L’associazione Amici della Terra di Varese ha scritto al governo ticinese chiedendo di sospendere l’esportazione di inerti verso l’Italia. Vi è infatti il sospetto che materiali di scavo e rifiuti edili siano inquinati da sostanze tossiche.
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Daniele Mariani
La vicenda inerti registra un nuovo sviluppo. Dopo i servizi della trasmissione d’approfondimento della Radiotelevisione svizzera (RSI) Falò, che avevano fatto sorgere il dubbio di presunti illeciti nell’esportazione di rifiuti edili verso le cave della Lombardia, l’associazione Amici della Terra di Varese ha inviato una lettera al governo ticinese, nella quale chiede in sostanza di sospendere almeno in parte l’accordo Collegamento esternosottoscritto nel marzo 2015 tra Ticino e Lombardia.
L’intesa prevede di promuovere gli scambi commerciali “per materiali inerti per l’edilizia (sabbia e ghiaia) dall’Italia verso il Ticino e materiale di scavo non inquinato dal Ticino verso l’Italia”. I rifiuti edili rappresentano il 90% dei rifiuti prodotti in Ticino e le discariche sono al limite delle loro capacità. Da qui la necessità di trovare una soluzione oltreconfine.
Le associazioni ambientaliste italiane sono sempre state critiche nei confronti di questo accordo, temendo in particolare che negli inerti ticinesi potesse nascondersi materiale tossico. Un timore che la trasmissione della RSI ha rafforzato.
“Siamo certi che i controlli ci siano sia in partenza che in arrivo, ma a detta di molti operatori del settore sentiti nella citata trasmissione televisiva, questi possono essere tranquillamente raggirati con un banale escamotage”, si legge nella lettera. “In pratica accade, specialmente nei cantieri, che sia il soggetto privato da cui parte il rifiuto che il soggetto privato a cui lo stesso arriva, si accordino per fare quanto segue: si fanno i controlli su terra pulita e quando arriva il nulla osta iniziano a partire i camion. A questo punto, negli stessi vengono inseriti i rifiuti tossici che sono stati precedentemente tritati (cioè ridotti in polvere) in un altro cantiere e vengono mischiati assieme a terra pulita da esportare. In dogana al controllo visivo si vede solo terra e gli scanner non rivelano altro”.
L’associazione Amici della Terra domanda quindi alle autorità ticinesi di adottare tre provvedimenti: sospendere l’importazione di sabbia dall’Italia, riciclare il 95% degli inerti e far gestire le terre da scavo direttamente dal cantone e non da privati.
Per rivedere il servizio di Falò:
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