L’inchiesta italiana sul “pezzotto” si allarga alla Svizzera
Le indagini avviate dalla procura di Catania sui servizi streaming pirata hanno strascichi anche nella Confederazione. Cosa rischiano in Svizzera le persone che fanno capo a queste offerte illegali?
La maxi operazione italiana anti-pirateria sta interessando anche diversi altri Paesi, Svizzera compresa. A questo proposito il Ministero pubblico della Confederazione ha confermato alla RSI che ieri (martedì) una perquisizione su rogatoria è stata effettuata da Fedpol nel Canton Zurigo. L’inchiesta italiana ha permesso di smantellare un’ampia rete che forniva un servizio di streaming pirata, attraverso il quale era possibile guardare a prezzi stracciati i contenuti di diverse piattaforme specializzate, sia in sport sia in film e serie TV. La procura di Catania parla di 2’500 canali sequestrati, per un giro d’affari che annualmente toccava i 3 miliardi di euro e che provocava 10 miliardi di danni alle pay TV.
Pacchetti televisivi visibili via Internet con oltre 400 canali venduti a 10-15 euro. Prezzi stracciati rispetto all’offerta legale dei canali a pagamento. Un business a cui ha messo fine l’operazione internazionale coordinata dalla procura di Catania, condotta in collaborazione con vari Paesi europei, che ha portato alla neutralizzazione di una delle più vaste reti internazionali criminali attive nel settore della pirateria audiovisiva. Un’organizzazione che – stando a quanto comunicato dalla procura di Catania – aveva il suo epicentro nell’est Europa, con diramazioni in vari altri Paesi, come dimostrano gli 11 arresti effettuati dalla polizia croata e le perquisizioni avvenute nel Regno Unito, in Olanda, in Romania, in Svezia e anche in Svizzera nei confronti di un totale di 102 persone.
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Maxi operazione internazionale contro lo streaming illegale
Una rete potente, che poteva avvalersi di una complessa infrastruttura informatica, con circa 22 milioni di utenti finali, che guardavano canali TV, serie, film e soprattutto partite di calcio e altri sport in maniera illegale. Per quanto riguarda l’Italia, sono state effettuate 89 perquisizioni in 15 diverse regioni italiane. L’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente impegnati nel contrasto della pirateria audiovisiva che qui causa danni economici per 7-800’000 euro al settore. Nel luglio 2023 ha approvato una legge: prevede fino a 3 anni di carcere e 15’000 euro di multa.
La testimonianza
Ma come funzionava il sistema basato principalmente su un decoder particolare, chiamato “pezzotto”? SEIDISERA lo ha chiesto a un utente svizzero, che per motivi di privacy ha chiesto di non essere riconoscibile. “La mia è un’esperienza iniziata dopo che tutte le piattaforme hanno iniziato a dividersi i vari sport, le varie partite. Io sono uno che segue il calcio soprattutto e attualmente non riesce a vedere anche solo tutto il calcio italiano su un’unica piattaforma. E da lì che ho iniziato a pensare al pezzotto”, spiega il nostro interlocutore. C’è una questione di comodità, ma soprattutto c’è una questione di prezzi dietro la ricerca di un’alternativa a basso costo, almeno per il nostro intervistato. “Sì, ho avuto vari servizi di streaming a pagamento, però alla fine per il servizio offerto costavano troppo. Veramente una roba spropositata. Cioè, già è caro il servizio di telefonia, TV e Internet normale. Se in più ci vuoi aggiungere pure le partite, perché non sono comprese… È molto caro e per una famiglia normale non è sostenibile. Però almeno una volta i bar e ristoranti le proponevano. Un modo c’era per vederlo. Adesso anche loro hanno questo problema…”.
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Streaming a pagamento, in Svizzera si batte cassa più che altrove
Fatti due conti per chi, come il nostro interlocutore, vuole vedere la serie A e la Champions League, i cui diritti in Svizzera sono in mano a due servizi diversi, il costo può ammontare a 60 franchi al mese, che sono 720 franchi all’anno. Se poi si aggiungono anche film e serie, i costi evidentemente aumentano. E allora c’è chi guarda l’alternativa. “Queste piattaforme offrono non solo le partite ma anche film, le serie dei canali di cinema”. Sarebbe disposto a pagare se i prezzi fossero più bassi? “Certo. Più che altro perché comunque non è una rete stabile. Io quando guardo la mia squadra del cuore, soprattutto quella, vorrei cercare di seguirla senza interruzioni”.
