La simbologia nazista va vietata comunque e sempre
I simboli che si riferiscono al nazismo vanno vietati. A questo scopo occorre una base legale a sé stante che vieti e punisca l'utilizzo in pubblico, nel mondo reale e in quello digitale, di simboli del nazionalsocialismo.
È quanto chiede una mozione dell’argoviese Marianne Binder approvata a larga maggioranza giovedì dal Consiglio nazionale, benché il Consiglio federale chiedesse di respingere l'atto parlamentare.
Con la sua mozione, l'argoviese chiede una base legale che vieti l'utilizzo di simboli noti del nazionalsocialismo, in particolare gesti, parole, forme di saluto, emblemi e bandiere, nonché oggetti che rappresentano o contengono tali simboli quali scritti, registrazioni sonore o video oppure raffigurazioni
Secondo la consigliera nazionale, una norma penale riferita unicamente all'Olocausto è giustificata poiché la storiografia ha estesamente descritto il nazionalsocialismo come crimine contro l'umanità unico nel suo genere. In tempi di crescenti manifestazioni di antisemitismo è inoltre chiara ed evidente la necessità di un intervento per vietare le relativizzazioni pubbliche di questo crimine.
+ Voci sempre più insistenti chiedono il divieto dei simboli nazisti.Link esterno
Il Consiglio federale era contrario alla mozione. È vero che la norma penale antirazzismo punisce chiunque propaghi pubblicamente un'ideologia intesa a discreditare o calunniare sistematicamente persone per la loro razza, etnia, religione o per il loro orientamento sessuale, tuttavia, sono le circostanze concrete a determinare se si tratta di un atto di propaganda.
Sempre il governo ritiene che la libertà di espressione non valga in maniera assoluta, ma stando alla giurisprudenza del Tribunale federale occorre tuttavia accettare che possano essere espresse anche opinioni disturbanti, seppur intollerabili per la maggioranza.
Se volete condividere con noi osservazioni su un argomento sollevato in questo articolo o segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.