La televisione svizzera per l’Italia
persone con smartphone in mano concentrate sullos chermo in un ambiente illuminato da luce verde e blu

Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori,  

la notizia è di ieri, ma non posso non parlarvene. La Fondazione Barry di Martigny ha annunciato la nascita di 16 cuccioli di San Bernardo (non tutti della stessa mamma) che il pubblico potrà ammirare nei parchi di Berryland a partire da fine dicembre.  

I cagnolini, che possono essere ammirati da subito via livestreaming sul sito della fondazione, porteranno tutti dei nomi che iniziano con la lettera N.  

Dopo questa bella storia, vi lascio alla lettura di altre notizie del giorno (un po' meno allegre, lo ammetto).  

smartphone
Keystone / Karl-josef Hildenbrand

Il Consiglio nazionale vuole introdurre un nuovo reato di cyberbullismo nel Codice penale elvetico. Con 154 voti contro 36 e 3 astensioni ha dato seguito a un’iniziativa parlamentare in tal senso della socialista argoviese Gabriela Suter. 

Per cyberbullismo (o “cybermobbing”) si intendono molestie, diffamazioni e offese di altre persone attraverso i media digitali commesse in modo sistematico. La maggioranza della Camera bassa ha ritenuto che la problematica sta assumendo sempre più importanza e che le protezioni legali attualmente a disposizione non sono sufficienti per tutelare concretamente le vittime. 

Il cybermobbing è infatti una combinazione di comportamenti e di atti che attentano all’integrità della vittima, ma le infrazioni attualmente contemplate dal Codice penale riguardano atti unici. L’atto parlamentare passa ora al Consiglio degli Stati. 

In Svizzera gli atti di bullismo non mancano, sin dalle elementari e spesso passano attraverso la Rete: il 25% dei e delle giovani li hanno subiti su Facebook, Instagram, TikTok o altri social.  

server con luci accese
© Keystone / Gaetan Bally

Si estende il procedimento penale avviato a Zurigo in relazione alla fuga di dati sensibili del Dipartimento di giustizia. Una perizia esterna è arrivata alla conclusione che la falla oggi non sarebbe più possibile. Fino al 2014 le regole erano però insufficienti. 

“Il modo in cui negli anni zero del Duemila sono stati smaltiti i supporti informatici della giustizia non può essere giustificato in nessun modo“, ha dichiarato oggi davanti alla stampa la consigliera di Stato socialista Jacqueline Fehr, responsabile di Dipartimento di giustizia zurighese. “Si è trattato di un comportamento negligente e, nella migliore delle ipotesi, penalmente rilevante. Non sarebbe dovuto accadere”, ha precisato Fehr. 

La fuga di dati è stata rivelata la scorsa settimana da diversi media, dopo che il granconsigliere democentrista e noto penalista Valentin Landmann ha sottoposto al Parlamento un’interpellanza sull’argomento. Diversi hard disk con dati sensibili sarebbero finiti in mano di criminali (in particolare negli ambienti della droga e della prostituzione) fra il 2006 e il 2012. Contenevano informazioni quali perizie psichiatriche su persone accusate, numeri di telefono di procuratori e agenti di polizia e documenti sulla pianificazione del nuovo centro di polizia e giustizia. 

La falla, ha confermato il Dipartimento di giustizia una settimana fa, è nota dal novembre 2020, quando è stata avviata un’istruttoria penale. L’intera vicenda ruota attorno ad un ex fornitore di servizi informatici, fratello del titolare di un bar zurighese al centro di diverse inchieste per traffico di droga. L’uomo incaricato di smaltire i computer avrebbe omesso di cancellare gli hard disk e il fratello avrebbe utilizzato quei dati, mettendoli anche a disposizione di terze persone, per mettere sotto pressione i procuratori che indagavano contro di lui

uomo in tenuta tradizionale svizzera fotografato di spalle. nelle mani tiene una bandiera svizezra e una europea
Keystone / Martin Ruetschi

Sono passati 30 anni da quando la popolazione elvetica ha detto “No, grazie” all’Unione europea: il 6 dicembre 1992 elettrici ed elettori hanno respinto con il 50,3% di “no” l’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo (SEE). 

“Domenica nera” per gli europeisti, “radiosa” per gli euroscettici, ma domenica importante, che viene ancora evocata nel corso dei dibattiti su quello che è uno dei dossier più importanti per la Confederazione, ossia quello delle relazioni fra Svizzera e UE.  

All’epoca la Confederazione fece quello che fu considerato un errore strategico. L’adesione allo SEE non avrebbe avuto implicazioni in ambito fiscale, del segreto bancario o per quanto riguarda la neutralità del Paese. Berna però depositò, nel corso della campagna precedente il voto, una domanda volta all’apertura dei negoziati per una vera e propria adesione. 

L’adesione allo SEE venne allora vista come un passo intermedio per l’entrata nell’UE e catalizzò le diffidenze, alimentando la forte campagna condotta dalla Lega dei ticinesi (destra populista), dall’Associazione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) e da Christoph Blocher che, proprio in quei mesi, rivelò all’opinione pubblica le sue capacità di oratore e polemista, gettando le basi di una crescente leadership all’interno dell’UDC. 

persone con smartphone in mano concentrate sullos chermo in un ambiente illuminato da luce verde e blu
Keystone / Jens Kalaene

Svizzere e svizzeri vorrebbero più sostenibilità per quanto riguarda gli smartphone, ma una persona su due prevede di cambiare telefono nei prossimi 12 mesi. Oggi, inoltre – stando a un sondaggio condotto da Comparis – la disponibilità a pagare cifre elevate per l’ultimo modello è più alta che mai.  

Il 39% delle persone interpellate ha affermato di voler usare il proprio telefono per quattro anni o più. Di fatto, però, è emerso che in media, gli utilizzatori e le utilizzatrici (2’100 provenienti da tutte le regioni linguistiche della Confederazione) cambiano il cellulare dopo poco più di due anni, un valore rimasto stabile dal 2019. Appena l’11% infatti resta fedele al suo apparecchio per quattro anni o più e solo il 15% ha il proprio smartphone da tre o quattro anni. 

A voler cambiare sono più spesso i detentori di iPhone rispetto a quelli di dispositivi Android. Più desiderosi delle novità sono anche i e le giovani rispetto alle persone più in là con gli anni. 

Svizzere e svizzeri tendono inoltre ad acquistare cellulari nuovi di zecca: meno di uno smartphone acquistato su dieci è di seconda mano. Tra questi ultimi la percentuale di apparecchi Apple è significativamente più alta rispetto a quelli con sistema operativo Android (12% contro il 7%). “In Svizzera i nuovi smartphone sono accessibili anche a chi vive con un reddito inferiore alla media: ecco perché di solito si tende a optare per dispositivi nuovi, con batteria e aggiornamenti di ultima generazione”, commenta Jean-Claude Frick, specialista di tecnologie digitali presso Comparis. 

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