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Come migliaia di chip “elvetici” finiscono ancora in Russia

microchip
Malgrado le sanzioni, microchip Made in Switzerland finiscono ancora in Russia. Keystone / Alessandro Della Bella

Entità sotto sanzione e spedizionieri esteri nelle black list: così va avanti il flusso verso Mosca di tecnologia svizzera vietata. Lo dimostrano documenti analizzati dalla RSI.

Fuori dalla porta c’è appiccicato un foglio A4 con lo scotch, sopra si legge stampato il nome dell’azienda in cirillico: “Ural Telecom Systems”. Siamo al terzo piano di un palazzo in pieno centro a Ekaterinburg, città russa degli Urali conosciuta per il suo polo industriale e anche militare. È da questa azienda, dietro alla quale si cela in realtà un altro nome, che passa circa un terzo di tutte le importazioni di prodotti della Traco Power, società di Baar attiva nei sistemi elettronici. I suoi semiconduttori sono stati già ritrovati nelle armi russe.

Washington a Berna per discutere di sanzioni

Questo è solo uno dei tanti casi che abbiamo scoperto nella nostra ricerca. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, la tecnologia occidentale ed elvetica è diventata estremamente importante per l’esercito di Vladimir Putin, che tenta in ogni modo di procurarsela nonostante le sanzioni. Il materiale è indispensabile soprattutto per missili, sistemi di comunicazione e droni, come avevano evidenziato diversi report effettuati da alcuni think thank internazionali indipendenti tra i quali il Royal United Services Institute (RUSI) e il Conflict Armament Research (CAR).

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Per limitare la produzione di armamenti anche la Svizzera ha aderito alle sanzioni e limitare del tutto questo approvvigionamento è un obiettivo capitale per USA e i suoi alleati, ma al contempo difficile. Un obiettivo cruciale e difficile tanto che due settimane fa Brian Nelson, sottosegretario per il terrorismo e l’intelligence finanziaria statunitense si è recato a Berna per colloqui con le Autorità federali.

Secondo il portavoce della Segreteria di Stato dell’economia Fabian Maienfisch – da noi interpellato – l’incontro è stato “estremamente costruttivo e rispettoso”. È stato ulteriormente sottolineato “l’obiettivo comune” di “un’efficace attuazione delle sanzioni, questo sebbene la Svizzera non abbia aderito alla task force internazionale” aggiunge Maienfisch.

Tuttavia, la RSI è in grado di dimostrare che prodotti altamente tecnologici di aziende elvetiche sono finiti ancora verso Mosca. Grazie all’accesso a banche dati doganali, abbiamo spulciato e analizzato decine di documenti scavando tra società fantasma sanzionate dalla Confederazione, e spedizionieri esteri finiti nella blacklist internazionali.

In un servizio di Falò, in collaborazione con la cellula d’inchieste RSI, avevamo inoltre già documentato la presenza di microchip svizzeri in droni russi.

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militari con droni

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Via Hong Kong o Istanbul, come si eludono le sanzioni

I prodotti della Traco Power, come detto, sono arrivati in Russia anche dopo la guerra. Da marzo 2022 – cioè dopo le sanzioni adottate dalla Confederazione – sino ad agosto 2022 – dati a nostra disposizione – abbiamo ritrovato oltre mille spedizioni di prodotti Traco Power verso Mosca, per un totale di 22’600 franchi di merce. Si tratta soprattutto di convertitori elettronici e sistemi di microchip. Un rapporto di febbraio scorso della Commissione indipendente dell’Anticorruzione dell’Ucraina (Nako) evidenziava come questi sistemi dell’azienda di Baar erano stati ritrovati in alcuni sistemi di comunicazione russi utilizzati in Donbass.

La maggior parte delle spedizioni sono effettuate da società di import-export cinesi e turche. Tra le maggiori la “BRK Logistics Transportation and Trade Limited Company in Transit Transaction” e la “Smart Trading Tasimacilik San Ve LTD”, entrambe con sede a Istambul, in Turchia. Quest’ultima recentemente sanzionata dagli Stati UnitiCollegamento esterno.

estratto registro
La “Ural Telecom Systems” cambia nome a novembre scorso. Registro di commercio russo

Il destinatario principale in Russia è appunto la “Ural Telecom Systems”, che ha importato circa un terzo delle oltre mille spedizioni dei prodotti della Traco Power. La “Ural Telecom Systems” – leggiamo sul suo sito – “è specializzata in sdoganamento e fornisce consulenza per componenti elettroniche dei prodotti più noti”. Creata nel 2019 a Ekaterinburg, uno dei suoi fondatori ha registrato a suo nome un’altra entità russa attiva nell’elettronica: la “GetChips”; questa è stata recentemente messa sotto sanzione in Ucraina.

