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Cos’è la “tampon tax” e perché rende le mestruazioni ancor più sofferte

Una donna sistema degli assorbenti formando così un utero.
In Svizzera, i prodotti igienici femminili non godono dell'aliquota ridotta e sono tassati al 7,7%, in Italia si arriva al 22%, in Ungheria al 27%. Keystone / Jagadeesh Nv

Sebbene in molti si stiano muovendo nella direzione opposta, diversi Paesi (tra cui Svizzera e Italia) applicano agli assorbenti femminili un’imposta sul valore aggiunto molto più alta rispetto a quella di prodotti meno indispensabili (come ad esempio il tartufo o anche il viagra).

Il tempo in cui le mestruazioni venivano associate a isterismi e strane credenze è fortunatamente finito, o almeno lo si spera. Una maggiore attenzione da parte della società alle esigenze di genere sta inoltre plasmando la sensibilità attorno a questo tema, di cui si parla sempre di più e di conseguenza lo si conosce meglio. È il momento, quindi, di fare un ulteriore passo avanti, e mettere le donne nelle condizioni di accedere senza troppi sacrifici ai prodotti igienici necessari per affrontare propriamente il periodo mestruale. Sembra essere questa la direzione verso la quale si muove un numero sempre maggiore di Paesi nel mondo.

In molti, infatti, tamponi e assorbenti hanno un costo considerevole essendo tassati – in Svizzera per esempio – con un’aliquota cosiddetta “normale” e non con quella ridotta che si applica a prodotti di prima necessità. L’argomento è molto caldo anche in Italia, dove i prodotti igienici di questo tipo, agli occhi della tassazione, sembrano essere meno indispensabili del tartufo.

Cosa sta succedendo in Italia

In Italia, la cosiddetta “tampon tax” è tornata recentemente in auge in quanto si è deciso di inserire una riduzione dal 22 al 10% dell’IVA (imposta sul valore aggiunto) applicata sui prodotti assorbenti per l’igiene femminile.

La misura non è ancora definitiva in quanto mancano ancora alcuni passaggi del processo politico affinché lo diventi, ma, intanto, è stata inserita nel documento preparatorio per la legge di bilancio (noto anche come DPB, ossia “documento programmatico di bilancio”). Il DPB è stato approvato dal Consiglio dei ministri, tocca poi alla Commissione europea e, nel caso venga confermata la proposta di legge di bilancio, è a quest’ultima che dovrà essere dato il via libera in voto parlamentare.

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Assorbenti più elitari del tartufo

La questione è quindi tutt’altro che risolta. Ma perché l’imposta su questi prodotti crea tante discussioni in così tanti Paesi del mondo? Sostanzialmente perché le mestruazioni sono un processo biologico naturale del corpo, che concernono circa la metà della popolazione umana. Ma assorbenti e tamponi vengono tassati in maniera massiccia, accrescendo quindi il prezzo finale di un prodotto necessario.

In Italia, per esempio, beni alimentari elitari, come lo potrebbe essere il tartufo, godono di un’IVA al 5%, le rane o le pernici sono nella categoria del 10% (la stessa in cui si vorrebbero inserire i tamponi). Ne fanno già parte, tra gli altri, anche le opere d’arte, i francobolli da collezione o la fornitura elettrica e di gas. La tassazione al 22%, per intenderci, è quella che in Italia viene attualmente riservata a prodotti come il caviale, il vino, le sigarette o il carburante.

In Svizzera il ciclo costa ad ogni donna circa 4’500 franchi

E nella Confederazione come siamo messi? Secondo un’inchiesta della Radiotelevisione svizzera in lingua francese RTS, ogni donna spende circa 2’300 franchi per l’acquisto degli assorbenti, cifra che sale a 4’500 franchi se si considerano tutti i costi legati al ciclo mestruale (stima calcolata su un periodo di vita tra i 12 e i 50 anni, i dettagli sul sito di RTSCollegamento esterno).

