa del cambiamento generazionale dei lavoratori. Dal 2024, l’indicatore sta tornando ai valori medi. 

“Siamo ancora ben lontani dalla situazione in cui versano alcuni cantoni, alle prese con una cronica difficoltà nel reclutare collaboratrici e collaboratori – osserva Bigotta –, il problema però esiste anche in Ticino in settori specifici, penso in particolare alla sanità o ad alcuni rami dell’economia manufatturiera, dove esiste una reale difficoltà a trovare personale qualificato”. 

Sulla difficoltà delle aziende ticinesi a reclutare nuove forze di lavoro qualificate, ecco un approfondimento:

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Daniela Bührig, vicedirettrice dell’Associazione industrie ticinesi (AITI), è cauta nell’attribuire tutte le difficoltà al nuovo accordo fiscale: “È vero che il reclutamento di manodopera diventa sempre più difficile, dire però che questo sia dovuto al nuovo accordo italo-svizzero sull’imposizione delle persone frontaliere è prematuro. Anche perché siamo in un momento in cui le aziende sono già alle prese con una potenziale, grave carenza di manodopera legata alle dinamiche demografiche”. 

Prospettive future, in attesa di conferme definitive

Nonostante le indicazioni convergano verso un cambiamento strutturale, gli esperti sottolineano la necessità di attendere dati più consolidati. Per avere certezze definitive, sarà necessario attendere quelli dei registri dell’AVS, che arrivano con alcuni anni di ritardo. “Attualmente li abbiamo fino al 2021. Ma solo partendo dai registri AVS possiamo condurre uno studio attendibile”, precisa Bigotta.

Uno studio precedente dell’USTAT, che partiva dai dati citati, aveva constatato che erano sempre meno i frontalieri a prendere la residenza in Ticino, mentre aumentavano i residenti che diventavano frontalieri. “Ora, alla luce dei nuovi dati – conclude Bigotta – ci aspettiamo un’inversione di tendenza: più frontalieri che diventano residenti in Ticino e meno residenti che diventano frontalieri”.

Il nostro dossier sui frontalieri:

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