
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
cosa fa un ex direttore scientifico dell'agenzia spaziale NASA una volta che torna a casa in Svizzera? Inizia a lavorare affinché la Confederazione diventi un rinomato centro per la ricerca spaziale, ovviamente! Almeno è quello che ha deciso di fare Thomas Zurbuchen che, dopo 24 anni negli USA, ora lavora al Politecnico federale di Zurigo. Obiettivo Marte? "Sarebbe fantastico", ha dichiarato in un'intervista.
E chissà che non sia proprio la Svizzera a provare l'esistenza di vita extraterrestre, nella quale Zurbuchen crede fermamente: "Scommetto la mia auto: troveremo presto vita extraterrestre".
E voi ci credete al punto da scommettere la vostra auto? Mentre ci riflettete (e ci rifletto pure io…), vi lascio alla lettura delle notizie del giorno.

Il divario salariale resta molto alto in Svizzera: nel 2022, lo stipendio più elevato percepito nei grandi gruppi era in media 139 volte superiore a quello più basso, secondo uno studio del sindacato Unia, che ha esaminato 37 aziende, di cui 34 quotate in borsa.
La disparità rilevata l’anno scorso è maggiore rispetto a quella del 2020 e leggermente inferiore a quella del 2021, ha comunicato oggi Unia. Il leggero calo degli utili delle imprese nel 2022 rispetto al 2021, nel corso del quale sono stati versati bonus eccezionalmente elevati, ha giocato un ruolo.
Tra le aziende considerate, la più forte disparità salariale è registrata dal gruppo farmaceutico Roche, che si trova in cima alla classifica per la quarta volta consecutiva. Il CEO Severin Schwan percepisce uno stipendio di oltre 15 milioni di franchi, ossia oltre 307 volte il salario più basso retribuito nell’impresa. Ciò significa che un/a dipendente di Roche con il salario più basso dovrebbe lavorare a tempo pieno per 25 anni e sei mesi per guadagnare uno stipendio mensile di Schwan. UBS resta in seconda posizione (1:243), mentre ABB occupa ora il terzo rango (1:216). In fondo alla classifica si trovano Migros (1:18), La Posta (1:18), le Ferrovie federali svizzere FFS (1:17) e Coop (1:10).
Nel 2022, con 15 milioni di franchi, lo stipendio annuale del CEO di Roche è rimasto nettamente il più alto. Il CEO di UBS Ralph Hamers si è piazzato al secondo posto con 12,64 milioni e quello di Novartis Vasant Narasimhan al terzo rango con 10,96 milioni. Magdalena Martullo-Blocher è l’unica donna a figurare tra le persone che guadagnano di più. Il suo reddito, alla guida di EMS Chemie, di poco superiore a un milione, è relativamente “modesto”. Tuttavia, Unia sottolinea che lei e le sue due sorelle intascano ogni anno quasi 100 milioni di franchi in dividendi.
- La notizia riportata da RSI NewsCollegamento esterno.
- “La protezione dei salari in Svizzera suscita invidia nell’UE”: un articolo del mio collega Balz Rigendinger.
- Dagli archivi di TVS Tvsvizezra.it: “In Svizzera i salari non sono così elevati come sembrano”.
- Un articolo del mio collega Leonardo Spagnoli sul salario minimo nella Confederazione.

La ministra elvetica della difesa Viola Amherd, che a mezzo stampa ha espresso il suo disappunto per le recenti vicende in seno al gruppo di armamenti Ruag, non esclude che la società possa riservare altre sorprese.
La scorsa settimana la consigliera federale – in seguito a incongruenze emerse in occasione di una riunione straordinaria del CdA di Ruag MRO – ha commissionato un’inchiesta esterna sull’acquisto di 96 carri armati Leopard 1 effettuato in Italia nel 2016 da parte dell’allora Ruag Holding.
Dopo l’acquisto, i mezzi militari sono stati stivati in un deposito, sempre in Italia: secondo Ruag MRO, sarebbero serviti per prelevare pezzi di ricambio. All’inizio del 2023, però, la tedesca Rheinmetall ha presentato una domanda di acquisto con l’idea di rimetterli in efficienza e consegnarli all’Ucraina. Il 13 febbraio è stato firmato un contratto di compravendita con riserva di approvazione da parte delle autorità.
In interviste pubblicate dalle testate in lingua tedesca di Tamedia, Viola Amherd ha affermato che una base di fiducia reciproca è necessaria per portare avanti la collaborazione tra la Confederazione e Ruag. Una fiducia che c’è ancora, “ma ora ho bisogno di sapere esattamente cosa è successo”, ha aggiunto riferendosi agli ultimi avvenimenti. Anche se da un punto di vista puramente giuridico quanto accaduto è legittimo, ha aggiunto, “personalmente, avrei fatto prima una richiesta formale”.
- La notizia riportata da TVS Tvsvizzera.it.
- Il comunicato del DDPSCollegamento esterno sull’apertura di un’inchiesta esterna sui Leopard 1 italiani
- Dagli archivi di TVS Tvsvizzera.it: “Ruag apre un’inchiesta interna dopo le dichiarazioni della CEO”.

