Il meglio dell’orologeria svizzera in esposizione a Ginevra
Keystone / Cyril Zingaro
Prende avvio martedì a Ginevra il salone orologiero Watches and Wonders: alla manifestazione che si tiene nei padiglioni del Palexpo sono presenti 60 marchi, in rappresentanza di un settore alle prese con il persistente calo delle vendite in Cina e con l'incertezza relativa ai futuri sviluppi negli Stati Uniti.
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Keystone-ATS
C’è chi si aspetta un consolidamento del comparto. “A lungo termine, solo 15-20 marchi continueranno a crescere in Svizzera, insieme a entità di nicchia che generano ricavi fino a 4 milioni di franchi in piccoli mercati e che possono vivere in questo modo”, osserva l’esperto Olivier Müller in un colloquio con l’agenzia Awp. “Non vedo invece sopravvivere le imprese con un fatturato tra i 40 e gli 80 milioni: ci sono troppi marchi”. A suo avviso l’accesso al mercato è diventato “troppo facile”.
Dei 26 miliardi di fatturato generati dall’industria orologiera nella Confederazione nel 2024, “cinque dei più grandi nomi – Rolex, Cartier, Omega, Audemars Piguet e Patek Philippe – ne rappresenteranno la metà, e altri quindici i tre quarti”. Restano più di 6 miliardi per le centinaia di altri produttori: la maggior parte di essi “non supererà i dieci anni di vita”, sostiene lo specialista.
Fascia media destinata a scomparire
Lo stratega dell’orologeria Grégory Pons, che segue il ramo da oltre 20 anni, concorda sul fatto che si sta assistendo a una polarizzazione tra il livello superiore e quello di ingresso e che “la fascia media è destinata a scomparire”. A suo avviso l’industria orologiera elvetica non ha “abbastanza nuovi marchi”, che a suo avviso rappresentano “la speranza di una nuova industria”. “Lo vediamo anche nella fascia media, con nuovi nomi che trovano consumatori: sono i marchi più vecchi ad avere difficoltà, a causa della mancanza di rinnovamento”, argomenta.
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Le crisi cicliche del settore richiedono capacità di recupero. Attualmente è la Cina a rappresentare un problema, con una contrazione della domanda del 26% lo scorso anno, una diminuzione più pronunciata rispetto a quella registrata durante la pandemia. “Molto vivace per due decenni, il mercato cinese è ora più maturo e non ha più la stessa frenesia di consumo per i prodotti di lusso: sono abbastanza sicuro che non tornerà mai più ai livelli precedenti alla pandemia”, afferma Müller.
“La Cina rimane molto problematica”, conferma Jean-Philippe Bertschy della banca Vontobel, che non vede una ripresa all’orizzonte. L’analista ritiene inoltre che gli Stati Uniti, il principale mercato di esportazione nel 2024, debbano essere considerati “con cautela”. I mercati finanziari americani, altamente correlati con i beni di lusso, hanno avuto un’evoluzione eccezionale alla fine dello scorso anno, sulla scia dell’elezione del presidente americano Donald Trump, “ma potremmo assistere a un effetto boomerang”. Per quanto riguarda la minaccia dei dazi, la preoccupazione non è la stessa a seconda dei marchi e del loro valore sociale: realtà come Hermès o Rolex non sono troppo sul chi vive, mentre maggiori problemi interesseranno altri prodotti di altre categorie di prezzo, come Tissot e Swatch.
Buon potenziale del mercato americano
Stando a Müller il mercato americano offre ancora un potenziale di crescita del 20-30% nei prossimi dieci anni. Ma “tutto è così imprevedibile che non è impensabile che anche gli orologi di lusso possano essere colpiti in modo negativo, ad esempio se il mercato azionario continuerà ad arretrare”. Più pessimista è Pons, che afferma di avere “pochi dubbi” riguardo all’introduzione di dazi sugli orologi, dato che l’obiettivo di Trump è quello di svalutare il dollaro per ridurre il debito nazionale. “Potremmo quindi assistere a un crollo delle vendite”.
Per quanto riguarda il Giappone, terzo mercato, lo yen, che era stato molto basso negli ultimi tre anni, si è ripreso alla fine del 2024, il che ha comportato un rallentamento “abbastanza forte” dei ricavi dei grandi gruppi orologieri, osserva Bertschy, che raccomanda di vigilare anche su questo paese.
Questi temi, in un settore molto sensibile alle incertezze geopolitiche, alimenteranno senza dubbio le discussioni durante Watches and Wonders, che dopo quattro giorni dedicati esclusivamente agli operatori del ramo sarà aperto al grande pubblico, a partire da sabato. Gli osservatori descrivono il salone come “un luogo di scambio e di circolazione di idee, dove i problemi vengono discussi anche concretamente, anche se in larga misura internamente”. “L’industria orologiera è sempre stata in grado di reinventarsi e di decollare di nuovo”, fa presente Müller. “La sfida è rimanere innovativi e non dormire sugli allori: dobbiamo mantenere lo slancio”, conclude.
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