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Berna e Roma discuteranno della sospensione italiana dell’accordo di Dublino

Il ministro italiano Matteo Piantedosi.
Il ministro italiano Matteo Piantedosi. Keystone / Giuseppe Lami

La consigliera federale Baume-Schneider intende anche discutere con Piantedosi la questione del possibile sostegno finanziario svizzero ai progetti migratori in Italia.

La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider sarà a Roma il 31 maggio per discutere con il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi della sospensione unilaterale dell’accordo di Dublino da parte dell’Italia.

Lo ha indicato oggi all’agenzia stampa elvetica Keystone-ATS il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP). Nel corso dell’incontro di lavoro, Baume-Schneider intende anche discutere la questione del possibile sostegno finanziario svizzero ai progetti migratori in Italia. I fondi potrebbero essere prelevati dal secondo contributo svizzero agli Stati dell’Unione europea (UE).

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Da dicembre, l’Italia si rifiuta di riprendere i migranti le cui richieste di asilo rientrano nella sua giurisdizione in base all’accordo di Dublino, secondo il quale il Paese di prima accoglienza deve condurre la procedura di asilo.

Rifiutandosi di riammettere i richiedenti asilo, l’Italia sta probabilmente violando il diritto dell’UE. Roma ha giustificato la sua decisione con il fatto che non ha più capacità di accoglienza a causa dell’elevato numero di rifugiati che arrivano attraverso il Mediterraneo.

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300 domande di riammissione

In un’intervista pubblicata all’inizio di maggio dalla NZZ, la ministra di giustizia ha stimato che il blocco dell’Italia durerà ancora per mesi. Berna ha chiesto a Roma la riammissione di circa 300 persone. Per 40 di esse sono passati sei mesi e la responsabilità è quindi ora della Svizzera.

Per Baume-Schneider, è nell’interesse della Svizzera e dei suoi partner europei procedere con la riforma dell’Accordo di Dublino prima delle elezioni del Parlamento europeo nella primavera del 2024. Nell’ambito di tale riforma, la direttrice del DPGP auspica controlli più severi alle frontiere esterne dell’area Schengen. In cambio, auspica una maggiore solidarietà tra i Paesi europei nella distribuzione delle persone accolte.
 

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