Ospizi e case di cura “abbelliscono” troppo la morte: è la conclusione di uno studio che ha analizzato le foto d’agenzia usate da queste istituzioni per promuovere le cure palliative. Un approccio problematico, poiché le scene ritratte danno un’immagine abbellita e irrealistica del fine vita, scrive il Fondo nazionale svizzero (FNS), che ha sostenuto lo studio effettuato nel quadro del progetto “Settings of Dying”, di cui si sono occupati Gaudenz Metzger e Tina Braun dell’Alta scuola di arte di Zurigo.
Una giovane infermiera porge un bicchiere d’acqua a un uomo dai capelli bianchi, si sorridono. Una mano ben liscia ne tiene una rugosa su una coperta. I volantini e i siti Internet degli istituti di cura sono pieni d’immagini simili, ha indicato il FNS in un comunicato.
Le costatazioni di Braun e Metzger sono critiche: le illustrazioni trasmettono una rappresentazione stereotipata del fine vita. Dopo aver analizzato oltre 600 foto i due studiosi sono giunti alla conclusione che le immagini mettono in scena la presenza e l’empatia del personale curante, l’assenza del dolore e l’idea che la morte sia sinonimo di realizzazione e trascendenza, nascondendo completamente numerosi aspetti del fine vita, come il lutto, l’angoscia o ancora il dolore. Niente lascia pensare che le persone coinvolte siano gravemente malate e potrebbero soffrire. Brillano, per la loro assenza, le apparecchiature mediche e tutti gli equipaggiamenti necessari, sottolinea Metzger, citato nel comunicato della FNS.
Gli esperti chiedono dunque che le cure palliative siano presentate in maniera più equilibrata, evitando stereotipi e non escludendo completamente gli aspetti difficili della morte. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Death and DyingCollegamento esterno.
- La notizia riportata dal portale online del quotidiano laRegioneCollegamento esterno.
- Il comunicatoCollegamento esterno del Fondo nazionale svizzero (in francese).
- Dagli archivi di SWI Swissinfo.ch: “Perché l’aiuto al suicidio è ‘normale’ in Svizzera”.

La politica non interverrà nella revoca del dottorato honoris causa conferito a Benito Mussolini dall’Università di Losanna (UNIL) nel 1937. Il Gran consiglio vodese ha respinto una proposta della sinistra radicale per una nuova regolamentazione in tal senso.
Il postulato in questione – bocciato con 83 voti contrari, 43 a favore e 11 astensioni – invitava l’Esecutivo a chiedere all’ateneo di creare una base legale per regolamentare le procedure di revoca dei dottorati honoris causa. Il titolo fu assegnato a Mussolini (che trascorse quasi due anni in Svizzera all’inizio del XX secolo e per alcuni mesi frequentò la Facoltà di Scienze sociali e politiche dell’UNIL) “per aver concepito e realizzato in patria un’organizzazione sociale che ha arricchito la scienza sociologica e che lascerà un segno profondo nella storia”.
Nell’aula del Gran Consiglio, tutti hanno concordato sul fatto che il conferimento del titolo accademico al Duce fu un errore. I partiti di destra e del centro hanno tuttavia sostenuto che l’idea di “cancellare” il passato non è la soluzione. Si tratta di affrontare il passato e di fare i conti con esso, hanno detto diversi deputati. La sinistra chiedeva invece di “correggere un errore scioccante”. L’autrice del postulato, Elodie Lopez, deputata di EP (Ensemble à Gauche et POP), ha ricordato che senza l’approvazione del Consiglio di Stato dell’epoca, il titolo onorifico non sarebbe stato assegnato al dittatore fascista.
Frédéric Borloz (PLR), Consigliere di Stato responsabile per la scuola, ha affermato da parte sua che l’UNIL ha svolto il suo compito di ricordare il passato e ha attuato misure concrete. “Ha fatto un lavoro serio, approfondito e duraturo”, ha detto. Alla fine di giugno 2022, un gruppo di lavoro è arrivato alla conclusione che il conferimento della laurea honoris causa a Benito Mussolini rappresentò un “grave sbaglio” da parte delle autorità accademiche e politiche dell’epoca. “Questo titolo legittima un regime criminale e la sua ideologia. Si raccomanda pertanto a UNIL di riconoscere e assumere la responsabilità di ciò”, si legge in un rapporto di quasi 30 pagine. Il gruppo non ha tuttavia raccomandato la revoca postuma del titolo onorifico, in particolare per la mancanza di una base giuridica e per il fatto che il titolo è “decaduto” con la morte di Mussolini.
- La notizia riportata da RTS InfoCollegamento esterno (in francese).
- Dagli archivi di TVS Tvsvizzera.it: “La lunga ombra del dottor Mussolini”.
- Di un anno fa la decisione dell’UNIL di non revocare il titolo.

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