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Da Morcote a Costantinopoli per restaurare Santa Sofia

Santa Sofia, Istanbul.
La restaurazione fu commissionata dal sultano Abdul Majid I. Keystone / Tolga Bozoglu

I segreti celati dalla moschea sono stati scoperti dai due architetti svizzeri che le hanno ridato lustro: la storia di Gaspare e Giuseppe Fossati e la mostra che li celebra.

Crocevia tra Oriente e Occidente, Santa Sofia di Istanbul è un’opera maestosa e il suo affascinante percorso la rende parte della storia cristiana così come di quella musulmana. Oggi il suo nome ufficiale è Grande Moschea Benedetta della Santa Sofia, ma è conosciuta anche come Basilica di Santa Sofia, essendo stata nei primi secoli dalla sua costruzione un tempio cristiano.

In pochi sanno però che, nel momento in cui la struttura ha avuto l’assoluta necessità di essere massicciamente restaurata ristrutturata, a metà del 1800, a prendersene cura sono stati due architetti svizzeri: i fratelli Gaspare e Giuseppe Fossati di Morcote. È a loro che dobbiamo importanti scoperte celate sotto l’intonaco tra gli affreschi della costruzione, come ci racconta nel video sottostante la storica dell’arte Daniela Mondini, professoressa dell’Accademia di Architettura di Mendrisio.

Nati agli inizi del 1800, i fratelli, dopo aver studiato all’Accademia di Brera a MilanoCollegamento esterno, si ritrovarono in quella che allora veniva chiamata Costantinopoli, dove erano andati con il mandato di costruire l’ambasciata dell’Impero russo. Lì, il più giovane, Giuseppe, raggiunse Gaspare, che arrivava da San Pietroburgo, dov’era stato invitato dallo zar.

Incarichi prestigiosi

Dopo aver seguito la costruzione di diverse ambasciate e della prima università dell’Impero Ottomano, nel 1847 vengono incaricati anche di restaurare la principale moschea dell’Impero che, reduce da terremoti e dissesti strutturali, vetusta e traballante, sarebbe altrimenti stata destinata al crollo.

Nel 2021 si è tenuto a Istanbul un evento internazionale per commemorare i due architetti di Morcote. A promuovere l’evento è stata l’ambasciata svizzera in Turchia. Ne avevamo parlato qui.

Montati i ponteggi e iniziati i lavori, i due architetti cominciano, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, a staccare l’intonaco che ricopre le pareti interne. Un lavoro all’apparenza tedioso ma che ha permesso ai due fratelli di scoprire, probabilmente per primi, l’iconografia bizantina che conservava la memoria cristiana del luogo.

La scoperta e il riserbo

Una rivelazione controversa perché svolta nel quadro della restaurazione commissionata nientemeno che dal sultano Abdul Majid I. Il ritrovamento di simboli cristiani, all’interno di quello che all’epoca era uno degli emblemi della religione islamica, non rappresentava certo un vanto. Anzi. Le opere sono quindi state ricoperte.

Gli interni della moschea.
I lavori iniziarono nel 1847. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved

I fratelli hanno però minuziosamente documentato l’iconografia cristiana emersa dalla restaurazione in un paio di centinaia di disegni, oggi conservati nell’Archivio di Stato del Cantone TicinoCollegamento esterno.

Il merito e la beffa

Aspettando l’opportunità di divulgare l’arte sacra senza indispettire le autorità musulmane del posto, gli architetti morcotesi si sono però fatti battere sul tempo. Un architetto prussiano pubblicò infatti una monografia sulla Santa Sofia nel 1854 in cui rivelò per primo l’eredità artistica bizantina.  

L’ironia della sorte sta nel fatto che furono proprio di due ticinesi, durante il periodo dei lavori di ristrutturazione, a condurre il collega ad ammirare i mosaici scoperti. 

L’omaggio di Morcote

La concorrenza, insomma, era spietata già all’epoca. Oggi, tuttavia, il merito del lavoro di Gaspare e Giuseppe Fossati viene riconosciuto, non solo nell’odierna Turchia (vedi riquadro sopra), ma anche nella natale Morcote, dove tornarono nel 1858, sommersi da riconoscimenti internazionali e cariche onorifiche.

Continueranno a lavorare e si occuperanno di altri progetti di notevole importanza, come la sistemazione di piazza Duomo a Milano. Ma anche di iniziative meno incisive, come la loro casa ticinese, adattata ad uno stile dalle influenze arabe.

Il comune natale dei due fratelli, oltre ad esporre una targa permanente sulla dimora di origine, ha organizzato nel corso dell’estate un’esposizione dedicata al loro lavoro a Costantinopoli.

Da un progetto della capodicastero per la cultura di Morcote, l’architetta Caterina Hörtig, nel suggestivo quadro del Parco ScherrerCollegamento esterno sono stati esposti i facsimile delle litografie curate dai Fossati. La mostra, dal titolo «Da Morcote a Costantinopoli. I fratelli Fossati al servizio del sultano»Collegamento esterno, verrà trasferita in autunno dal parco nel centro di Morcote.

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