La televisione svizzera per l’Italia

“Una pizza kebab, danke schön!”

vetrina con scritta pizza fatta con neon rosso
Cucina italiana, questa (s)conosciuta... © Keystone / Christian Beutler

La cucina italiana come è messa in Svizzera interna? Una giornata per le vie di Zurigo a cercare di capirlo.

Italiane e italiani di prima, seconda, terza o quarta generazione sono molto numerosi a Zurigo. Ragione per la quale sono andata nella città più popolosa della Svizzera per vedere com’è messa la cucina italiana. Ho fatto una scoperta: il miglior ristorante italiano di Zurigo è… quello dove si mangia meglio! Cosa vuol dire? Che “de gustibus non est dispuntandum” (trad. “sui gusti non si può discutere”): c’è chi conosce quella autentica e quindi evita di andare al ristorante se non è sicuro al 100% della qualità, ma c’è anche chi mangia combinazioni a dir poco fantasiose. 

Recentemente il ministro italiano dell’agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste si è lanciato in una campagna che vuole combattere l’Italian Sounding, ossia l’uso di nomi e immagini che emulano prodotti italiani senza davvero esserlo. Come? “Riconoscendo, anche attraverso un disciplinare, quelli che sono i veri ristoranti italiani all’estero”. 

Non tutti sanno cosa è veramente autentico

Secondo una 30enne che ho incontrato davanti alla chiesa Grossmünster, il simbolo di Zurigo, in città ci sono tanti ristoranti, più o meno autentici. C’è chi fa cucina italiana, chi la abbina ad altre specialità e chi, a dirla tutta, fa del puro e semplice Italian Sounding, ossia cucina che sembra italiana, ma non lo è. “Per me, che sono svizzera, è difficile differenziare l’autentico e l’imitazione”, mi dice, prima di fare un esempio concreto. Dalla borsa che conteneva il suo pranzo estrae una bottiglia e mi spiega: “Questo è l’Italian Dressing che preparo io. L’ho offerto a una collega (non italiana, ma svizzera come me), che ha tenuto a specificare che la mia salsa per insalata non aveva nulla di italiano”. In effetti, quello che è uno dei condimenti per insalata più diffusi al mondo, di “Italian” ha solo il nome: olio e aceto ci sono, ma a loro vengono aggiunti altri condimenti che non sono per niente tricolore. Resta poi da vedere di che olio e di che aceto si tratta…

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spaghetti in cottura

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La lotta contro la falsa cucina italiana

Questo contenuto è stato pubblicato al Lottare contro l’Italian sounding si può? Lo abbiamo chiesto a Paolo Petroni presidente dell’Accademia Italiana della cucina, e allo chef pluristellato Paolo Rota.

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Anche se non riconosce i ristoranti autentici da quelli d’imitazione, la mia interlocutrice mi dice che comunque non mangia pizze “strane”: niente ananas o pollo al curry sulla pizza, insomma. “Scelgo sempre quelle classiche. Per quanto riguarda la pasta, invece, sono sicura che alcune delle mie scelte al ristorante farebbero rabbrividire uno chef italiano, ma, ancora una volta, non saprei dire cosa viene considerato ‘strano’ in questo contesto poiché non so differenziare l’autentico dall’imitazione”.

L’età, oltre che l’origine di una persona, sembrano influenzare le sue scelte culinarie. Incrocio, in riva al lago a godersi una pausa pranzo al sole, una studentessa di origini straniere. Avrà 20 anni al massimo. Le chiedo se le piace la cucina italiana: “Sì, mangio cibo italiano, mi piace molto. A casa, come tutti, mi capita di fare la pasta, ma mi piace anche andare nei ristoranti italiani”. E la scelta del posto viene fatta, spesso e volentieri, online: “Non scelgo mai a caso: come ormai fanno tutti, vado prima a vedere le recensioni e do un’occhiata al menu. Se sulla carta vedo, per esempio, la pizza kebab, spesso non è un buon segno. Se però il ristorante sembra meritevole di attenzione e che la pizza kebab (o quella Hawaii, con ananas e prosciutto, o la pizza alla Bolognese, per esempio) è l’unica eccezione su un menu che sembra abbastanza ‘in ordine’, do comunque un’occhiata alle recensioni”. È capitato infatti, mi dice, che persone che sono già state nel ristorante in questione scrivano che la qualità degli altri piatti è buona e che basta non scegliere la specialità “strana” per avere comunque una soddisfacente esperienza culinaria. “Ma poi… strana per chi? Alla fine è una questione di gusti”. Sarà… “Comunque, quando sono al ristorante italiano – aggiunge – vado sul sicuro e ordino cose che so che mi piaceranno perché già provate in precedenza. E no: non mi verrebbe mai in mente di ordinare una pizza kebab. Se ho voglia di kebab, mi mangio un kebab”.  

