La ministra Amherd irritata per le rivelazioni sui Leopard acquistati in Italia
La consigliera federale Viola Amherd ha espresso il suo disappunto per le indiscrezioni apparse sulla stampa riguardo il fabbricante d’armi elvetico Ruag.
Per la ministra della difesa non sono escluse ulteriori sorprese riguardo al controverso acquisto di 96 carri armati Leopard 1 effettuato in Italia nel 2016 da parte della Ruag Holding, società che nel frattempo non esiste più.
Proprio la scorsa settimana la consigliera federale ha ordinato un'inchiesta esterna su questa transazione, dopo che erano emerse “incongruenze” nel corso di una riunione straordinaria del consiglio d'amministrazione della società di proprietà della Confederazione.
I blindati erano stati immagazzinati in un deposito in Italia che secondo la Ruag sarebbero serviti per prelevare pezzi di ricambio. All'inizio del 2023 il costruttore tedesco Rheinmetall ha però presentato una domanda con cui chiedeva se i contestati carri armati potessero essere acquistati, allo scopo di renderli operativi e consegnarli alle forze armate ucraine. Il 13 febbraio è stato firmato un contratto di compravendita con riserva di approvazione da parte delle autorità elvetiche.
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Il comportamento dei dirigenti della Ruag non è però piaciuto alla ministra della Difesa. “Da giurista mi ha contrariato", ha commentato Viola Amherd. Benché quanto accaduto non abbia violato disposizioni di legge, ha precisato la consigliera federale vallesana, “avrei personalmente fatto prima una richiesta formale" e solo dopo si sarebbe dovuto procedere alla firma del contratto con la Rheinmetall. IN effetti il Governo svizzero ha successivamente bloccato la transazione.
La fiducia c'è ancora, ha osservato sempre la ministra della Difesa, "ma ora ho bisogno di sapere esattamente cosa è realmente successo", ha aggiunto, anche perché una base di fiducia reciproca è necessaria per portare avanti la collaborazione tra la Confederazione e la Ruag.
Riguardo invece il principio di neutralità la consigliera federale si è detta convinta che non siano necessarie modifiche e, a suo avviso, questo diritto verrebbe comunque rispettato anche se la Svizzera, come si sta delineando, dovesse collaborare più strettamente con la NATO.
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