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Il grattacapo del caroaffitti in Svizzera

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La situazione sul fronte degli affitti è particolarmente tesa a Ginevra. © Keystone / Martial Trezzini

In Svizzera, come in molti Paesi ricchi, le pigioni vanno in una sola direzione. Cosa succederà nella terra in cui la maggioranza della popolazione è in affitto?

La situazione: affitti in aumento

Il tasso ipotecario di riferimento è stato aumentato ancora una volta venerdì. L’indicatore che serve a determinare le pigioni degli appartamenti in affitto in tutta la Svizzera è infatti stato portato all’1,75%.

Questo piccolo cambiamento può avere un grande impatto: un aumento di un quarto di punto consente legalmente a chi possiede immobili di aumentare gli affitti del 3%. E poiché il tasso è già salito a giugno, dopo anni di calo costante, il Governo avverte che gli affitti potrebbero ora compiere un balzo in avanti del 15% nei prossimi anni, dopo essere aumentati di oltre l’8% dal 2016.

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Al pari del continuo aumento dei costi nel settore della sanità, il mercato degli affitti è sotto i riflettori della politica. Soprattutto perché la Svizzera è una nazione di inquilini per eccellenza: il 58% delle persone è in affitto. Tuttavia, nessuno sembra essere d’accordo su quale sia la causa principale di questa tendenza: l’aumento dei tassi di interesse, proprietà senza scrupoli, la scarsità di edifici abitativi, l’immigrazione? Oppure la situazione non è ancora così negativa come sembra?

Il piano del Governo: meno inflazione, più trasparenza

Il Consiglio federale è abbastanza preoccupato da aver preso provvedimenti. La scorsa settimana, il ministro dell’economia Guy Parmelin ha presentato un pianoCollegamento esterno che prevede una diminuzione del tasso (dal 40 al 28%) imponibile sull’affitto per compensare il rincaro. Vuole inoltre obbligare chi possiede immobili a dimostrare la reale entità degli aumenti di costo, prima di trasferirli agli inquilini a titolo generale.

Inoltre, pur non volendo congelare il tasso ipotecario di riferimento (come richiesto dalle associazioni di protezione dei e delle locatarie), vuole analizzare se l’intero sistema di regole di adeguamento degli affitti, vecchio di 40 anni, sia ancora valido.

Tuttavia, non appena è stato annunciato, il piano si è scontrato con lo scetticismo. “I proprietari di casa non sono la causa dell’aumento del costo [generale della vita]”, ha scritto l’associazione di categoria. Le regole esistenti in materia di affitti e le modalità di ricorso in caso di aumenti sono “già trasparenti”; nuove regole comporterebbero complicazioni non necessarie. Sull’altro fronte, chi rappresenta gli interessi di coloro che sono in affitto ha invece affermato che la proposta – e in particolare la sua tempistica – non è abbastanza ambiziosa: la neoconsigliera nazionale socialista Jessica Jaccoud ha dichiarato alla televisione pubblica svizzera RTS che quando la proposta entrerà in vigore, nel 2025, gli inquilini avranno già affrontato diverse “ondate” di aumenti degli affitti.

Referendum in corso

L’associazione degli inquilini ASLOCA – di cui Jaccoud è membro – si lamenta da tempo del fatto che, mentre il tasso ipotecario di riferimento è sceso costantemente, almeno finora, gli affitti effettivi sono aumentati costantemente – a suo avviso in modo infondato. L’ASLOCA sostiene che i proprietari intascano ogni anno oltre 10 miliardi di franchi svizzeri in affitti ingiustificatamente alti. Tuttavia, non è riuscita a trasformare le sue rivendicazioni in passi in avanti politici: di recente, in settembre, una raffica di proposte di sinistra per introdurre controlli più severi sugli affitti è stata respinta dal Parlamento.

