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Italiano, una lingua svizzera

Italiano in Svizzera, il Forum non demorde

Immagine sfocata di una classe di scuola, sul fondo insegnante e lavagna; in primo piano, a fuoco, mano di un allievo alzata
Un accordo tra cantoni garantisce l'insegnamento della terza lingua (quasi sempre è l'italiano) come materia opzionale nella scuola secondaria. © KEYSTONE / CHRISTIAN BEUTLER

Il Forum per l'italiano in Svizzera si pone come obiettivo la giusta collocazione dell'italiano nel quadro del plurilinguismo del nostro Paese. Ne parliamo con il presidente del Forum e consigliere di Stato ticinese Manuele Bertoli.

L’assemblea annuale del ForumCollegamento esterno si è tenuta nel 2018 in un cantone, i Grigioni, dove era stata vinta una battaglia: l’iniziativa che chiedeva l’insegnamento di una sola lingua straniera alle elementari (e avrebbe comportato la scomparsa dell’italiano dalle scuole primarie germanofone) è stata respinta in votazione popolare a settembre.

Ma i difensori della lingua italiana hanno ancora molto da fare: le cattedre universitarie di italianistica sono sotto pressione, la presenza di italofoni nell’amministrazione marcia sul posto, le scuole dell’obbligo di alcuni cantoni offrono il corso opzionale d’italiano a orari improbabili o in concorrenzaCollegamento esterno con altre materie facoltative.

Da terza a quarta lingua?

Ci sono poi i piccoli segnali: l’italiano scompare da alcune etichette di prodotti della grande distribuzione, è usato impropriamente nelle traduzioni da tedesco e francese e, talvolta, è elencato dopo l’inglese nella scelta della lingua di siti web di aziende svizzere (quando è disponibile).

Non è questione di comunicazione spicciola, ma di comprensione profonda.

“Credo sia un indizio del fatto che l’italiano non è più così centrale in Svizzera”, commenta Manuele Bertoli. “Non lo è più per ragioni storiche (la presenza degli italofoni è sicuramente diminuita) e perché c’è questa sensazione che l’inglese possa risolvere anche i problemi di comunicazione tra gli svizzeri. Sulle cose più funzionali, spicciole, io la posso anche capire, ma non quando si parla della comprensione più profonda tra le varie componenti linguistiche della Svizzera”.

Le rimostranze alla CDPE

In ottobre, il Forum ha scritto alla Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazioneCollegamento esterno (CDPE) poiché ritiene che, nonostante gli impegni presi con il concordato HarmoSCollegamento esterno, l’insegnamento dell’italiano nelle scuole dell’obbligo sia insoddisfacente in diversi cantoni.

“HarmoS è l’atto giuridico di riferimento. Di fatto, è il punto di riferimento anche per i cantoni che non l’hanno sottoscritto [ma si rifanno ai piani di studio regionali Lehrplan 21Collegamento esterno e P.E.R.Collegamento esterno, ndr]. Dice che l’insegnamento della terza lingua, che è sempre l’italiano, va offerto come opzione. Ma la facoltà, per gli allievi, di sceglierlo dipende anche da questioni molto pratiche. Se è offerto a orari impossibili, oppure solo in alcune scuole -per cui bisogna compiere un tragitto per andare a impararlo- questo riduce il numero di allievi che si interessano”.

Più interesse che docenti

Ma laddove l’italiano è insegnato, c’è davvero interesse? Il sito del Forum riporta il caso di Basilea Città, che da tre anni lo offre in ognuna delle 10 sedi di scuola media del cantone. Il numero iscritti è passato da una ventina a 300. Anche il successo dei corsi estivi di sport e italiano che si tengono in Ticino [cfr. video] è un buon segnale, osserva Bertoli.
 


Per insegnare l’italiano servono anche i docenti. Ce ne sono abbastanza, per rapporto agli obiettivi del Forum? 

“Ce ne sono, ma vediamo che le alte scuole pedagogiche, che sono gli istituti che devono formare gli insegnanti, spesso non offrono corsi per l’insegnamento dell’italiano. E questo, magari non subito, diventa poi problematico perché se non hai i docenti questa può essere la scusa per dire ‘non facciamo il corso’ e se non fai il corso…”.

L’autonomia cantonale

Cosa si può fare contro chi disattende il concordato Harmos? Dopotutto, i cantoni hanno un’autonomia garantita dalla costituzione (cfr. art 62Collegamento esterno). Lo stesso Ticino, principale cantone italofono del Paese, ha mantenuto le sue peculiarità (scuola media unitaria, tedesco due anni più tardi…).

“Le eccezioni che ci riguardano sono codificate nel concordato, lo abbiamo sottoscritto proprio perché queste eccezioni ci erano concesse”, risponde Bertoli, che in governo è responsabile proprio del Dipartimento educazione, cultura e sport.

“Per i cantoni, invece, che non lo rispettano noi dobbiamo continuare a ricordare loro che hanno preso un impegno. Non abbiamo altri mezzi, non ci sono multe. Ma quando un cantone, quindi uno Stato democratico, prende un impegno, ricordargli che questo impegno va onorato mette comunque in discussione anche la presentabilità, la serietà del Cantone”.

Il Forum per l’italiano in Svizzera riunisce 37 tra autorità politiche, enti e associazioni culturali, associazioni italo-svizzere e atenei universitari. Non rappresenta dunque una minoranza regionale, ma gli italofoni di tutto il Paese. Si impegna per l’insegnamento della lingua, la diffusione della cultura svizzero-italiana e italiana oltralpe, e il rispetto dell’italiano quale lingua ufficiale della Confederazione. Ha un sito web: www.forumperlitalianoinsvizzera.ch.

La nuova immigrazione

A nord delle Alpi, vivono centinaia di migliaia di italofoni. C’è pure una nuova immigrazione dall’Italia, al punto che al Politecnico non solo il numero di studenti ma anche quello di professori italiani fa notizia. Tutto questo non rafforzerà naturalmente, la posizione della nostra lingua in Svizzera?

Le seconde e terze generazioni lo hanno sentito in casa, ma in parte non lo parlano più.

“Potrebbe darsi. C’è stato un indebolimento quantitativo: dagli 800’000 e più italofoni che c’erano negli anni ’70-80′ a seguito dell’immigrazione italiana, si è scesi a mezzo milione o qualcosa di più, anche per via di seconde e terze generazioni che magari lo hanno sentito in casa, ma non lo parlano più”.

“Il nuovo movimento di persone evidentemente può cambiare le cose, pur tenendo conto che quelli che arrivano con alti profili -penso al Politecnico- finiranno per parlare inglese, perché all’interno delle università, soprattutto nei master, si parla parecchio inglese. Anche all’Università della Svizzera italiana c’è questa presenza forte, che noi comprendiamo, ma che dev’essere bilanciata con il rispetto delle lingue nazionali”.

Un’azione coordinata

Sabato 24 novembre, a Grono, il Forum si riunisce dunque in AssembleaCollegamento esterno. È prevista una discussione su quell’obiettivo della “corretta collocazione dell’italiano nel plurilinguismo costituzionale della Svizzera” entro il 2020, fissato nel 2012.

“Non credo si possa dire che sia raggiunto, e sapevamo che sarebbe stato difficile”, osserva Bertoli, “ma credo sia giusto intavolare una discussione: è realistico? No? Quanto è realistico? L’importante per noi è muoverci in maniera coordinata in tutte le dimensioni che tocca l’italianità. I temi e i sotto-temi sono molti, ed è importante che li si prenda assieme e non sparpagliati.

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