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Credit Suisse, non basta l’intervento della Banca Nazionale

Ancora momenti di passione per la seconda banca elvetica.
Ancora momenti di passione per la seconda banca elvetica. © Keystone / Urs Flueeler

Gli effetti del sostegno miliardario promesso dalla Banca nazionale svizzera (BNS), sotto la regia del Governo federale, a Credit Suisse sembrano già essersi esauriti sulle piazze finanziarie.

Mentre il corso delle azioni del secondo gruppo bancario elvetico è tornato a scendere sensibilmente, le speculazioni su una sua divisione si fanno sempre più insistenti. Il prestito di 50 miliardi della BNS, accolto giovedì da Credit Suisse, aveva alleggerito la pressione sulla banca, almeno nel breve periodo ma le preoccupazioni tra gli operatori e le operatrici finanziarie rimangono, secondo quanto emerge dalle valutazioni espresse, ad esempio, dalla banca d’investimento statunitense KBW. Sul mercato continuano infatti a pesare le cifre persistentemente in rosso e il continuo deflusso di depositi e patrimoni dei clienti.

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Lo scetticismo degli investitori si riflette anche nell’andamento del titolo Credit Suisse. Dopo il movimento di recupero di giovedì, il corso dell’azione è di nuovo sceso bruscamente: dopo aver aperto oggi, venerdì, sopra i 2 franchi, nel primo pomeriggio era a 1,835 franchi in calo del 9,25%, per chiudere a fine giornata a 1,86 franchi (-8,01%).

Ulteriori ristrutturazioni all’orizzonte

Alla luce dei continui e gravi problemi della grande banca, le e gli analisti bancari dubitano che il Credit Suisse possa continuare il suo corso senza ulteriori correzioni e si prevedono ulteriori ristrutturazioni.

“A nostro avviso, lo status quo non è più un’opzione”, ha dichiarato in un commento l’autorevole analista bancario Kian Abouhossein della banca statunitense JPMorgan. Il marchio “Credit Suisse” è ora in uno stato di continua erosione, avverte.

Scissione e vendita?

Per KBW, una scissione della banca e ulteriori vendite di parti dell’azienda sono “la soluzione più probabile”. In primo piano vi sono le attività in Svizzera, che sono ancora considerate forti. Gli analisti stimano il valore di questa attività a 10-12 miliardi di franchi, in caso di scorporo. Si tratta di una cifra notevolmente superiore all’attuale valore di borsa dell’intero Credit Suisse, pari a circa 7,2 miliardi di franchi.

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Anche l’attività di gestione patrimoniale di Credit Suisse resta attrattiva. Nonostante i deflussi di patrimoni e i recenti passivi le e gli esperti di KBW stimano per questo comparto un valore di ben 9 miliardi di franchi, anche se un’eventuale vendita dovrebbe probabilmente avvenire con uno sconto significativo. Gli esperti di JPMorgan sottolineano inoltre la forte performance della divisione nel corso degli anni.

La vera “palla al piede” è costituita dalla divisione Investment Banking (IB), in profonda perdita. I costi elevati per una chiusura completa delle unità IB, che per le e gli esperti di KBW ha un “valore negativo” di 11 miliardi di franchi, causerebbero probabilmente qualche difficoltà a un potenziale acquirente della grande banca.

UBS in primo piano

Tra i nomi più gettonati in queste ore tra analisti e media specializzati sui possibili compratori figura quello dell’altra grande banca elvetica UBS. Tuttavia l’operazione richiederebbe una strategia concordata e sostenuta delle autorità svizzere. Un’ipotesi non remota ma che non sarebbe esente da pesanti contraccolpi, soprattutto di tipo sociale.

La fusione tra le due grandi banche inevitabilmente finirebbe per creare squilibri sul mercato finanziario interno e pesanti riduzioni di dipendenti. Per l’agenzia di stampa Bloomberg però UBS preferisce concentrarsi sulla propria strategia ed è riluttante ad assumere rischi legati al Credit Suisse, secondo quanto filtra tra gli operatori e le operatrici del settore.

In proposito il presidente della direzione del numero uno bancario elvetico Ralph Hamers ha detto negli scorsi giorni, nel corso di un incontro, che non avrebbe risposto a “domande ipotetiche sul Credit Suisse”.



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