Ora la “Ural Telecom Systems” ha un altro nome. Infatti, a registro di commercio da novembre scorso, cioè da quando è subentrato un nuovo Ceo, viene registrata come “Power Telecom”. Non sappiamo il motivo dietro questa operazione. Ciò che si sa è che a seguito della guerra le sue entrate sono cresciute notevolmente. L’azienda è monitorata dal Ministro degli esteri ucraino e dall’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzioneCollegamento esterno, ma non è ancora stata sanzionata da nessun Paese.

Da noi interpellata, la Traco Power ci risponde di aver “immediatamente sospeso tutte le spedizioni e i rapporti commerciali verso la Russia, compresi quelli attraverso Paesi terzi”. “Tutti i nostri canali di vendita autorizzati – continua – sono stati chiaramente informati. I prodotti Traco Power, che sono stati utilizzati per qualsiasi scopo in Russia, non possono provenire dalla nostra azienda dal 28 febbraio 2022, data in cui sono entrate in vigore le sanzioni UE”. Tuttavia, come abbiamo rilevato, i suoi prodotti sono arrivati in Russia da Paesi terzi anche dopo il divieto di esportazione.

Quei chip elvetici che possono finire su testate nucleari

E in Russia, anche in questo caso via paesi terzi, sono stati importati prodotti di un’altra azienda con sede in Svizzera: la “STMicroelectronics”, la multinazionale franco-italiana leader del settore dei semiconduttori la cui sede legale è a Ginevra. I suoi semiconduttori sono stati ritrovati su parecchie armi russe come, ad esempio, i missili Kalibr o Iskander, quest’ultimi possono addirittura portare testate nucleari e stando al Cremlino potrebbero presto essere spostati in Bielorussia. E i flussi continuano.

Nelle banche dati doganali da noi consultate da marzo ad agosto 2022, sono almeno 6’700 le spedizioni verso la Russia dei prodotti dell’azienda. Il prezzo totale dei cargo è pari a 412’000 franchi. Come possiamo leggere dalla dicitura doganale si tratta per lo più di “transistor e semiconduttori nonché circuiti monolitici elettronici integrati”.

Il maggiore importatore di prodotti STMicroelectronics è ancora l’azienda russa “Ural Telecom Systems”. Ma, cosa interessante, tra le aziende importatrici ci sono anche entità russe sanzionate dalla Svizzera come la “SMT iLogic” sotto sanzione dal 29 marzo 2022. In tutto sono circa un centinaio le spedizioni ad essa indirizzate. La società sarebbe legata a un’altra società russa, la “Special Technology CenterCollegamento esterno” (STC) di San Pietroburgo, impresa produttrice di armamenti per l’esercito russo, soprattutto i droni Orlan, sanzionata anch’essa da molti Paesi occidentali.

“Non abbiamo più operazioni in Russia”

Abbiamo chiesto una reazione alla STMicroelectronics, che ci precisa via mail di aver attuato “un programma completo di conformità del commercio globale che rispetta tutte le norme e i regolamenti del commercio internazionale […] ciascuna parte della nostra catena di fornitura – continua l’azienda – comprende la propria responsabilità di rispettare le leggi e le normative applicabili. E dalla fine di febbraio 2022, abbiamo intrapreso azioni per rispettare i requisiti specifici di molteplici pacchetti di sanzioni e misure di controllo. Come il rafforzamento dei requisiti di conformità per tutti i nostri canali di vendita, inclusa la vigilanza contro l’evasione delle sanzioni e la deviazione delle spedizioni”.

