La liberalizzazione del settore lattiero-caseario a partire dagli anni '90 è responsabile, secondo il presidente di Swissmilk Boris Beuret, di una tendenza che non ci si aspetterebbe nel paese del formaggio: per la prima volta la Svizzera importa più formaggio di quanto ne esporta.
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Le Temps/RTS/gw/mrj
La popolazione elvetica può anche mangiare più formaggio che mai – circa 22,9 kg a persona nel 2022 – ma le aziende lattiero-casearie del Paese stanno scomparendo a una velocità doppia rispetto agli altri produttori agricoli, afferma Beuret in un’intervista pubblicata sabatoCollegamento esterno dal quotidiano Le Temps.
“Per la prima volta, quest’anno importeremo più formaggio di quanto ne esportiamo”, ha dichiarato. “Questo è il risultato di un processo di liberalizzazione iniziato alla fine degli anni ’90 e di più ampia portata rispetto ai cereali o alla carne”.
Dal 2007, quando il mercato dei formaggi è stato liberalizzato, quelli svizzeri hanno perso una quota di mercato nazionale del 12%. Secondo Beuret, il sistema attuale ha raggiunto i suoi limiti. “Se vogliamo soddisfare efficacemente il fabbisogno alimentare della popolazione, dobbiamo continuare a produrre latte in tutto il Paese”, afferma. “Altrimenti, finiremo per importarlo, il che sarebbe un’assurdità economica, sociale ed ecologica”.
I prezzi concordati nei supermercati attraverso un complesso sistema di compromessi non coprono i crescenti costi di produzione per i produttori di latte, rivela Le Temps. Un’inchiesta condotta un anno fa dal giornale in collaborazione con Heidi.news ha mostrato che i maggiori rivenditori del Paese, Migros e Coop, realizzano margini molto elevati su una serie di prodotti lattiero-caseari.
“Sono convinto che consumatori e consumatrici siano pronti a capire che dobbiamo essere adeguatamente remunerati se vogliamo continuare nella direzione [di una produzione sostenibile]”, afferma Beuret.
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