Sembrerebbe dunque che i prezzi siano uno dei fattori centrali. Volevamo sottoporre la questione alle piattaforme attive in Svizzera. Ci ha risposto per ora solo Swisscom, che gestisce la piattaforma blu. Stefano Dellera è il portavoce. “Riguardo i prezzi, questi sono anche molto influenzati dai diritti che vengono richiesti per la diffusione delle partite o di determinati prodotti. Questo non lo possiamo influenzare direttamente. Anche noi ne subiamo l’incremento. Dobbiamo adattare quelli che sono i nostri prezzi dei nostri prodotti”.
La notizia diffusa dal TG 20.00 della RSI del 27.11.2024:
Questione di diritti, dunque. Cari o meno, è un giudizio che ognuno potrà dare. Al nostro interlocutore “anonimo” chiediamo invece se non si sia mai posto il problema di utilizzare un sistema pirata. “Certo, me lo sono chiesto e mi sono informato. Ho saputo che in Italia è illegale, hanno beccato gente, ma in Svizzera no. Se diventasse illegale ci penserei due volte a farlo, perché va bene guardare le partite ma non voglio fare una cosa illegale per guardare una partita”. E poi c’è anche la questione morale, tecnicamente parlando, quei diritti sono rivenduti da gente che li ha rubati. “Sì. In realtà, avendo comunque la mia piattaforma legale, io il mio contributo onesto lo do. Vedo che sicuramente la maggior parte dei club diventano sempre più ricchi, perché i giocatori da milioni loro li comprano. Cioè alla fine non è mica colpa mia, che prendo il pezzotto, se loro non hanno soldi”.
Cosa rischia l’utente finale? Il parere dell’avvocato
Ma è davvero come sostiene il nostro interlocutore? Davvero l’utente finale, in Svizzera, non rischia una condanna penale? SEIDISERA ne ha parlato con un avvocato specializzato in questo settore, Rocco Talleri, con studio a Lugano. “La premessa è che il diritto svizzero, rispetto al diritto europeo, ha una peculiarità, ed è quella che la legge sul diritto d’autore consente la fruizione a uso personale di opere anche protette – spiega Talleri -. Questo fenomeno, tra l’altro, si era già visto, per chi è meno giovane, ai tempi di Napster. Queste piattaforme permettevano di scaricare musica anche protetta dal diritto d’autore e fintanto che l’utente si limitava a consumare la musica, non era passibile di alcuna sanzione”.
RSI: Si diceva che non era reato fino a quando non si condividevano i contenuti….
Rocco Talleri: “Il diritto svizzero di per sé non punisce l’utilizzatore finale. Però il diritto svizzero prevede una serie di misure che sono volte a tutelare le misure tecniche che si possono attuare per evitare la diffusione di programmi o di opere audiovisive. Il diritto svizzero punisce chi viola questi sistemi. Ma perché li viola? Perché vuole importare o diciamo trasmettere o ritrasmettere a sua volta il contenuto illecito”.
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Questo a livello penale però. A livello civile ci sono società, quelle che detengono i diritti legittimi di trasmettere le partite di calcio, che subiscono un danno finanziario. C’è il rischio per i singoli utenti che queste società si rifacciano su di loro?
“Sul singolo no, piuttosto sulle eventuali piattaforme di ridistribuzione. Spesso succede che i fruitori finali si vedono recapitare delle lettere, magari anche confezionate da studi legali o sedicenti tali, che ingiungono loro sanzioni pecuniarie, eccetera. Ecco, il diritto svizzero e ripeto vale solo per la Svizzera, è assolutamente garantista”.
Leggi meno restrittive rispetto al resto d’Europa. La tecnologia avanza. Le chiedo allora se non è il caso di cambiare queste leggi. È giusto o sbagliato secondo lei?
“Guardi il giusto o sbagliato è sempre una questione molto, molto delicata. La Svizzera fa bene a mantenere alcuni principi. Non dico che questo sia da mantenere sine die, ma senz’altro cercare di trovare un equilibrio fra gli interessi, diciamo, dei distributori e quelli dei consumatori”.
Avvocati, fornitori di questi servizi illegali, nei loro canali Telegram già hanno iniziato a commentare la notizia di questa inchiesta, definendola fumo negli occhi. Dicono agli utenti di non preoccuparsi, che è tutto a posto, che è un’inchiesta vecchia… È davvero così?
“Non è fumo negli occhi. Siamo confrontati con una organizzazione criminale. Ci sono importi veramente importanti in gioco. Ci sono sicuramente delle leggi che sono state violate, soprattutto direi anche a livello europeo, a livello di trasmissione. La grande risonanza che si dà a queste notizie, a mio modo di vedere, serve anche per cercare di attenuare il fenomeno. Basta la paura, magari per far desistere qualcuno dal fruire di questo tipo di servizio”.
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