La pizza kebab

E proprio quando stavo pensando che, forse, le idee che ci facciamo sui gusti un po’ così degli svizzero-tedeschi, incontro lui: l’adolescente (15-16 anni) che ordina la pizza kebab dal kebabbaro! Ha la scusante della giovane età, c’è ancora tempo per ravvedersi, penso. La sua scelta non va sulla lahmacun, che è una specialità turca, cugina lontana della pizza, fatta con una base di pane sottile (lo stesso usato per avvolgere il kebab, per intenderci), carne, verdure tritate e spezie e che spesso si trova in questo genere di fast food.

pizza
Pizze… particolari: chi le mangia? E perché? Keystone / Matthew Mead

La mia perla rara – anche se sono convinta che alcune delle persone che ho incontrato durante la mia “missione” lo hanno fatto almeno una volta, ma non lo ammettono – ordina regolarmente la pizza al kebab. “Una margherita normalissima”, mi dice, sulla quale viene aggiunta la sottile carne che siamo abituati a vedere nel panino. A scelta, poi, lo “sventurato” decide se aggiungere insalata, pomodori, cipolle, salse varie e/o patatine fritte: “Io la mangio mit alles (‘con tutto’, ndr)”. Un obbrobrio per i puristi, sicuramente (ho anche l’impressione che la Margherita usata come base non sia fatta con la mozzarella di bufala di Battipaglia), ma una delizia per gli amanti di questa cucina “fusion” (concedetemi il termine).

Una buona scelta, tutto sommato

Una giornata che è stata caratterizzata da un altro incontro che oserei definire cliché: un anziano signore di origini italiane, che vive a Zurigo dagli anni ’70 e che non transige sul cibo. “La vera cucina italiana qui a Zurigo è quella di mia moglie”, afferma con orgoglio. “Non andiamo spesso al ristorante, ma quando lo facciamo, scegliamo sempre lo stesso posto”: la pizzeria tenuta da un amico di famiglia, nella quale si trovano pizza e pasta “buonissimi”, oltre a diverse specialità siciliane fuori carta, che solo i clienti più fedeli hanno l’onore di gustare.

In generale, però, sembra che la qualità che offre Zurigo (e con lei il resto della Svizzera) per quanto riguarda la cucina italiana, sia abbastanza soddisfacente: “Per fortuna qui c’è l’imbarazzo della scelta e con il tempo la qualità dell’offerta è aumentata”, mi dice una signora nata e cresciuta a Zurigo, da genitori italiani. “Ovviamente, non tutti i ristoranti italiani sono allo stesso livello”, aggiunge suo marito, anche lui di origini italiane. “C’è roba scadente anche qua, ma il più delle volte – non sempre, eh! – si rimane piacevolmente sorpresi”. Abbassare le aspettative quindi (forse) aiuta, per non rimanere (troppo) deluse e delusi. 

La vicinanza all’Italia non è una garanzia di qualità

Come mai allora, ero partita con l’idea che avrei trovato ad ogni angolo la pizza Casimir? (Se non sapete cosa è il riso alla Casimir, vi lascio scoprire questa… particolare ricetta a questo linkCollegamento esterno). Sarà che ho visto con i miei occhi una coppia di turisti ordinare al ristorante “Due pizze Diavola [con il salame piccante, ndr] e due cappuccini”. Cappuccini che hanno bevuto mentre si gustavano la pizza. O forse perché nel canton Berna ho mangiato alcune delle più assurde combinazioni d’ingredienti con la pasta (la curiosità, ogni tanto, ci fa commettere errori dei quali poi ci pentiamo). Pregiudizi spesso infondati: personalmente conosco ticinesi che ogni tanto, quando si trovano in Svizzera interna, mangiano in ristoranti italiani nei quali affermano di trovare una migliore qualità rispetto ad alcuni locali in Ticino. Non stento a crederlo: la vicinanza con l’Italia non è automaticamente simbolo di qualità. Io, che di italiano ho molto poco, ma che ho vissuto in Ticino per la maggior parte della mia vita, non riesco a mangiare la pizza ovunque (memore di una Quattro Stagioni ordinata in Spagna alla tenera età di 14 anni e che ancora ricordo con grande dispiacere, complici gli asparagi in scatola che ci ho trovato sopra), e la pasta ancor meno. Posso però dirvi che nemmeno in Italia la pizza è buona ovunque (sul podio della vergogna, insieme alla Quattro Stagioni spagnola, si trova anche una Margherita ordinata a Como, oltre a dei tagliolini ai carciofi mangiati in un grotto ticinese).

P.S.

Una cosa che ho notato, consultando i menu di alcuni locali italiani (o Italian sounding?) di Zurigo è la sempre maggiore diffusione di una scelta vegana. Ed è chiaro che una Margherita tradizionale vegana è un ossimoro. Da questo punto di vista, quindi, trovare una pizza condita con il “pollo” vegetale potrebbe essere accettabile. Certo, meno di una pizza rossa con le verdure, ma chi sono io per giudicare?

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