Questa cifra potrebbe essere un po’ più contenuta non fosse per il fatto che, pure in Svizzera, c’è una sostanziale disparità tra la tassazione applicata sui prodotti considerati necessari e i prodotti di igiene femminile.

Come in altri Paesi, anche da noi il tema è stato trattato sui banchi del Parlamento, ma la procedura politica intrapresa con l’intento di ridurre l’IVA dal 7,7 (aliquota “normale”) al 2,5% (aliquota “ridotta”) ancora non è terminata (qui l’articolo 25 della leggeCollegamento esterno LIVA che definisce quali prodotti appartengono a quale categoria).

Dopo un tentativo nel 2016, quando aveva presentato alle Camere – senza successo – una mozione intitolata “Aliquota ridotta dell’IVA per i prodotti per l’igiene di base del corpoCollegamento esterno”, il consigliere nazionale Jacques-André Maire non si è dato per vinto. Nel 2018 è tornato sull’argomento con un testo più specifico “Riduzione dell’aliquota IVA per i prodotti destinati all’igiene intima femminileCollegamento esterno”, riferendosi in particolare ad assorbenti interni ed esterni e proteggi-slip.

Nel primo caso, l’oggetto non aveva passato lo scoglio della prima Camera e non era stato accolto favorevolmente nemmeno dal Consiglio federale, che aveva stimato – in caso di voto positivo – una possibile perdita di entrate pari a circa 50 milioni di franchi all’anno.

Nel secondo caso, indirizzando la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto dal 7,7 al 2,5% più specificamente ai prodotti femminili, il testo ha trovato l’appoggio del Governo e della maggioranza del Consiglio nazionale (la Camera bassa), che lo ha votato nella sessione di marzo del 2019. Il Consiglio degli Stati, ossia la Camera alta del Parlamento federale, deve ancora esprimersi in merito.

Fiori recisi e viagra sì, tamponi per ora no

In Svizzera, ha fatto notare il deputato Maire presentando la mozione, “fiori recisi, arrangiamenti floreali, strame per animali, eccetera beneficiano di un’aliquota ridotta come i cosiddetti beni di prima necessità”. Dello stesso gruppo fanno parte anche il viagra e, come in Italia, il caviale. “È quindi tempo di correggere le incoerenze per lo meno sorprendenti contenute nell’articolo 25 della LIVA e di porre fine alla disparità tra uomo e donna rispetto al costo della vita”.

Non tutti sono d’accordo

La modifica avanzata da Maire non ha tuttavia trovato l’accordo unanime. Gli argomenti di chi avversa la mozione vertono principalmente su due aspetti: l’eventuale disparità che quest’abbassamento dell’IVA creerebbe nei confronti dei prodotti igienici maschili e il fatto che l’aliquota “normale” attuale sia alta, e richieda quindi troppe eccezioni.

Tra gli scettici figura il consigliere agli Stati liberale radicale Ruedi Noser che, sulle colonne della Neue Zürcher Zeitung, aveva criticato la riduzione della tassa sui prodotti igienici femminili, sostenendo che non siano necessarie nuove eccezioni all’IVA. Al contrario, sarebbe il caso di abolire quelle decise in precedenza e introdurre invece un’unica aliquota più bassa e uniforme a tutti i prodotti. Con ogni nuova eccezione, asserisce Noser, l’IVA diventerebbe sempre più inefficiente e complessa.

“Perché mettere delle tasse di lusso su prodotti igienici mestruali? È vergognoso”. Commenta così Tamara Funiciello, deputata socialista al Consiglio nazionale che sottolinea come prodotti come questi, pur essendo necessari per la salute e l’igiene, vengano trattati come secondari. Riguardo all’eventuale disparità di trattamento – di cui potrebbe essere tacciata la riduzione dell’IVA sugli assorbenti – rispetto a prodotti come rasoi o dopobarba, la consigliera nazionale bernese aggiunge: “Io personalmente abbasserei la tassazione anche su questo tipo di prodotti, anzi sarebbe proprio giusto. Tuttavia, parlare di ineguaglianza è inappropriato. Ci sono esigenze diverse per corpi diversi e non devono per forza essere paragonate. Un’ineguaglianza in tal senso quindi c’è già, esiste”.

