Settimana lavorativa corta, benefici per lavoratori e azienda
La Scoprega di Cassano d’Adda, comune che appartiene alla città metropolitana di Milano, è la prima azienda italiana a sperimentare ufficialmente e in forma strutturata la settimana lavorativa su 4 giorni, la cosiddetta settimana corta.
Il provvedimento, iniziato il primo dicembre 2022 per tre mesi di prova e in questi giorni in fase di proroga fino alla fine del 2023, è stato accolto con entusiasmo dalla totalità dei lavoratori e dal sindacato, con cui l’azienda ha firmato un accordo quadro nel giro di poche settimane e senza particolari intoppi.
“Siamo soddisfatti, soprattutto lo sono i lavoratori e al momento non vediamo potenziali criticità — ha spiegato Patrizia Pessina, segretaria della sezione di Milano del Femca Cisl, sindacato dei lavoratori del settore chimico — in futuro possiamo ipotizzare un premio per quell’ora di lavoro in più al giorno, un benefit non necessariamente economico ma che incida sul welfare o sui riposi, ma direi che l’accordo è un ottimo punto di partenza e per ora va bene così”.
Meno ore per lo stesso stipendio
Se è vero che adesso si lavora nove ore al giorno e non più otto, è altrettanto vero che le ore settimanali di lavoro sono passate da 40 a 36 e i dipendenti hanno mantenuto le stesse mansioni, uguali stipendi e condizioni fiscali e contrattuali.
I 42 dipendenti della piccola fabbrica dell’hinterland milanese si trovano a fare da apripista su un importante novità, in Italia molto dibattuta ma mai presa seriamente in considerazione né dalla politica né dalle imprese.
“Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”
Artemio Affaticati, presidente della Scoprega
Nel caso della ScopregaCollegamento esterno, a fare la differenza è stata anche la determinazione del presidente Artemio Affaticati, che per sgombrare il campo da dubbi spiega subito qual è la sua idea di azienda, citando Adriano Olivetti, l’imprenditore visionario che fece del benessere del lavoratore il cardine per un’economia sana e una società giusta: “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”.
A tre mesi dalla sperimentazione, la Scoprega registra un aumento della produttività, anche se minimo, un netto miglioramento del rapporto tra lavoro e vita privata e secondo alcuni dipendenti anche un passo avanti verso il raggiungimento della parità di genere, visto che la partecipazione delle donne all’attività in fabbrica ora è meglio bilanciata con gli impegni in famiglia.
I benefici della settimana corta
Sono tutti aspetti rilevati anche da un recente studioCollegamento esterno guidato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, in collaborazione con il Boston College degli Stati Uniti e con il think tank Autonomy, su 61 aziende del Regno Unito dove è in vigore la settimana corta.
Il 71% dei dipendenti ha dichiarato livelli inferiori di burnout (la sindrome da stress lavorativo) e i ricercatori hanno riscontrato una riduzione del 65% dei giorni di malattia. È emerso anche un più forte attaccamento alle aziende da parte dei dipendenti e un calo del 57% del tasso di abbandono.
Nel rapporto presentato al Parlamento britannico, 56 delle 61 aziende oggetto della ricerca hanno confermato la settimana lavorativa di quattro giorni, un cambiamento “permanente” per 18 di queste.
La situazione in Svizzera
In Svizzera, una delle poche realtà ad aver introdotto la settimana corta è l’azienda informatica Seerow. «Prima del periodo sperimentale, la metà dei dipendenti lavorava all’80% e si è osservato che il giorno di riposo in più aveva un effetto positivo sulla loro produttività, questo è stato uno dei motivi che ci ha portato a introdurre una settimana di quattro giorni», ha detto Fabian Schneider, fondatore e CEO di SeerowCollegamento esterno, in un’intervista a swissinfo.ch.
“Il giorno di riposo in più ha un effetto positivo sulla produttività dei dipendenti”
Fabian Schneider, fondatore e CEO di Seerow
Tuttavia, in generale, nella Confederazione la riduzione dell’orario di lavoro non sembra godere di grande seguito, sia perché molti lavoratori dipendenti sono impiegati già a tempo parziale, sia perché molte aziende, a cominciare dalle multinazionali come la Novartis, considerano la settimana di quattro giorni irrilevante sul piano della produttività.
E anche la popolazione non pare entusiasta all’idea della riduzione dell’orario di lavoro: nel referendum del marzo 2012, il 66,5% degli aventi diritto ha respinto la proposta di legge per aumentare il periodo di ferie da quattro a seisettimane.
Gli esperimenti in Europa
A livello europeo, negli ultimi anni ci sono stati molti esperimenti di introduzione della settimana corta. In Spagna molte aziende hanno avviato una sperimentazione a 36 o 32 ore, e tra gli imprenditori c’è anche chi parla di una crescita di fatturato dovuto al maggiore impegno e concentrazione dei dipendenti.
In IslandaCollegamento esterno, un test avviato nel 2015 ha ridotto l’orario di lavoro a 2’500 lavoratori a 35 o 36 ore settimanali, con lo stesso stipendio, con risultati ottimi sul piano della produttività e del benessere dei lavoratori che potrebbero portare il parlamento a estendere, con una legge, la modifica a tutte le aziende.
Dal 2022 il governo belga ha risposto alla richiesta di sindacati e associazioni di lavoratori introducendo la settimana lavorativa corta, mantenendo lo stesso numero di ore concentrate in quattro giorni invece che in cinque. L’accordo — con un periodo di prova di sei mesi — viene stipulato singolarmente tra impresa e dipendente, il quale può rifiutarlo solo con specifiche e motivate ragioni.
In Francia le 35 ore settimanali sono state introdotte nel 2000 con la legge Aubry II, che in cambio diede alle aziende alcune agevolazioni fiscali, gli lasciò il diritto di gestire l’organizzazione interna del lavoro e congelò gli stipendi.
Alcuni aspetti critici
Al di là degli effetti positivi sull’occupazione, sul caso francese c’è chi negli anni ha fatto notare come, a causa della richiesta di straordinari, l’orario medio di lavoro abbia ripreso ad aumentare, e che la legge sulle 35 ore sia costata moltissimo allo Stato.
In generale, chi nel mondo si oppone alla settima lavorativa corta sostiene che ridurre le ore di lavoro a parità di stipendio significa, per le aziende, un aumento dei costi non sempre sostenibile.
I critici fanno notare anche che nei casi in cui il fine del lavoro non è un dato risultato (la produzione in fabbrica di accessori per la nautica, come nel caso di Scoprega), ma la copertura di un turno (pensiamo a un autista del trasporto pubblico o a un medico), la riduzione di orario implica nuove assunzioni di personale e quindi maggiori costi.
Ad oggi, tuttavia, in tutti gli studi sulle esperienze di settimana lavorativa corta, ad emergere sono i vantaggi di cui si è detto, mentre queste criticità restano sullo sfondo.
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