La televisione svizzera per l’Italia
soldati in controluce

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori, 

conoscete il live shopping? Sembrerebbe essere la nuova frontiera degli acquisti online ed è stata lanciata– ma guarda un po'…! – dagli influencer sui social. Arriva dall'Asia e si basa su un servizio fornito da venditori e venditrici che si filmano in live e offrono la possibilità alla clientela di acquistare direttamente i prodotti che mostrano nel corso di queste dirette.    

Non so a voi, ma a me non sembra molto futuristico. Mi ricorda, anzi, un certo signore baffuto, urlante e sudato che davanti alle telecamere di una nota emittente italiana vendeva di tutto e di più. Bastava telefonare al numero in sovraimpressione per acquistare i prodotti. 

Per quanto mi riguarda, il futuro sarà quando potrò vestirmi alla mattina con un click… tutto il resto è illusione! 

Buona lettura. 

cecchino
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Componenti elettronici di produzione svizzera fabbricati nel 2023 sono stati trovati in droni russi usati nella guerra contro l’Ucraina nonostante le sanzioni internazionali. Non solo: munizioni svizzere sono arrivate in Ucraina attraverso la Polonia malgrado la riesportazione di materiale bellico lo vieti.

Nel primo caso, stando a informazioni ottenute da SWI Swissinfo.ch, Mosca è in grado di aggirare le sanzioni internazionali, nonostante l’impegno del Governo elvetico non solo di impedire riesportazioni di materiale verso la Russia ma anche verso Paesi terzi che potrebbero farlo a loro volta. Come? A titolo di esempio: creando una società di comodo che si rifornisce in Kazakhistan, che a sua volta ordina materiale dalla Cina, che lo riceve dalla Turchia, che a sua volta ha acquistato in Ungheria, che si è rifornita in Germania. Risulta insomma difficile tracciare tutti questi passaggi e qualcosa è destinato a “passare tra le maglie”.

Un problema che riguarda anche le munizioni svizzere individuate in Ucraina: secondo quanto scrive la Neue Zürcher Zeitung, che a sua volta cita l’indagine di un giornalista americano, circa 200’000 proiettili prodotti dalla Swiss P, l’ex fabbrica di munizioni Thun e poi dalla Ruag Ammotec, sufficienti per centinaia di missioni, sarebbero stati consegnati a Kiev da un’azienda polacca, la UMO SP, specializzata in servizi per la polizia e le forze speciali polacche.

Come è possibile? La riesportazione di attrezzature militari elvetiche verso Paesi in guerra è vietata, ma le aziende private (come per esempio la UMO SP), non sono tenute a firmare una dichiarazione di riesportazione. È quindi non solo facile aggirare la legge, ma, ancora una volta, risulta difficile riuscire a tracciare il materiale in questione. Se Swiss P assicura di aver fatto tutto nella legalità, UMO SP non ha risposto a una richiesta di commento da parte della testata svizzero-tedesca.

giudice tribunale
© Keystone / Martial Trezzini

Secondo il Consiglio federale, che ha risposto a un postulato del liberal-radicale ticinese Alex Farinelli in questo senso, una norma sui pentiti di mafia in Svizzera, per esempio sul modello italiano, aumenterebbe il rischio di sviamento della giustizia e sarebbe socialmente incomprensibile.

Farinelli chiedeva uno studio in materia appoggiandosi alle considerazioni del procuratore generale della Confederazione, Stefan Blättler, il quale, in un’intervista concessa al quotidiano svizzero-tedesco Tages Anzeiger lo scorso 23 giugnoCollegamento esterno, aveva sottolineato la necessità di introdurre anche in Svizzera una norma sui pentiti di mafia, sul modello di altri Paesi. Questo perché, afferma, la presenza della criminalità organizzata nella Confederazione è sempre più importante.

Secondo l’Esecutivo, però, l’introduzione di una normativa che ricompensi con l’impunità un imputato, reo confesso di reati anche gravissimi, che fornisce informazioni alle autorità, non è accettabile poiché cozzerebbe contro il principio dell’uguaglianza. Un reo confesso non mafioso, infatti, non viene liberato, ma la sua confessione viene considerata nel quadro di una riduzione della pena, che però non viene annullata, come invece si chiede di fare per i mafiosi. Inoltre, una normativa sui pentiti aumenterebbe il rischio di sviamento della giustizia, sottolinea il Governo, poiché sarebbe difficile stabilire se le informazioni rispecchiano effettivamente i fatti.

Deluso, Farinelli replica sulle pagine del quotidiano laRegione: “Ho l’impressione che a livello di politica federale ci sia ancora una certa reticenza a riconoscere il fenomeno delle infiltrazioni mafiose in Svizzera, e di conseguenza ci si rifiuta di dire che c’è bisogno di norme specifiche. Purtroppo, però, i fatti dicono altre cose.

scontro tra polizia e manifestanti
© Keystone / Cyril Zingaro

Il presidente francese Emmanuel Macron si trova in Svizzera per una visita di Stato di due giorni. Arrivato ieri, mercoledì, ha discusso con il presidente della Confederazione Alain Berset delle relazioni tra la Confederazione e l’Unione europea.

“Forse non lo sapete, ma siete già europei” ha detto l’inquilino dell’Eliseo. “L’Unione europea ha bisogno della Svizzera e credo che anche la Svizzera abbia bisogno dell’Unione europea”. Si è poi congratulato con la Confederazione per “il suo chiaro e forte impegno nel condannare la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e nell’adottare le sanzioni dell’Unione europea”.

Meno tranquilla, invece, la seconda giornata della visita: Macron si è recato a Losanna per partecipare a una conferenza all’Università intitolata “Parliamo di Europa: rispondere alle grandi sfide sociali di oggi”. Nell’ateneo è stato accolto da un gruppo di 200 persone (principalmente studenti e studentesse) che hanno criticato la Francia per il suo sostegno a Israele.

Muniti di pentole e bandiere palestinesi, i e le manifestanti hanno sfilato urlando “Macron complice!” e portando striscioni con le scritte “Stop al genocidio” e “Palestina libera”. Si è poi reso necessario un intervento delle forze dell’ordine – che hanno fatto uso di spray al peperoncino –quando il gruppo ha cercato di penetrare nel perimetro di sicurezza creato intorno al campus.

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Anche la Svizzera si vuole adoperare per la creazione di un tribunale speciale per l’aggressione russa contro l’Ucraina.

In un incontro tenutosi a Berlino, la Confederazione si è unita a un gruppo di Paesi che sostengono l’istituzione di questa corte internazionale. Tra questi (che sono in totale 38), si trovano anche Francia, Germania, Norvegia, Guatemala, Giappone e Canada.

“Il successo di un tribunale di questo tipo dipende da una serie di fattori”, scrive il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) in una nota. “Deve godere di un ampio sostegno a livello internazionale, (…) essere complementare (…) alla Corte penale internazionale e deve avere carattere internazionale”. La Svizzera è convinta che il crimine di aggressione commesso contro l’Ucraina non debba rimanere impunito, spiega la nota.  

Nella capitale tedesca la Confederazione è stata rappresentata dall’ambasciatore Franz Perrez, direttore della Direzione del diritto internazionale pubblico (DDIP) del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).


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