In Svizzera tonnellate di batterie al litio e rifiuti speciali altamente tossici vengono buttati senza criterio: sono quelli racchiusi e nascosti nelle sigarette elettroniche usa e getta. Una nuova moda che rappresenta una grave minaccia ambientale.
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tvsvizzera.it/mrj
Una volta terminate le sigarette elettroniche usa e getta, la cui moda è scoppiata nell’ultimo anno, è necessario riciclarle in modo corretto, ma non tutte e tutti lo fanno e chi lo fa, spesso non lo fa correttamente.
Colorate, di forme diverse, hanno anche dei gusti molto invitanti (dalla fragola, al cheesecake, dal caramello al Mojito, ce n’è per tutti i gusti). La loro durata è breve: dopo 800-1’200 tiri non si possono ricaricare e devono essere gettate. E qui iniziano i guai. Una sola di queste sigarette può contenere fino a una sessantina di composti chimici diversi: derivati del petrolio, nicotina sintetica, acetaldeide, formaldeide, ma anche metalli preziosi come litio, piombo, cobalto, nichel, manganese.
Milioni di fumatori e fumatrici in tutto il mondo le gettano semplicemente nella spazzatura, ignari e ignare di quello che stanno facendo. Oltre a inquinare, non si rendono conto che mandano in fumo tonnellate di materiali preziosi che, oltre a essere facilmente riciclabili, sono stati estratti dalle miniere dall’altra parte del globo da lavoratrici e lavoratori in condizioni più o meno accettabili.
Per essere riciclati correttamente, questi dispositivi andrebbero buttati con i rifiuti elettronici e in seguito smontati manualmente per dividere i componenti.
Un riciclaggio pagato in anticipo, ma…
In Svizzera, come in altri Paesi, consumatori e consumatrici pagano un contributo anticipato per finanziare il riciclaggio. C’è però chi nutre qualche dubbio sulla gestione di questi contributi. Tra questi, anche il Controllo federale delle finanze (CDF), che ha recentemente pubblicato un rapporto a questo proposito. “Non c’è trasparenza sul riciclaggio degli apparecchi elettronici in generale in Svizzera”, ha dichiarato ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana Stéphanie Lociciro, esperta in valutazione delle politiche pubbliche del CDF.
Sarebbe compito dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) vegliare, ma tutta la filiera è affidata a privati che agiscono su mandato della Confederazione e che non sono tenuti a fornire la totalità dei dati della propria attività.
Il Consiglio federale, dal canto suo, rispondendo a una recente interpellanza, ha dichiarato di non essere “a conoscenza di alcuno smaltimento improprio di questi dispositivi”.
C’è anche da dire che si sa ancora molto poco sulle sigarette elettroniche monouso in Svizzera: non si monitora quante ne vengono importate o vendute ogni anno, né quante tonnellate di rifiuti generano. E senza dati precisi è difficile intervenire.
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