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Quando la pornografia fa paura (ma a chi?)

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Fanno discutere i toni usati nel video di Prevenzione svizzera della criminalità. YouTube/SKPPCS

Una campagna lanciata da Prevenzione svizzera della criminalità per sensibilizzare le giovani generazioni contro il consumo di materiale pornografico sta facendo parlare di sé anche fuori dai confini elvetici. 

Ehi tu! Io ti osservo e so cos’hai fatto ieri: hai guardato un porno! Ahi! Ahi! Ahi! Così non va bene! E ora ti spiego perché… 

No, non stiamo facendo la morale ai nostri lettori e alle nostre lettrici: se siete adulti e il materiale da voi consumato è legale, fate pure. L’apertura di questo articolo riporta esattamente le parole di un video diffuso da Prevenzione svizzera della criminalità (PSC) che si rivolge ai giovani e alle giovani sotto i 16 anni e che vuole dissuaderli dal consumare, produrre e diffondere materiale pornografico. Un’iniziativa lodevole, senza ombra di dubbio. A far discutere, però, sono la modalità e i toni scelti.  

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Una grafica che lascia a desiderare, ma il problema principale non è questo, secondo il canale YouTube “Breaking Italy”, che ha definito “terrificante” questa animazione. Il “tono di minaccia che ricorda vagamente gli horror degli anni ’90 (…) tenta di spaventare e intimidire i minori colpevolizzandoli” e usando la “paura” (ricordando loro che sono punibili se condividono del materiale pornografico con altre persone minorenni) e la “vergogna” (il protagonista del video infatti sottolinea che la polizia “viene a prenderti nella TUA scuola, nella TUA classe, al TUO banco” o anche “viene a casa tua e perquisisce la TUA stanza e chiede ai tuoi genitori scioccati cos’altro combini. Lo vuoi davvero?”). 

Il video, creato in italiano, francese e tedesco, è stato lanciato insieme al sito www.non-va-bene.chCollegamento esterno, sul quale si trova un riassunto dei contenuti, ma anche un blog, nel quale PSC risponde alle critiche che le sono state rivolte. Vengono inoltre fornite delle risposte alle domande più frequenti sul tema del consumo di pornografia da parte dei e delle minorenni e sulla pornografia in generale.  

Lodevole l’intenzione di fondo di voler informare i giovani su un sistema legale che magari non conoscono, ma – sottolinea il volto di Breaking Italy Alessandro Masala – c’è un problema con i toni utilizzati. Quando, per esempio, viene affrontato l’argomento del materiale illegale (video che contengono violenza, pedofilia o zoofilia), si dice al pubblico target che “è orrendo e crudele” (e fin qui siamo tutte e tutti d’accordo). Subito dopo, però si aggiunge che “distrugge le anime. Anche la tua quando guardi queste schifezze”. Una pornografia che è “così ripugnante che solo le persone mentalmente malate guardano simili oscenità”. Ancora una volta: lodevole il messaggio che si vuol far passare, ma i toni sarebbero da rivedere. Una comunicazione, prosegue Masala, “legata a uno stereotipo: la malattia mentale. Stereotipo che è problematico associare alla fruizione di materiale pornografico. A maggior ragione se si utilizza un linguaggio intimidatorio e una musica spaventosa. Questo video è molto ostile verso il porno in generale”.

Il risultato finale, insomma, è che si dà “uno schiaffo metaforico al minore facendolo potenzialmente vergognare per aver visto qualsiasi tipo di porno, magari dannandosi l’anima se si è molto religiosi”. L’architrave del tutto è l’umiliazione: “No. No. L’umiliazione no. Si rischia di fare dei danni importanti. Sono cose delicate”. 

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Infine si parla di sexting: se il testo di leggeCollegamento esterno evita di colpevolizzare chi lo fa, non è così nella campagna di PSC: “Il video con il serial killer che parla con la voce modificata sceglie nuovamente la strada della vergogna”, dice Masala. Vi si dice, infatti, che l’arrivo della polizia a casa o in classe è “più che imbarazzante”. Imbarazzante e “terrificante” è però anche il finale del video, che non vogliamo spoilerarvi se non lo avete ancora visto.  

Risate imbarazzate a parte, conclude Breaking Italy, il problema di fondo è che “si rischia di far passare il messaggio ‘Non fare sexting, non guardare porno, non esplorare la tua sessualità, non fare niente: sei in pericolo’, che mi sembra il contrario del risultato che si vuole ottenere. Sempre che l’intento iniziale fosse quello di educare i giovani e non invece terrorizzarli”.  

Poco convinti anche gli esperti del settore 

Nelle scuole, in occasione delle giornate di prevenzione “non affrontiamo direttamente il tema della pornografia. Nelle scuole elementari, per esempio, parliamo di emozioni che suscita la visione di contenuti pornografici: paura, disgusto o – in alcuni casi – shock”. Reagisce così Lara Zgraggen, pedagoga della Fondazione per l’aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia (ASPI) ospite della trasmissione Il Quotidiano della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI.

