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Processo Eternit, Schmidheiny condannato a tre anni e mezzo in appello

divisa sporca con scritte eternit
La difesa presenterà ricorso. KEYSTONE

La Corte d'Appello di Napoli ha confermato la condanna a tre anni e mezzo inflitta in primo grado all'ex imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny per l'omicidio colposo di uno degli operai dello stabilimento Eternit Italia di Bagnoli, deceduto a causa di una prolungata esposizione all'amianto.

La sentenza è stata resa nota dall’Osservatorio Nazionale italiano Amianto (ONA) in un comunicato. Dal canto suo, la portavoce di Schmidheiny ha già annunciato all’agenzia Keystone-ATS che presenterà un ricorso.

“La sentenza ci conforta un po’, dopo la delusione del primo grado, quando le richieste dei pubblici ministeri sono state in gran parte disattese”, ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, citato nella nota. “Confidiamo che la Corte di Cassazione possa confermare questa condanna – ha aggiunto Bonanni – e quindi rendere giustizia alle vittime e ai loro familiari”.

Da parte sua, la difesa dell’ex imprenditore elvetico ricorrerà contro quella che definisce una “condanna ingiustificata” presso la Corte di Cassazione italiana, ha precisato la portavoce.

Altri sviluppi

La Corte d’appello partenopea ha confermato anche la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno dell’ONA, costituitosi parte civile con l’avvocato Flora Abate. “Il processo – spiega la nota – ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio”.

+ Finisce l’era Schmidheiny

“Gli operai – viene ancora precisato nel comunicato dell’ONA – si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, che si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri presenti sui capelli e sulla pelle”.

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