La televisione svizzera per l’Italia
L'università di Losanna.

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

oggi l'Ufficio federale di statistica ha fatto sapere che le discriminazioni maggiormente diffuse in Svizzera sono legate alla nazionalità, alla lingua e al sesso.

Dallo studio "Discriminazione e razzismo in Svizzera 2023" emerge anche che il contesto principale in cui matura questo fenomeno, che in genere si esplicita in violenze di tipo verbale e psicologico, è il mondo del lavoro. Quasi quattro vittime su dieci riferiscono che la discriminazione avvenuta sotto forma di esclusione, scarsa considerazione o presa in giro.

Il 36% di queste indica anche casi di violenza verbale, minacce, mobbing od occultamento di informazioni mentre è minore la percentuale delle persone che lamentano violenze fisiche (6%).

Ora però vogliamo parlarvi d'altro, buona lettura.

Ospedale.
KEYSTONE/© KEYSTONE / CHRISTIAN BEUTLER

Le due iniziative popolari sui costi sanitari, su cui si voterà il prossimo 9 giugno, godono per il momento del sostegno di una maggioranza risicata tra la popolazione elvetica, secondo quanto indica il primo sondaggio diffuso dal gruppo radiotelevisivo pubblico SSR. In merito agli altri oggetti in consultazione, la legge sull’approvvigionamento elettrico non è in bilico mentre scarso consenso sta avendo l’iniziativa sui vaccini.

Attualmente il 56% del campione demoscopico interpellato dall’istituto gfs.bern aderisce alla proposta di porre un tetto ai premi assicurativi obbligatori, pari al 10% del reddito disponibile, per venire incontro ai cittadini e alle cittadine che negli ultimi due decenni hanno visto raddoppiare la loro spesa sanitaria. Secondo le e gli analisti però i contrari – attualmente stimati al 40% (gli indecisi sono al 4%) – stanno guadagnando consensi man mano ci si avvicina alla data della votazione e dubitano che alla fine la proposta avanzata dal fronte progressista avrà successo. Anche perché si osserva una spaccatura netta tra germanofoni e latini, un aspetto che rende problematica l’adesione della maggioranza dei cantoni, indispensabile per le iniziative popolari secondo quanto prescrive la costituzione.

Lo stesso vale per l’iniziativa del Centro sul freno ai costi sanitari che impone alle autorità di intervenire finanziariamente nell’eventualità in cui la crescita della spesa superi del 20% l’incremento dei salari. In questo caso lo scarto tra favorevoli e contrari (52% contro il 41% con il 7% degli indecisi) è ancora più ridotto e l’istituto gfs.bern prevede una bocciatura della proposta.

Non sembrano esserci incertezze sugli altri due oggetti. La legge sull’elettricità approvata recentemente dalle Camere federali, che intende promuovere le fonti rinnovabili e garantire l’approvvigionamento energetico nella Confederazione, è condivisa dal 75% delle persone interpellate (il 19% sono contrarie e il 19 sono indecise). Le intenzioni di voto del 70% dell’elettorato sono invece sfavorevoli all’iniziativa “Stop all’obbligo vaccinale”, sostenuta solo dal 27% del campione. Per l’80% delle e dei partecipanti al sondaggio l’integrità fisica e la libertà terapeutica sono principi già ampiamente garantiti dalla Costituzione svizzera.

Redazione di giornale.
KEYSTONE/© KEYSTONE / GAETAN BALLY

La Svizzera è piazzata piuttosto bene nel contesto internazionale riguardo alla libertà di stampa ma, secondo quanto riferisce Reporter senza frontiere (RSF), le norme interne non tutelano adeguatamente le operatrici e gli operatori del settore.

