Bocciato fondo da 15 miliardi per esercito e aiuti all’Ucraina
La creazione di un fondo ad hoc da 15 miliardi per l'esercito e la ricostruzione dell'Ucraina è stata respinta lunedì dal Consiglio degli Stati con 28 voti contro 15 e 2 astensioni.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
L’idea partorita da un’alleanza fra il Centro e la sinistra di creare un fondo ad hoc da 15 miliardi di franchi – non sottoposto al freno all’indebitamento – per l’esercito e la ricostruzione dell’Ucraina è stata bocciata lunedì dal Consiglio degli Stati e il dossier è liquidato.
La mozione presentata dalla maggioranza della Commissione della politica di sicurezza della Camera dei Cantoni (CPS-S) è stata respinta per 28 voti a 15 e 2 astensioni. I motivi del “no”? Nonostante il peggioramento della situazione sul fronte della sicurezza in Europa, ha spiegato la CPS-S, non sussiste alcuna urgenza di attribuire alle forze armate ulteriori mezzi per recuperare le lacune del passato accumulando nuovi debiti che peseranno sulle generazioni future. Inoltre, per quanto concerne la ricostruzione dell’Ucraina, è al momento troppo presto per prendere delle decisioni al proposito, tanto più che la Svizzera al riguardo sta già facendo abbastanza (finora sono stati spesi due miliardi di franchi).
Situazione geopolitica tesa
Per i favorevoli alla mozione, come la rappresentante argoviese del Centro Marianne Binder-Keller, che ha parlato a nome della commissione, bisogna agire con urgenza poiché la situazione sul fronte della sicurezza a causa dell’aggressione russa all’Ucraina si sta deteriorando rapidamente. La Svizzera non è risparmiata: da tempo si registrano attacchi ibridi sempre più frequenti contro la Confederazione, ha detto.
Più solidarietà con l’Europa
Una riflessione ripresa dalla socialista solettese Franziska Roth, secondo cui la Svizzera sta facendo troppo poco per l’Ucraina, mancando ai suoi doveri di solidarietà con questo Paese e con l’Europa. Riparare le infrastrutture distrutte consentirà almeno agli ucraini di condurre una vita dignitosa, evitando ulteriori ondate di profughi.
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Il socialista ginevrino Carlo Sommaruga, seppur rappresentante di un Cantone che ha sempre dimostrato un certo scetticismo se non ostilità nei confronti dell’esercito come da lui stesso affermato in aula, ha anche lui sostenuto la mozione, anche per evitare tagli ai mezzi destinati all’aiuto allo sviluppo. Un “no” alla mozione, ha detto, costringerà il Consiglio federale, per sostenere l’Ucraina, a tagliare nei finanziamenti destinati ai Paesi più poveri, quelli del sud del mondo, dove si soffre la fame.
Non c’è urgenza
Per gli oppositori, tra i quali diversi esponenti del Centro, nonostante la serietà della situazione a livello geopolitico, non vi è alcuna urgenza che giustifichi un aggiramento del freno all’indebitamento. Questo, hanno sottolineato, è frutto di un compromesso trovato in commissione e definito da diversi oratori, con un certo disprezzo, “mercato delle vacche”. A nome della minoranza della commissione, che chiedeva di respingere la mozione, l’urano liberale radicale Josef Dittli ha messo in dubbio la costituzionalità del fondo, poiché “mischia” due temi che non hanno nulla in comune, facendosi beffe del freno all’indebitamento. Un’elusione di questo strumento è possibile sono in casi di crisi imminente come è stato durante la pandemia di coronavirus, un fenomeno che ha obbligato il Governo ad agire in questo caso, sì, con urgenza, indebitandosi.
Preservare le generazioni future
Dal canto suo il liberale radicale glaronese Benjamin Mühlemann ha sostenuto che il freno all’indebitamento è anche uno strumento che impedisce di trasferire alle generazioni future montagne di debiti. Aggirarlo per i motivi addotti dai fautori, ha detto, significa compiere un’azione antisociale.
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Per quanto riguarda l’Ucraina, il vodese liberale radicale Pascal Broulis ha rammentato che la Svizzera ha già speso due miliardi di franchi per aiutare la popolazione. Non è vero, insomma, che non abbiamo fatto nulla o troppo poco, ha sottolineato il senatore, tanto più che il Governo elvetico ha già affermato di voler destinare a questo Paese 5 miliardi per la ricostruzione.
Non finanziabile
La presidente elvetica Viola Amherd, a nome del Consiglio federale, ha chiesto di bocciare la mozione. Benché il Governo sia del parere che, sotto il profilo della politica di sicurezza, occorra ripristinare in tempi brevi la capacità di difesa dell’esercito, in considerazione della difficile situazione finanziaria è stato stabilito di aumentare le uscite per le forze armate all’1% del PIL entro il 2035. Aumentare le spese in maniera più rapida, ha sottolineato la ministra della difesa, non è possibile rispettando quanto previsto dal freno all’indebitamento. Questo prevede che per la costituzione di un fondo regolato disciplinato da una legge speciale come richiesto dalla mozione occorre un contro-finanziamento ordinario tramite risparmi o maggiori entrate (ossia maggiori imposte, ndr).
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