L’ASLOCA potrebbe però avere più successo nel contestare altre due questioni spinose, non necessariamente legate ai prezzi degli affitti. Questa settimana l’associazione ha indicato di essere riuscita a raccogliere un numero sufficiente di firme per sottoporre a referendum due recenti riforme: una che indebolisce la possibilità per gli inquilini di subaffittare il proprio appartamento e un’altra che facilita lo sfratto quando i proprietari vogliono tornare ad abitare nella loro casa. Le 50’000 firme necessarie saranno consegnate a gennaio. È probabile che la popolazione dovrà dire la sua nel corso del 2024.

Rimanere o traslocare?

In una situazione di scarsa disponibilità e di prezzi elevati, soprattutto nelle città, chi è in affitto attualmente non è incentivato a cambiare appartamento, soprattutto perché le normative sono più favorevoli a chi resta a lungo nella stessa casa. Un recente studio della Banca Cantonale di Zurigo ha rilevato che la differenza di prezzo tra gli affitti esistenti e quelli nuovi a Zurigo è del 26%; se ci si trasferisce, è probabile che si trovi un alloggio più piccolo (o più scadente o in una posizione peggiore) per lo stesso prezzo. A Ginevra, il divario è addirittura del 54%.

Gli inquilini e le inquiline stanno però cercando di utilizzare gli strumenti che hanno in mano. Nei primi sei mesi del 2023 hanno presentato il 42% in più di ricorsi contro l’adeguamento degli affitti rispetto al 2022, ha indicato recentemente l’Ufficio federale per l’edilizia abitativa. Un altro approccio sembra essere quello di provare forme di vita più economiche, ad esempio in case in cooperativa o appartamenti condivisi, compresi quelli intergenerazionali. Secondo la società immobiliare Wüest Partner, in Svizzera sono di nuovo in aumento i nuclei familiari composti da tre e quattro persone, a scapito dei nuclei familiari composti da una o due persone, che in precedenza erano in forte espansione.

Altrove in Europa – Berlino come laboratorio di idee (radicali)

A livello internazionale, molti Paesi si sono trovati ad affrontare aumenti degli affitti ancora più consistenti di quelli svizzeri. Dal 2010, secondo EurostatCollegamento esterno, in media nell’Unione Europea gli affitti sono aumentati del 17%, con un balzo di oltre il 50% in Ungheria, Islanda, Irlanda e Lituania e addirittura punte del 180% in Estonia. Solo in Grecia e a Cipro è stata registrata una diminuzione nell’ultimo decennio, mentre in Italia l’incremento è stato contenuto (meno del 10%). Questo ha portato a diverse iniziative per regolamentare il mercato: le città in particolare hanno dato un giro di vite agli affitti a breve termine tramite piattaforme come Airbnb; alcuni Paesi (come l’Irlanda e il Regno Unito) hanno elaborato una legislazione per porre fine agli sfratti ingiustificati.

In Germania, dove i prezzi degli affitti sono pure in aumento e l’edilizia abitativa è ai minimi storici, il Governo ha recentemente proposto un pacchetto di 45 miliardi di euro per il settore delle costruzioni, che si trova in difficoltà. Il piano prevede inoltre di destinare 18 miliardi di euro ad alloggi a prezzi accessibili entro il 2027. Questo avviene dopo che la misura per fissare un tetto nazionale agli affitti, introdotta nel 2015, è stata facilmente elusa dai proprietari, come riporta la Deutsche WelleCollegamento esterno. Emblematico il caso di Berlino, dove negli ultimi sette anni gli affitti sono aumentati del 44%, mentre i salari solo del 30%.

Il blocco totale degli affitti instaurato nella capitale tedesca nel 2020 ha avuto un impatto negativo sulla costruzione di nuove abitazioni ed è stato successivamente giudicato incostituzionale. Tuttavia, Berlino rimane all’avanguardia quando si tratta di proposte radicali: nel 2021, la maggioranza dell’elettorato cittadino ha sostenuto – in un referendum non vincolante – la proposta di espropriare migliaia di proprietà appartenenti a grandi società immobiliari. L’idea non è ancora stata messa in pratica e sussistono molti dubbi sulla sua fattibilità, anche se un gruppo di esperti ed esperte ritiene che la proposta sia legale.



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