“Quello dell’imposta sui tamponi è un argomento necessario così come lo sono i tamponi stessi e, per quanto concerne un’eventuale ingiustizia nei confronti dei maschi, be’, sono corpi diversi e hanno bisogno di prodotti diversi. Ma rendendo meno cari gli assorbenti non si toglie niente al genere maschile”, asserisce Funiciello che aveva anche proposto, così come è stato fatto ad esempio nel canton Vaud (vedi sotto), che il rifornimento di assorbenti e tamponi diventasse gratuito all’interno delle scuole pubbliche del suo cantone.

Una macroeconomia ancora troppo orientata

“Ciò che mi disturba in queste discussioni – aggiunge infine la deputata – è che non si parla mai a sufficienza di classificazione di genere in macroeconomia. Basterebbe guardare a quanti miliardi di imposte pagate dalle donne finanzino ambiti prettamente maschili, come ad esempio tutto l’ambito militare oppure le infrastrutture stradali, malgrado i dati ci dicano che il genere femminile si serva molto più spesso dei mezzi pubblici rispetto agli uomini. Il problema è che dei numeri veri e propri in Svizzera, su queste grandi cifre dell’economia interna, non ne abbiamo perché studi di questo tipo ne vengono fatti pochi. Di fatto, però, lo Stato spende molto di più per gli uomini e quest’abbassamento dell’IVA non va a incidere sulle finanze pubbliche”.

  • Per approfondire: in questo articolo (disponibile in inglese, portoghese, giapponese, cinese e russo), SWI Swissinfo affronta le differenze nella tassazione rispetto a prodotti tipicamente maschili o femminili.

Il resto del mondo

Paesi come Canada, Australia, Irlanda, Libano, Nicaragua, Malesia, Ruanda, Colombia, Giamaica, India, Tanzania, Nigeria, Kenya hanno completamente abolito l’IVA su tamponi e assorbenti. Il Regno Unito l’aveva già abbassata nel 2000 dal 17,5 al 5% e, lo scorso gennaio, si è aggiunto all’elenco precedente eliminandola del tutto.

La più generosa è la Scozia che, pur distribuendo già gratis i prodotti igienici nelle scuole e nelle università, ha fatto un ulteriore passo avanti approvando nel novembre 2020 un provvedimento di legge – il primo al mondo – che prevede l’accesso gratuito agli assorbenti a chi ne ha bisogno. Passi avanti anche in Germania e in Francia dove l’IVA, che su questo tipo di prodotti era particolarmente elevata, è stata portata rispettivamente dal 19 al 7% nel 2019 e dal 20 al 5,5% nel 2015. Sempre nel 2015, in Spagna la tassa è scesa al 4%.

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Se in Svizzera si discute di abbassare il 7,7% o il 22% in Italia, ci sono molti Stati che danno un esempio ben peggiore. In cima alla classifica europea dei Paesi che tassano maggiormente i prodotti igienici femminili c’è l’Ungheria con un’aliquota del 27%. La Danimarca si piazza al secondo posto con il 25%, mentre Svezia, Croazia e Finlandia seguono con il 24%. Dopo l’Italia, come detto al 22, si trovano poi Lettonia, Lituania e Repubblica Ceca con il 21%, mentre la Bulgaria chiude la classifica europea dei Paesi con un’IVA di almeno il 20% proprio con quest’ultima cifra tonda.

Nel marzo di quest’anno, il Parlamento cantonale del canton Vaud ha dato il via libera a un progetto pilota finalizzato a favorire l’accesso della popolazione a questi articoli igienico-sanitari, rendendone la distribuzione gratuita nelle scuole. Per famiglie con redditi modesti si tratta di una spesa importante. Spesa alla quale, tra il 6 e il 10% delle donne fatica a far fronte, è stato sottolineato nel corso del dibattito. Iniziative analoghe sono nate in maniera spontanea anche a Tavannes, nel Giura bernese, o a Ginevra.

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