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Gli accordi bilaterali III con l’UE sottoposti a referendum facoltativo

Bandiera dell'Unione Europea e bandiera svizzera.
Bandiera dell'Unione Europea e bandiera svizzera. Keystone-SDA

I cosiddetti accordi bilaterali III saranno sottoposti a referendum facoltativo, e non obbligatorio. Lo ha deciso oggi il Consiglio federale. L'ultima parola spetta al Parlamento.

Con il referendum facoltativo, per l’approvazione dei nuovi accordi conclusi con l’Unione europea servirà, in caso di votazione, unicamente la maggioranza del popolo. Con il referendum obbligatorio è necessaria anche la maggioranza dei cantoni, ha ricordato il consigliere federale Ignazio Cassis in conferenza stampa.

Quattro decreti

Nella sua seduta odierna, il governo ha anche confermato la struttura del progetto già definita in dicembre, che prevede “una parte di stabilizzazione e una parte di sviluppo”. Al Parlamento saranno così presentati quattro decreti federali: uno per la stabilizzazione delle relazioni bilaterali e tre per il loro ulteriore sviluppo nei settori della sicurezza alimentare, dell’elettricità e della sanità.

Ogni singolo decreto sottostà a referendum facoltativo, ha spiegato il direttore dell’Ufficio federale di giustizia (UFG) Michael Schöll, direttore dell’Ufficio federale di giustizia (UFG). In caso di votazione, il popolo potrebbe quindi essere chiamato a rispondere fino a quattro quesiti. I nuovi accordi possono entrare in vigore solo se il decreto per la stabilizzazione delle relazioni bilaterali viene accolto (mentre quest’ultimo può anche entrare in vigore da solo, senza le tre nuove intese), ha precisato Schöll.

La questione sul tipo di referendum a cui sottoporre i nuovi accordi con l’UE era stata discussa per la prima volta dal Consiglio federale il 26 giugno dello scorso anno, ha detto Cassis. Era stato deciso di rimandare la decisione a dopo la conclusione dei negoziati.

Tre possibilità

Le possibilità erano (sono) tre: referendum facoltativo, referendum obbligatorio e referendum obbligatorio sui generis. Quello obbligatorio “normale” – previsto per l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva, come la Nato, o a comunità sovranazionali, vedi l’Ue. ndr. – non era possibile in questo caso, in quanto la Costituzione non lo permette, ha spiegato Cassis.

Una volta escluso il referendum obbligatorio, quello facoltativo è una scelta automatica. Vi è però la possibilità di ricorrere al cosiddetto referendum obbligatorio sui generis, ossia un diritto costituzionale non scritto che concerne i trattati internazionali a carattere costituzionale.

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Per Ignazio Cassis ciò non è il caso con i Bilaterali III, visto che non implicano modifiche della Costituzione svizzera. In ogni caso, ha aggiunto si tratta si “una questione politica”.

“Dopo scrupolosa analisi dei risultati dei negoziati, approfondito esame di precedenti decisioni riguardanti casi analoghi e tenendo conto della dottrina giuridica e dei colloqui con i Cantoni e le Commissioni della politica estera”, l’esecutivo ha così scelto di confermare il referendum facoltativo. La soluzione “rappresenta la soluzione più condivisa e politicamente sostenibile”.

La variante scelta è anche “la più solida sul piano Costituzionale”, ha sostenuto il consigliere federale. Tale modo di procedere rispecchia la prassi adottata finora nel quadro dei Bilaterali I e II, anche se – soprattutto l’accordo di Schengen/Dublino – prevedeva un recepimento dinamico del diritto più ampio rispetto al pacchetto attuale, è stato fatto notare.

L’opzione scelta dal Consiglio federale consente anche di allacciare formalmente gli accordi alla loro attuazione a livello nazionale, ha proseguito il ministro degli esteri alludendo alle misure di politica interna nei settori della protezione dei salari e dell’immigrazione. La decisione odierna garantisce inoltre la massima libertà d’azione a Parlamento e Cantoni.

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La decisione tiene conto della netta bocciatura – il 75,2% dei votanti e tutti i cantoni – nel 2012 dell’iniziativa popolare “Accordi internazionali: decida il popolo!”, che chiedeva appunto di sottoporre a referendum obbligatorio i trattati internazionali comprendenti disposizioni importanti che contengono norme di diritto.

Prossimi passi

In maggio a Berna è prevista la parafatura dei testi degli accordi, sulla base dei testi scritti in inglese, ha detto il segretario di Stato del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) Alexandre Fasel precisando che quella di Shakespeare era stata scelta come lingua di lavoro. La traduzione degli accordi in italiano, francese e tedesco è già iniziata, ha aggiunto.

Saranno resi pubblici entro l’estate, quando il Consiglio federale avvierà la procedura di consultazione, che durerà fino al 31 ottobre. Le decisioni odierne sulla struttura del progetto da approvare e sul tipo di referendum confluiranno direttamente nel progetto che sarà posto in consultazione.

Tale progetto sarà molto voluminoso, ha preannunciato Fasel: sarà composto da 800 pagine relative ai testi degli accordi bilaterali e 150 pagine di testi legislativi svizzeri, alle quali si aggiungono 850 pagine di spiegazioni.

Il messaggio a destinazione del Parlamento è atteso per il marzo del prossimo anno. E saranno le Camere federali in ultima ratio a decidere se gli accordi verranno sottoposti a referendum facoltativo, come auspicato dal Consiglio federale, o obbligatorio.

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