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Brexit e l’incognita del voto di Westminster

Regno Unito e Unione Europea hanno firmato domenica l'accordo di divorzio che mette un punto fermo a circa due anni di negoziati. Ora l'intesa passa al vaglio del parlamento britannico, dove la premier britannica Theresa May per ora non ha la maggioranza, e l'intero processo rischia di deragliare.

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Una manciata di secondi, tanto hanno impiegato i 27 leader dell’Ue a dare il loro endorsement politico alle 585 pagine che compongono l’accordo sulla Brexit in una Bruxelles tetra e nebbiosa.

L’appuntamento al Parlamento britannico per la ratifica del documento (che garantisce la protezione dei diritti dei cittadini, che il processo di pace nell’Irlanda del Nord non sia compromesso e che il Regno Unito continui a contribuire al bilancio dell’Ue anche durante la transizione) dovrebbe cadere tra il 10 e l’11 dicembre. In tempo utile per tornare a parlare del dossier al prossimo vertice europeo del 13 e 14 dicembre, se qualcosa dovesse andare storto.

Un giorno triste

È un giorno “triste in cui non c’è nulla da celebrare”, ha tenuto a sottolineare il presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker, indicando al tempo stesso che l’intesa per il divorzio del Regno Unito non è solo “il miglior accordo possibile” per entrambe le parti, ma anche “l’unico possibile”. “Se qualcuno alla Camera dei Comuni pensa di bocciarlo, credendo di poterne spuntare uno migliore, resterebbe deluso”, ha avvertito.

Una posizione condivisa in modo compatto da tutti i capi di Stato e di governo, May compresa. “Non c’è un piano B”, ha messo in guardia il premier olandese Mark Rutte, mentre l’irlandese Leo Varadkar ha respinto qualsiasi ipotesi di una riapertura dei negoziati, dopo lo sforzo titanico per garantire il futuro dell’accordo del Venerdì Santo. 

Sulla stessa linea anche lo spagnolo Pedro Sanchez, che con le sue minacce di veto sull’accordo per la mancanza di rassicurazioni su Gibilterra (poi ottenute grazie anche all’intervento del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk) ha tenuto in bilico il vertice fino alla vigilia.

“Un futuro radioso”

Tutti mesti, ma non la premier britannica, che combattiva, rivolgendosi ai cittadini della Corona, ha indicato un “futuro radioso alle porte” se l’accordo andrà a buon fine, in un appello diretto a sostenerlo. “Metterò anima e cuore” perché vada in porto, ha insistito May in una lettera aperta, escludendo al tempo stesso l’ipotesi di un secondo referendum.

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