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“Nelle scuole medie, invece, parliamo di sexting (invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare, ndr) ed emergono sempre molte domande al riguardo. La curiosità dei ragazzi in questo caso è molto più alta di quella dimostrata nei confronti del tema della pornografia”. La curiosità è tanta, ma la consapevolezza “per quanto riguarda i rischi legali, ma anche e soprattutto quelli emotivi, emozionali e relazionali” è poca.  

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Poca consapevolezza che è dimostrata dai numeri: come spiega PSC, il filmato è stato creato proprio alla luce dell’aumento di denunce sporte nei confronti di minori che hanno violato l’articolo 197 del Codice penale svizzero: nel 2022 sono state 1’000 in tutta la Confederazione.   

La campagna, piaccia o no, sta comunque facendo discutere “e sta portando l’attenzione su una problematica che è reale”, ha aggiunto Zgraggen. Bisogna inoltre considerare il fatto che ci sono “tantissimi ragazzi che subiscono queste immagini. Pensiamo, per esempio, ai video che vengono condivisi sulle chat o a foto intime spedite dal fidanzato o dalla fidanzata. Questi ragazzi e ragazze sono delle vittime e in quanto tali fanno molta fatica a parlarne”. Il rischio, secondo l’esperta, è che il video potrebbe avere un effetto nefasto, “questi giovani potrebbero impaurirsi ancora di più vedendo quali sono le conseguenze legali” anche solo di una visualizzazione non voluta di materiale pornografico. 

La scelta “editoriale” non è stata la più adatta: “Quello che noi vediamo sul campo – dice Zgraggen – è che è molto efficace far passare i messaggi attraverso la voce dei ragazzi, quindi attraverso delle narrazioni. Sarebbe stato interessante – invece di questo personaggio – avere un ragazzo e una ragazza che potevano passare questi messaggi, che sono comunque molto importanti”. 

 L’opinione del pubblico target 

Eppure… l’effetto shock sembra funzionare: “È severo. Si fa capire”, dice un adolescente, interrogato dalla RSI. “C’è modo e modo di far passare i messaggi. Questo è molto forte”, aggiunge un altro. Un modo di comunicare che però non è nuovo: “Anche i genitori quando ti sgridano ti puntano il dito contro”, afferma una ragazza, che aggiunge che “ci può stare”. Anche perché, secondo una sua coetanea, quando (le autorità oppure esperte o esperti, ndr) “vengono nelle scuole per parlare di questo tema, spesso la mettono sul ridere e fanno battutine. Il tono di questo video probabilmente farà si che la gente prenda più sul serio la questione”.  

La polemica è stata lanciata dagli adulti e quindi una domanda sorge spontanea: potrebbero forse non aver capito il messaggio perché non sono loro i suoi destinatari finali?  

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Ci vuole un mediatore 

Dal canto suo PSC ha risposto alle critiche tramite il suo direttore Fabian Ilg: “Abbiamo scelto una figura comica che non esiste nella realtà. Non è un poliziotto, ma una sorta di buttafuori autoritario. Dal nostro punto di vista, parla chiaro, è diretto, e spiega le conseguenze legali in cui possono incappare i minori se guardano o condividono pornografia in internet”.

“Probabilmente non abbiamo comunicato in modo chiaro come deve essere presentato questo video, in particolare nelle scuole”, aggiunge Ilg. “Non va isolato, non va visto fuori contesto, su questo piano effettivamente non c’è stata una comunicazione ottimale, e forse è per questo che è stato travisato”.

Il direttore di PSC fatica, inoltre, a immaginare come possa questa animazione impaurire i e le giovani, come è stato da più parti sottolineato: “Oggi in rete viene condiviso di tutto, anche video ripugnanti, per questo fatico a immaginare che i ragazzi possano avere paura di un cartone animato con un personaggio grottesco”.  

Se l’errore di PSC fosse invece stato solo quello di aver voluto rivolgersi a un pubblico troppo ampio? Lo avevano anche scritto nel comunicato di accompagnamento del lancio della campagna, avvenuto un mese fa: hanno dovuto tenere conto dell’ampiezza d’età del gruppo destinatario e ciò che un bambino di 10 anni potrebbe trovare divertente (o pauroso, alla luce delle discussioni di cui sopra), a un 16enne potrebbe invece apparire ridicolo. 

Cosa diceva Dorian Grey, il più famoso dei personaggi nati dalla mente di Oscar Wilde? “C’è solo una cosa al mondo che è peggio del parlare di qualcosa, ed è il non parlarne”, che negli anni (e in soldoni) è diventata “In bene o in male, l’importante è che se ne parli”. Ed è quello che stiamo facendo.  

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