Dall’ovest all’est non solo coltelli, ma anche semiconduttori

Nonostante ciò, dalle indagini RSI emerge che i suoi prodotti sono indirizzati anche a un’altra entità russa sotto sanzione in Svizzera: la “Vest-Ost”, anch’essa ha sede nella città di Ekaterinburg dove è stata fondata nel 2009. Dal registro di commercio russo possiamo leggere che l’azienda ha quale ragione sociale “la vendita all’ingrosso di mobili, articoli per la casa, coltelli e prodotti in metallo”. Tuttavia, si dimostra essere un distributore di apparecchiature informatiche e telecomunicazioni, come abbiamo scoperto grazie a un’analisi open-source tramite il sito web.archive.org che recupera pagine web oggi non più accessibili.

La “Vest-OstCollegamento esterno”, inoltre, è finita nel mirino degli Stati Uniti il 17 aprile scorso quando è stata inserita nella lista nera dell’Ufficio dell’industria e sicurezza. Questo – leggiamo sul sito del Dipartimento del commercio americano – “per aver tentato di eludere i controlli sulle esportazioni e aver acquisito o tentato di acquisire articoli di origine statunitense (e occidentale) a sostegno della industria militare e/o della difesa della Russia”. Nello specifico – spiega il Dipartimento – “questa azienda ha continuato a procurarsi o tentato di procurarsi articoli per conto di entità russe che sono state sanzionate dopo l’invasione russa dell’Ucraina”.

Gli USA reagiscono con misure secondarie

Un fenomeno ampio e difficile da contrastare quello dell’elusione delle sanzioni attraverso società di paesi terzi che non aderiscono alle misure occidentali. Per questo gli Stati Uniti stanno reagendo con ulteriori misure, le cosiddette “sanzioni secondarie”. Nella lista del Dipartimento del commercio ad aprile scorso sono state inserite molte altre entità turche e cinesi, tra cui la “King-Pai Technology” con sede a Hong Kong. Ed anche questo spedizioniere asiatico ha inviato in Russia dopo le sanzioni merce elvetica vietata.

Per gli Stati Uniti, la “King-Pai TechnologyCollegamento esterno” ha fornito materiale a più entità nel complesso militare-industriale della Russia, tra cui la Radioavtomatika, una filiale di Rostec, specializzata nell’approvvigionamento di articoli stranieri per l’industria della Difesa russa. Secondo il Tesoro statunitense “la microelettronica fornita da King-Pai ha applicazioni di difesa che includono sistemi di guida per missili da crociera”. La RSI ha ritrovato almeno 106 spedizioni relative a chip della “STMicroelectronics” inviate in Russia dalla King-Pai, molte di queste erano indirizzate proprio alla sanzionata “Vest-Ost”. Ma non è finita qui.

Perché oltre 500 spedizioni sono state effettuate da due altre aziende di import-export cinesi sanzionate dagli Stati UnitiCollegamento esterno  (la “STK Collegamento esternoElectronics Co. Limited” di Hong Kong, e la Sinno Electronics Co. Limited). Sanzionate anch’esse “per aver fornito supporto alla base industriale militare e di difesa della Russia e per aver continuato a stipulare contratti per la fornitura di parti quotate e sanzionate da entità russe dopo l’invasione russa dell’Ucraina.”

Sempre al terzo piano a Ekaterinburg

Anche i prodotti di un’altra azienda svizzera, anch’essi ritrovati in Ucraina su alcuni tipi di sistemi elettronici usati dall’esercito del Cremlino, sono continuati a fluire verso la Russia dopo le sanzioni. Stiamo parlando della “Te Connectivity” multinazionale svizzero-statunitense con sede principale a Sciaffusa. I dati da noi consulatti mostrano che da marzo ad agosto dell’anno scorso sono state oltre 7’800 le spedizioni, per un totale di oltre 116 mila franchi, soprattutto relativi a elementi di connessione o apparecchi e impianti elettrici.

E anche in questo caso torniamo al terzo piano del palazzo in centro a Ekaterinburg, visto che uno dei maggiori destinatari – tra gli altri – è la “Ural Telecom System”. Abbiamo cercato risposte presso la TE Connectivity, che ci risponde che “tutti i controlli sulle esportazioni si applicano alle sue attività a livello globale e ha pienamente rispettato tutte le sanzioni imposte alla Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina”. A partire da marzo 2022 “si impegna inoltre nella sua politica di non effettuare spedizioni dirette o indirette dei suoi prodotti verso Mosca, e continuerà a comunicare questa politica con i partner di distribuzione e si aspetta che questi si conformino”.

