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Dal Nazionale, un “no” e quattro “sì”

palazzo federale
Si è chiusa venerdì la sessione estiva delle Camere federali. Keystone / Alessandro Della Valle

A sorpresa, la Camera bassa del Parlamento elvetico ha respinto le misure d'internamento automatico per gli autori recidivi di reati efferati come omicidi o violenza carnale. Accolte, invece, altre misure riguardanti i criminali minorenni, le vittime di violenza coniugale, i matrimoni tra minori e il telelavoro di frontaliere e frontalieri.

È terminata venerdì mattina la sessione estiva delle Camere federali con una piccola sorpresa: ai voti finali, il Consiglio nazionale ha respinto per 129 voti a 69 le misure riguardanti l’internamento per i recidivi autori di reati gravi.

Nel discutere tale dossier, assieme al diritto penale minorile (adottato invece dal plenum), lo scorso 6 di giugno, il Nazionale si era opposto all’internamento automatico per gli autori di crimini particolarmente efferati, come omicidi o violenza carnale. In aula, l’Unione democratica del centro (UDC, destra conservatrice) aveva difeso questa disposizione.

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Tuttavia, al voto l’aveva spuntata l’argomentazione secondo cui questa norma sarebbe incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con i principi cardine del diritto penale. Bocciando questa revisione, l’esecuzione delle pene nel Codice penale per quanto attiene alle persone condannate all’internamento rimane invariata.

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Dopo questo inatteso “no”, il plenum ha invece approvato (135 voti a 63) l’inasprimento del diritto penale minorile. Concretamente, anche ai e alle minorenni fra i 16 e i 18 anni colpevoli di assassino potrà essere applicato l’internamento. Attualmente, una volta scontata la pena, la persona condannata può essere liberata a 25 anni – quattro anni di pena massima cui si aggiungono le misure di protezione e risocializzazione, ndr – senza che nessuno possa opporsi benché l’interessato possa risultare ancora pericoloso per la società.

Vittime di violenza domestica tutelate

Per quanto attiene agli altri oggetti in votazione, non vi sono state sorprese: i due rami del Parlamento hanno approvato una revisione della legge sugli stranieri a tutela delle vittime di violenza domestica. Ciò significa che una vittima non perderà, a determinate condizioni, il permesso di soggiorno.

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Oggi, dopo un divorzio una donna straniera può rimanere in Svizzera e prolungare il suo permesso di soggiorno solo se l’unione è durata almeno tre anni e lei è ben integrata nella società elvetica. In futuro non dovrebbe essere più così, a patto che la persona in questione riceva assistenza da un centro specializzato, come un rifugio per donne vittime di violenza.

Matrimoni fra minorenni

Nel corso di questa sessione, i due rami del Parlamento hanno trovato una soluzione comune anche per quanto attiene ai matrimoni fra minorenni. Attualmente, la causa di nullità dei matrimoni con minorenni decade quando il coniuge minore compie 18 anni. Con le modifiche di legge contemplate dalla riforma, il termine della sanatoria sarà posticipato al compimento dei 25 anni affinché i diretti interessati e le autorità abbiano più tempo per far dichiarare nulla l’unione.

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Nella Confederazione le unioni forzate sono vietate e quelle effettuate all’estero prima dei 16 anni non sono riconosciute. L’eccezione, voluta dal Parlamento, riguarda i matrimoni all’estero tra i 16 e i 18 anni (consentiti in molti Paesi, come molti stati USA, l’Italia, la Scozia). In questi casi, qualora l’interessato/a sia ancora minorenne al momento del procedimento di annullamento, il giudice potrà effettuare una “ponderazione degli interessi” e decidere che il matrimonio possa essere mantenuto se esiste un interesse prevalente per l’interessato.

Telelavoro di lavoratrici e lavoratori frontalieri

Tra le altre disposizioni approvate definitivamente oggi figura anche la legge sul telelavoro, una normativa resasi necessaria a causa della diffusione di tale pratica allo scopo di impedire l’erosione delle entrate fiscali spettanti alla Confederazione. Le convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevedono infatti che l’attività lavorativa dipendente venga tassata nello Stato in cui si è svolta fisicamente. Il pericolo per la Svizzera è di perdere ghiotte entrate fiscali alla luce anche delle centinaia di migliaia di frontalieri che ogni giorno attraversano il confine per motivi di lavoro.

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Attualmente, per risolvere il problema la Svizzera ha negoziato accordi con l’Italia e la Francia, due degli Stati confinanti che contano il maggior numero di frontalieri. Grazie a queste intese il telelavoro di un frontaliere può continuare a essere imposto in Svizzera fino a un certo limite (in Italia fino al 25% del tempo di lavoro annuale, in Francia fino al 40%). La nuova Legge federale sull’imposizione del telelavoro in ambito internazionale istituisce ora le relative basi legali a livello nazionale.

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