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Elezioni europee, “Per Berna non cambierà nulla”

uomo con vestito tradizionale svizzero davanti a un edificio con bandiere europee
Quale sarà il Parlamento (e quindi la Commissione) che uscirà dalle prossime elezioni europee? Un risultato atteso con interesse anche in Svizzera. Keystone Martin Ruetschi

Intervista al direttore della rivista di geopolitica Limes Lucio Caracciolo sulle legislative europee e sui possibili risvolti dello scrutinio nelle relazioni tra Berna e Bruxelles. 

Che Europarlamento uscirà dal voto del 26 maggio? Ci sarà la temuta valanga sovranista? Che tipo di Unione Europea si delineerà dalle legislative che si terranno nei ventotto paesi membri? E la Svizzera come guarda a questo evento?

In realtà l’imminente appuntamento elettorale non sembra suscitare entusiasmi particolari nel Vecchio Continente, sono lontani i tempi di Adenauer, Segni e Schuman. Ed eventi come il crollo del muro di Berlino, che hanno portato nuova linfa alla costruzione europea e suscitato grandi speranze, hanno ormai esaurito la loro forza propulsiva.

Avanzata del fronte sovranista

L’Europa viene considerata corresponsabile di molti mali come l’immigrazione incontrollata, le ripetute crisi economico-finanziarie che impoveriscono territori e classi medie e la marginalizzazione dei paesi europei, sotto la spinta della globalizzazione, nei confronti di USA e Asia. 

Una barriera a tutti questi fenomeni tentano di porla le varie formazioni sovraniste ed euroscettiche che si sono affacciate recentemente o che hanno mutato il loro dna come l’ex Lega Nord – trasformatasi da movimento autonomista regionale e anticentralista in partito nazionalista di destra – o, in parte, il Rassemblement National di Marine Le Pen. In Polonia, Ungheria e, in coalizione, in Austria sovranisti e populisti di varie declinazioni sono già al governo e in altri Stati sono dati in crescita come l’Afd in Germania, il Vox in Spagna, il Partito per la libertà nei Paesi Bassi o i Democratici svedesi, per citarne solo alcuni.

I sondaggi

Secondo i più recenti sondaggi però queste formazioni, pur avanzando decisamente, non sembrano poter stravolgere i consolidati equilibri del parlamento di Strasburgo che sarà chiamato poi a ratificare la lista dei membri della Commissione Europea: i popolari con gli altri principali gruppi europeisti (socialdemocratici e liberali) dovrebbero conservare la maggioranza.

Secondo Poll of PollsCollegamento esterno i popolari europei (PPE) erano accreditati il 9 maggio di 169 seggi (-50), seguiti dai socialdemocratici (S&D) con 149 (-40) e dai liberali (ALDE) con 98 (+20). Con alleati e gruppi non affiliati gli europeisti dovrebbero raggiungere i 476 mandati necessari. Europa delle nazioni e della libertà (ENF) composta da Lega, FN e AFD dovrebbe ottenere 71 seggi (+35) che al momento non sembrano indispensabili per un’eventuale coalizione autonoma tra centro-destra e sovranisti (nel grafico che segue le intenzioni di voto aggiornate al 20.5.2019).


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Caracciolo: risultati rilevanti solo all’interno dei singoli paesi

Ma al di là dei numeri che si cristallizzeranno la sera del 26 maggio, si possono già anticipare alcune possibili letture del risultato che si andrà delineando. Per il direttore della rivista di geopolitica LimesCollegamento esterno, Lucio Caracciolo, “tutta questa discussione su sovranisti antieuropei versus mainstream lascia il tempo che trova” dal momento che il parlamento europeo non è altro che “un’assemblea autoreferenziale che non ha effettivi poteri o li ha molto limitati”. Il voto è destinato semmai ad avere rilevanza “sugli equilibri interni dei vari paesi”.

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Riguardo al panorama che sembra stabilizzarsi nell’Unione europea Lucio Caracciolo intravede “sintomi di disgregazione che riguardano alcuni paesi e alcuni tentativi di raggruppamento di vari gruppi: uno incentrato sulla Germania, la pattuglia di Visegrad – che però è abbastanza divisa – e la Nuova Lega Anseatica che ha una posizione su piano economico, fiscale e monetario filotedesca e su piano più ampio fondamentalmente antirussa e filoamericana”.

Rapporti Svizzera-Ue

Ci si può anche interrogare sui risvolti che può avere lo scrutinio continentale nei delicati rapporti con la Svizzera. Berna è alle prese con il cosiddetto accordo istituzionaleCollegamento esterno, il documento negoziato l’anno scorso destinato a rendere dinamica nell’ordinamento svizzero l’applicazione delle norme europee sul mercato unico. Diversi aspetti dell’intesa non piacciono al governo federale che indugia nella firma.

Ma le future relazioni con l’Ue non possono prescindere da questo accordo e per questo motivo a Berna si segue con attenzione l’evoluzione degli equilibri politici a Strasburgo e Bruxelles. E si spera in una Commissione più accondiscendente nei confronti della Confederazione che vorrebbe approfondire le questioni che suscitano non poche opposizioni al suo interno (misure accompagnamento, aiuti di Stato, lavoratori distaccati).

In ogni caso per Lucio Caracciolo gli eventuali scenari che si apriranno a livello europeo non saranno direttamente collegati con le trattative in corso. Berna, precisa il politologo, deve insistere coltivando, come da sua tradizione, i rapporti bilaterali con i vicini per ottenere reali passi in avanti nelle relazioni con l’Ue.   

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