Il GPS russo da San Gallo a Mosca

A finire in Russia sono stati anche i prodotti della NVS Technologies Ag, 18 le spedizioni totali per 90 mila rubli (circa 9’000 franchi) di merce, Quasi tutti i prodotti sono passati da spedizionieri cinesi. Tra questi – leggiamo nella dicitura doganale – non ci sono solo microchip, ma anche apparecchi di radionavigazione e radar marini. Tra i destinatari finali figurano anche entità russe sanzionate come la “STM iLogic” legate al settore della Difesa del Cremlino, ma anche la “TestkomplektCollegamento esterno” recentemente sanzionata dall’Ucraina.

La NVS Technologies è un’azienda con sede a Oberriet comune di ottomila abitanti nel canton San Gallo, fondata nel 2004 da un cittadino di origine russa e attiva nella progettazione e vendita di sistemi e componenti elettronici. Il CEO è anche il co-fondatore della KB Navis, azienda russa con sede a Mosca – sotto sanzione in Ucraina – che controlla la NVS Telematic System, leader nella progettazione di prodotti che utilizzano segnali GLONASS (il GPS russo) ora usato dall’esercito del Cremlino soprattutto per missili e droni.  Da un documentoCollegamento esterno pubblico la KB Navis avrebbe concluso 106 contratti con il Governo federale russo, tra cui il settore della Difesa. Salvo Kiev, nessun altro Paese ha sanzionato queste aziende.

La NVS Technologies, da noi contattata, ci risponde in generale “di aver aderito a tutte le normative e di aver implementato un rigoroso programma interno”, ma anch’essa non ha mai risposto alle nostre domande più specifiche, cioè se è davvero a conoscenza di questi invii effettuati da spedizionieri esteri anche dopo le sanzioni, se sta vigilando approfonditamente su queste entità terze e se prenderà ulteriori misure per aumentare la “due diligence” interna.

Nessuna inchiesta in Svizzera per violazione delle sanzioni

Alle nostre domande relative a come le sanzioni vengono eluse tramite Paesi terzi la Segreteria di Stato dell’Economia ci aveva risposto durante l’inchiesta di Falò che “la Russia, ma anche l’Iran, al momento, stanno acquistando i loro prodotti tecnologici per scopi militari. E ci sono molti Paesi che non hanno misure, soprattutto contro la Russia. Anche questa è una sfida per la SECO: effettuare controlli sulle esportazioni, per evitare che i prodotti svizzeri vengano dirottati da Paesi terzi e poi diretti in particolare verso Mosca” ci aveva spiegato Jürgen Boehler, responsabile Controllo delle esportazioni/Prodotti industriali della SECO.

Secondo lui però “è anche responsabilità dell’esportatore svizzero conoscere il proprio cliente. Anche se per prodotti di massa come i chip è quasi impossibile da riconoscere il vero destinatario finale”. Tuttavia, le aziende svizzere hanno delle responsabilità. Infatti, spiega Boehler “è chiaro che se un’azienda elvetica fa affari vendendo beni prodotti in Svizzera e sapendo che la destinazione finale è la Russia oppure l’Iran, questo è vietato”. Se ha dubbi, la Seco può segnalare le presunte violazioni al Ministero pubblico della Confederazione che farà le sue indagini. In caso di violazione la Legge sugli embarghi prevede: la detenzione fino a un anno o con la multa fino a 500 000 franchi. Nei casi gravi, la pena è la detenzione fino a cinque anni.

Da noi contattata la Procura federale ci spiega che “Non è stata finora presentata alcuna notifica di apertura di un procedimento in relazione alle sanzioni contro Russia, ma è stata effettuata una notifica in relazione alla consegna di merci proibite in Ucraina. Dopo aver esaminato la denuncia, si è deciso che l’apertura di un’inchiesta penale fosse ingiustificata e che eventuali violazioni delle sanzioni siano di competenza della SECO. Ad oggi sono attualmente in corso vari chiarimenti, per i quali non si possono dare ulteriori informazioni”.

La questione della violazione delle sanzioni in ambito tecnologico e dual use era già diventata politica lo scorso settembre con un postulatoCollegamento esterno della consigliera nazionale ginevrina Stefania Prezioso Batou e non è detto che nuovi atti parlamentari non possano essere depositati a breve. Una questione cruciale che fa discutere anche in Europa.

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