Le donne torneranno in piazza il prossimo 14 giugno per rivendicare la parità e migliori salari e pensioni.
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tvsvizzera.it/mrj
I sindacati elvetici hanno lanciato un nuovo appello per lo sciopero delle donne. Nel 2019 erano scese in strada mezzo milione di persone in tutta la Svizzera per chiedere migliori salari e pensioni e rivendicare la parità. Il 14 giugno 2023 torneranno in piazza. Non tutte le donne, però, condividono queste rivendicazioni e le modalità scelte per farle sentire.
Molte persone considerano che dal 2019 a oggi la situazione non è migliorata, né a livello sociale né a quello salariale. In alcuni casi – come quello dell’età pensionabile, per esempio – la situazione è peggiorata, dicono le organizzatrici delle proteste del prossimo 14 giugno.
Rimproverate le aziende: nel 2020 la metà delle donne sul mercato del lavoro guadagnava meno di 4’470 franchi al mese e, in media, il loro salario resta inferiore a quello degli uomini. Anche perché le donne lavorano più spesso a tempo parziale e in mestieri meno remunerati.
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Argomenti che, però, la parlamentare, imprenditrice e membro di comitato dell’Unione svizzera delle arti e mestieri Diana Gutjar: “Quanto si sostiene non è vero. Per lo stesso lavoro le aziende pagano lo stesso salario. Uomo o donna non fa differenza. In queste statistiche sui salari mancano molti elementi, come le esperienze professionali e dirigenziali, la formazione continua, le conoscenze linguistiche. Sono elementi determinanti quando si deve definire un salario”, ha spiegato ai microfoni della Radiotelevisione svizzera.
Lo sciopero delle donne, ricordiamo, avviene in un anno elettorale (l’appuntamento alle urne è il prossimo 22 ottobre) e organizzatori e organizzatrici sperano che le rivendicazioni della piazza possano arrivare in Parlamento per essere discusse.
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