Nella classifica mondiale di quest’anno stilata da RSF il nostro Paese guadagna tre posizioni, piazzandosi all’ottavo posto nel mondo ma l’ong invita a leggere attentamente i dati dai quali emerge che in concreto non vi è stato “alcun reale progresso” in questo ambito. La scalata in classifica, è stato sottolineato, è da addebitare soprattutto all’arretramento in un anno di tre nazioni (Lituania, Timor Est e Liechtenstein) che precedevano la Svizzera e sui cinque indicatori presi in considerazione si registra un leggero calo.

Tra i punti dolenti citati ci sono le norme penali che comminano sanzioni fino a tre anni per inchieste giornalistiche basate su fughe di notizie o furti di dati bancari. Inoltre, nonostante la legge sulla trasparenza, si constatano difficoltà ad accedere ad alcuni documenti presso le amministrazioni pubbliche.

Ai primi posti della graduatoria continuano ad esserci i Paesi nordici: Norvegia che mantiene il primo posto per l’ottavo anno consecutivo, davanti a Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Finlandia. Ma a livello mondiale, osserva RSF, il giornalismo si trova sempre più spesso ad affrontare pressioni politiche che limitano l’autonomia dei media.

  • La notizia riportata da tvsvizzera.it con i dati anche dell’Italia.
  • Sulla libertà di stampa l’esperienza maturata all’interno della redazione di swissinfo.ch. La vicenda personale che ha coinvolto la giornalista franco-russa Elena Servettaz e il racconto della collega Amal Mekki sulla sua battaglia contro il Ministero degli interni tunisino.
  • La notaCollegamento esterno di RSF.
L'università di Losanna.
KEYSTONE/© KEYSTONE / NOEMI CINELLI

Dal tardo pomeriggio di ieri un centinaio di studenti e studentesse hanno occupato uno degli ingressi del campus universitario di Losanna (UNIL) per manifestare a loro solidarietà al popolo palestinese e sensibilizzare le autorità sulla crisi in Medio Oriente.

La dimostrazione si svolge pacificamente ed è tollerata dai dirigenti universitari: ieri il rettore ha incontrato le e i dimostranti, instaurando un dialogo sulle loro richieste (una decina di manifestanti ha pernottato nell’edificio).

In particolare le e i militanti, che non intendono ostacolare la regolare prosecuzione dell’attività didattica e di ricerca nell’ateneo, rivendicano il boicottaggio, da parte delle università elvetiche, delle istituzioni israeliane e la tregua immediata a Gaza.

Intanto la questione palestinese è rimbalzata anche presso il Politecnico federale della città vodese (EPFL). In proposito l’associazione femminista Polyquity ha criticato la decisione dei vertici universitari di sospendere l’organizzazione di eventi nel campus dopo che si è tenuta martedì scorso una conferenza sul Medio Oriente.

Medvedev.
KEYSTONE/Sputnik

La Conferenza sull’Ucraina che si terrà a metà giugno al Bürgenstock (Nidvaldo) continua a far discutere, in particolare per le continue critiche provenienti da Mosca. L’ultima, in ordine cronologica, è giunta dall’ex presidente russo Dmitry Medvedev, personaggio noto per le sue dichiarazioni poco diplomatiche.

Costui, riferendosi all’incontro del prossimo mese, ha voluto ringraziare la Confederazione, definita “paese del formaggio e degli orologi”. Per il politico vicino a Vladimir Putin, l’appuntamento internazionale sul Lago dei Quattro Cantoni avrà il merito di fornire “un’altra prova del crollo del cosiddetto piano di pace dello stupido Zelenski” e della ” totale impotenza delle attuali élite occidentali”.

Inoltre, ha continuato su Telegram l’attuale vicesegretario del Consiglio di sicurezza russo, consentirà alle forze russe di “continuare a ripulire il territorio della Piccola Russia dai neonazisti senza interferenze o riguardo per le (…) cosiddette ‘iniziative di pace’ di qualcuno”.

Proprio ieri il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto di non capire “che tipo di pietra miliare sia questa conferenza di pace.  Che genere di conferenza seria, con aspettative serie, di che tipo di risultati si possa parlare senza una partecipazione russa. È assolutamente impossibile”.

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