L'industria metalmeccanica (MEM) svizzera è rallentata nel corso dell'anno e il settore ha perso quasi il 10% delle commesse.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
Nel primo semestre le nuove commesse dell’industria metalmeccanica svizzera sono scese (su base annua) del 9,6%, un calo che è partito nei primi tre mesi dell’anno (-4,8% rispetto allo stesso periodo del 2022) e che ha subìto un’accelerata nel secondo trimestre (-14,3%).
Le esportazioni nei primi sei mesi sono calate dell’1,1%, mentre il fatturato è rimasto sostanzialmente stabile (+0,7%), ha indicato martedì l’organizzazione di categoria Swissmem. “Il basso livello degli indici dei responsabili degli acquisti a livello mondiale e le fosche aspettative degli imprenditori lasciano presagire per quest’anno un secondo semestre difficile”, si legge in una nota. “Si addensano nubi scure”, sintetizza l’organismo.
Il rapido apprezzamento del franco svizzero e gli svantaggi competitivi nei confronti della concorrenza estera, che in alcuni settori beneficia di sussidi per miliardi di franchi, stanno causando problemi alle aziende, mette in guardia l’associazione.
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Il miglioramento delle condizioni quadro per l’industria tecnologica assume quindi un ruolo ancora più importante: “Gli accordi bilaterali con l’UE devono essere garantiti senza dover fare concessioni politiche per le misure di accompagnamento”, scrive l’organismo padronale. A suo avviso sono inoltre necessari nuovi accordi di libero scambio con India, Vietnam, Thailandia e Mercosur.
Il lavoro non manca
Il lavoro, comunque, al momento non manca. L’utilizzo della capacità produttiva delle aziende ha raggiunto l’88,2% nel secondo trimestre del 2023: è stato quindi solo leggermente inferiore a quello del primo trimestre (89,5%) e rimane ancora superiore alla media sul lungo periodo (86,2%). Le ragioni sono da ricercare nel portafoglio ordini delle aziende ancora ben fornito. Questa circostanza si riflette anche sul numero di dipendenti: nel secondo trimestre le imprese del settore avevano un organico di 329’900 persone, ossia 9’000 in più rispetto all’anno precedente.
Notevoli le differente tra i vari rami: l’attività è ancora buona nelle ditte di forniture aerospaziali e in quelle attive nel campo delle tecnologie ambientali ed energetiche, mentre le imprese dei comparti della lavorazione dei metalli, dell’automobile e delle macchine tessili sono sotto forte pressione.
Swissmem non prevede tagli significativi ai posti di lavoro nel breve termine, soprattutto a causa della persistente carenza di lavoratori e lavoratrici qualificate. Il direttore di Swissmem Stefan Brupbacher, si dice comunque molto preoccupato: “Per le aziende dell’industria tecnologica svizzera i prossimi mesi saranno probabilmente difficili”, afferma, citato nel comunicato. “Nella migliore delle ipotesi l’elevato portafoglio ordini contribuirà a colmare parzialmente la flessione fino alla ripresa delle commesse. Alla luce della cattiva situazione economica non si può tuttavia escludere un taglio profondo in molti mercati importanti. Inoltre, l’aumento dei tassi d’interesse a livello mondiale frena la propensione agli investimenti”.
Migliorare le relazioni con i Paesi partner
A livello regionale nella statistica sulle esportazioni spicca l’India: “Molte aziende vogliono diventare meno dipendenti dalla Cina e stanno iniziando a ricorrere all’India come luogo di produzione alternativo”, spiega il presidente di Swissmem Martin Hirzel. Lo sviluppo positivo del mercato indiano non sarà tuttavia sufficiente a compensare la prossima flessione delle commesse. Per questo sono in generale necessarie migliori condizioni quadro, in particolare con l’UE, che – secondo Swissmem – dovrebbe rimanere il principale partner commerciale della Confederazione anche nei prossimi decenni. Le relazioni con Bruxelles, spiega Hirzel, “devono quindi poggiare su una nuova base stabile. Mi aspetto che il Consiglio federale conferisca il mandato negoziale entro la fine dell’anno e concluda i negoziati entro la metà del 2024”.
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