Passatore condannato a tre anni di carcere
È stato condannato a tre anni di carcere un 27enne gambiano per aver trasportato illegalmente dall'Italia 23 persone a bordo di un furgone. La condanna è arrivata oggi, giovedì, dal Tribunale cantonale di Nidvaldo.
L'imputato è stato riconosciuto colpevole di sequestro di persona e violazione della Legge federale sugli stranieri. Nei suoi confronti è stata anche decisa anche una pena pecuniaria di 120 aliquote giornaliere da 10 franchi. Per l'uomo, residente in Italia, è stata inoltre imposta l'espulsione dal territorio elvetico per dieci anni. La sentenza è definitiva.
Nel 2022, il passatore era stato fermato sulla A2 dalla polizia cantonale di Nidvaldo. All'interno del vano di carico - uno spazio di 5,4 metri quadrati privo di finestre e ventilazione - le autorità avevano trovato 23 rifugiati che stavano tentando di raggiungere un Paese dell'Unione Europea transitando dalla Svizzera.
I migranti, tutti uomini di età compresa tra i 20 e i 50 anni provenienti da Afganistan, Siria, India e Bangladesh avevano viaggiato diverse ore senza sosta all'interno dell'abitacolo stando in piedi.
Visibilmente stremati e in debito di ossigeno
"Al momento del fermo, i rifugiati erano visibilmente stremati", ha sottolineato la procuratrice durante l'udienza. "In debito di ossigeno, hanno tentato di attirare l'attenzione del passatore battendo contro le paretti dell'abitacolo e gridando, ma il conducente non ha reagito", ha aggiunto.
Il presidente del tribunale ha poi domandato all'imputato se fosse consapevole della gravità della situazione poiché questa si sarebbe potuta tramutare in una vera e propria tragedia. Il passatore ha ribadito di non essere stato al corrente del numero esatto di persone all'interno del furgone, aggiungendo che in quel momento non si era reso conto di aver esposto il gruppo di uomini a un pericolo potenzialmente letale.
200 euro per il trasporto
Secondo l'accusa, il passatore avrebbe ottenuto tra i 100 e i 200 euro per ogni trasporto. L'imputato ha dichiarato di aver avuto urgente bisogno di denaro per sostenere le cure di uno dei suoi due figli, il quale soffrirebbe di una malattia cronica. Secondo il ministero pubblico, l'uomo non è stato altro che un "piccolo ingranaggio all'interno di un'organizzazione, per la quale ha corso ingenti rischi per pochi soldi".
L'avvocato difensore ha sottolineato che la privazione della libertà ha avuto un impatto diretto sul suo cliente. Quest'ultimo ha dichiarato di voler tornare a lavorare e stare con la propria famiglia una volta scontata la pena e si è offerto di collaborare con le autorità per combattere il traffico di migranti.
Se volete condividere con noi osservazioni su un argomento sollevato in questo articolo o segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.