La televisione svizzera per l’Italia
Diversi schermi video dei programmi della SSR.

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

all’estero un cittadino svizzero si è fatto decisamente notare. Si tratta dell’architetto ticinese Mario Botta. L’Università la Sapienza di Roma gli assegnerà infatti il titolo di dottore honoris causa in Storia disegno e restauro

Il titolo accademico sarà conferito domani dalla rettrice Antonella Polimeni in una cerimonia al Rettorato. Premiata soprattutto la forte componente umanistica della sua opera unita all'arte in una comunione di intenti nella quale creatività artistica e progettualità architettonica si fondono in un unicum inscindibile.

Il direttore generale della SSR Gilles Marchand.
© Keystone / Anthony Anex

Per la Società svizzera di radiotelevisione (SSR) la proposta alternativa del Governo all’iniziativa “200 franchi bastano” mette a rischio impieghi e programmi.

Lo scorso 8 novembre il Consiglio federale ha proposto una riduzione del canone radiotelevisivo da 335 a 300 franchi in risposta all’iniziativa popolare, promossa dalla destra (UDC, giovani liberali radicali e Unione delle arti e i mestieri), che vorrebbe abbassare il canone a 200 franchi all’anno. Oggi l’azienda mediatica pubblica ha preso posizione.

La proposta dell’esecutivo federale, a detta dei vertici della SSR, avrebbe pesanti conseguenze di ordine finanziario e sociale. Non solo. Jean-Michel Cina, presidente del Consiglio di amministrazione della SSR, ha ricordato che “in un momento in cui i media lottano con crescenti problemi di finanziamento e posti di lavoro vengono tagliati, è un errore indebolire massicciamente la SSR”, aggiungendo che “una democrazia dipende dal fatto che le cittadine e i cittadini siano ben informati“.

In concreto viene stimato che dal 2027 verrebbero a mancare risorse per 240 milioni di franchi all’anno, con conseguenti pesanti ripercussioni sui programmi e sul personale. Secondo la SSR si prevedono circa 900 tagli. Per quanto riguarda i programmi, verrebbero penalizzate soprattutto l’informazione regionale, le produzioni sportive, le coproduzioni cinematografiche svizzere e la copertura delle grandi manifestazioni popolari. Del gruppo SSR fanno parte anche SWI swissinfo e TVS tvsvizzera.

La sala del Consiglio degli stati.
© Keystone / Gaetan Bally

Ultimo turno di ballottaggio per il Consiglio degli stati: ridimensionata l’UDC, la Camera alta resta ancorata al centro.

L’ultimo turno di ballottaggio celebrato domenica per il Consiglio degli Stati ha in parte riequilibrato il quadro politico uscito dalle urne lo scorso 22 ottobre. Il partito di maggioranza relativa, l’Unione democratica di centro, vede ridursi le aspettative della vigilia al ‘Senato’. Nel secondo turno di domenica tenutosi in cinque cantoni la formazione della destra conservatrice è riuscita a confermare solo il suo seggio in Ticino (eletto il presidente nazionale dell’UDC Marco Chiesa).

Nel suo insieme il Centro, che aveva già guadagnato posizioni alla Camera bassa il 22 ottobre, conquista un seggio agli Stati (15 seggi totali) e l’UDC, che ne ha persi due ieri, mantiene nell’insieme le posizioni della vigilia (6). Perde un seggio anche il Partito liberale radicale (11). Il Partito socialista sostanzialmente recupera i due seggi persi durante la legislatura (9) e i Verdi indietreggiano di due (3). Entrano per la prima volta nella Camera alta i Verdi liberali e la formazione ginevrina MCG con un rappresentante ciascuno.

Al Consiglio degli Stati, composto sul modello del Senato statunitense, siedono due rappresentanti di ogni Cantone (uno per ogni semicantone), a garanzia del sistema federale elvetico: in totale i membri della Camera alta sono 46. Il fatto che il centro-destra nella Camera dei Cantoni non sfondi è in parte dovuto al sistema di voto maggioritario che vige in quasi tutti i Cantoni.

  • I risultati delle elezioni federale 2023 su swissinfo.ch.
  • L’esito dei ballottaggi di questo fine settimana su tvsvizzera.it.
  • Il Centro avrà un ruolo essenziale di moderatore tra le due Camere. Un contributo della collega Katy Romy su swissinfo.
Un corridoio dell Abbazia di Saint Maurice in Vallese.
© Keystone / Olivier Maire

Un’inchiesta giornalistica denuncia nove sacerdoti coinvolti in casi di abusi sessuali in seno all’Abbazia di Saint-Maurice in Vallese.

Prima di tutto l’inchiesta dei colleghi della radiotelevisione romanda (RTS) coinvolge l’abate ad interim dell’Abbazia che avrebbe abusato nel passato di un novizio. L’uomo ha tra l’altro assunto la guida dell’abbazia a settembre, dopo che il padre abate Jean Scarcella era stato coinvolto nell’indagine preliminare ordinata dalla Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) sui sospetti di abusi sessuali e sulla loro copertura.

L’Abbazia di Saint-Maurice non fa capo alla Diocesi di Sion, ma direttamente al Vaticano, mentre la scuola è in mano pubblica dalla firma di un accordo tra il Canton Vallese e l’Abbazia. Come insegnante di greco e latino nel collegio, l’abate ad interim non darà più lezioni fino a quando i fatti non saranno accertati. Lo ha comunicato il capo del servizio dell’insegnamento vallesano. Anche se le accuse non riguarderebbero fatti avvenuti in collegio.

L’inchiesta della trasmissione “Mise au Point” della RTS ha rivelato domenica sera che nove sacerdoti sono coinvolti in casi di abusi sessuali in seno all’Abbazia di Saint-Maurice. La maggior parte dei casi trattati è avvenuta tra il 1995 e il 2005. L’abbazia ha precisato oggi che dei nove casi citati solo uno è attualmente pendente, tre sono stati già stati giudicati negli ultimi 20 anni e cinque canonici sono morti da ormai più di 15 anni.

Un cartello con la scritta Black friday sale.
Sholten Singer | The Herald-dispatch

Il Black Friday ci fa fare molti acquisti inutili. La colpa è della dopamina nel cervello che ci fa modificare i nostri comportamenti.

Le giornate di sconti intorno al Black Friday, che cade venerdì prossimo, ci fanno modificare radicalmente i nostri comportamenti. Fino a indurci ad acquistare oggetti assolutamente inutili di cui poi già l’indomani vogliamo disfarcene. Perché succede tutto ciò? Semplice, tutta colpa della dopamina. Lo dice uno studio di una ricercatrice dell’Università di San Gallo (HSG).

In breve, gli sconti attivano l’ormone della felicità – la dopamina appunto – nella testa dei consumatori. Studi nelle neuroscienze dimostrerebbero che questo effetto può essere paragonato al consumo di cocaina. Johanna Gollnhofer, direttrice dell’istituto di marketing della HSG e autrice dello studio, aggiunge che chi scopre un affare diventa euforico e vuole ottenere un vantaggio per sé facendo l’acquisto.

L’altro fattore importante è la “scarsità” che ci fa desiderare qualcosa molto più intensamente. Le offerte sono poi spesso disponibili per pochi giorni. Questo porterebbe il consumatore ad acquistare subito. L’effetto combinato di sconti e scarsità è così forte che molte persone non pensano più in modo razionale e comprano cose di cui non hanno bisogno. Quando l’eccitazione finisce, molti restituiscono ciò che hanno comprato.

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