La televisione svizzera per l’Italia
biglietti di vario taglio di franchi svizzeri

Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori,

Se avete paura dei lupi, sono sicura che non avreste voluto far parte della comitiva di turisti che pochi giorni fa sulla Steileralp, sopra Sufers nei Grigioni, si è ritrovata a pochi metri da un branco composto da sei esemplari. Gli animali sembrano non temere più l'uomo (anche se probabilmente il sentimento non è reciproco) e questo in futuro potrebbe creare dei problemi di convivenza. Personalmente spero che non mi capiti mai.

Ora però vi lascio alle notizie del giorno che rischiano - almeno per quanto riguarda la prima - di essere anche meno allegre di un incontro ravvicinato con degli animali selvatici.

Buona lettura.

biglietti di vario taglio di franchi svizzeri
© Keystone / Gaetan Bally

Cinquantacinque mila franchi di spese: tanto possono pagare i lavoratori e le lavoratrici nel corso della loro carriera alle casse pensioni elvetiche, andando così a diminuire il capitale a loro disposizione una volta in pensione.

In Svizzera esistono delle grandi differenze tra le diverse casse pensioni per quanto riguarda i costi amministrativi e questi vengono pagati dalle persone assicurate. A rivelarlo è un’indagine di Comparis, che punta il dito contro la mancanza di concorrenza: gli istituti agiscono in un’atmosfera protetta e garantita dallo Stato.

Le spese elevate portano a una diminuzione del patrimonio previdenziale individuale. Una persona assicurata (attiva o pensionata) paga in media circa 960 franchi all’anno solo per la gestione patrimoniale, a cui si aggiungono una media di 220 franchi pro capite per le spese amministrative: il totale è quindi di 1’180 franchi.

Leo Hug, esperto di Comparis in materia di previdenza, afferma: “Le forti differenze tra i costi per servizi sostanzialmente identici sono un segno di cattiva gestione economica o della mancanza di meccanismi di mercato efficaci. A pagarne lo scotto sono gli assicurati”.

aereo f35a rompe il muro del suono
Keystone / Adrian Wyld

Troppo costoso, pericoloso e rumoroso e non adatto ai bisogni della Svizzera: sono queste le ragioni che hanno spinto il comitato composto da Partito socialista (PS), Verdi e Gruppo Svizzera senza esercito (GSsE) a lanciare oggi, martedì, la raccolta firme per impedire l’acquisto degli aerei da combattimento americani F-35A scelti dal Consiglio federale. Il gruppo ha a disposizione 18 mesi per raccogliere le 100’000 sottoscrizioni necessarie per chiamare la popolazione a esprimersi alle urne a questo proposito.

Secondo questa alleanza di sinistra si tratta di un “progetto d’acquisto sovradimensionato ed estremamente costoso”. Costoso soprattutto per quanto riguarda la gestione, nonostante un prezzo d’acquisto tutto sommato relativamente basso.

Spese che, prosegue il comunicato inviato martedì dal gruppo, metterebbero altri settori dell’esercito sotto pressione, se non addirittura altri dipartimenti: “Soldi che verrebbero a mancare, per esempio, nella lotta contro i cambiamenti climatici”.

Come gesto simbolico, i promotori dell’iniziativa hanno deciso di distruggere una piñata a forma di F-35A riempita di migliaia di finti biglietti, a simbolizzare lo spreco di soldi che sarebbe l’acquisto dei nuovi aerei.

pale eoliche dietro a balle di fieno
Keystone / A4796/_silas Stein

Il 76% dell’elettricità consumata in Svizzera nel 2020 proveniva da fonti sostenibili, in forte aumento rispetto al 2019.

La maggior parte è stata originata dalle grandi centrali idroelettriche (66%), seguite dal fotovoltaico, l’energia eolica, le piccole idroelettriche e la biomassa (10,3% in totale). Queste ultime sono passate dall’8,4% nel 2019 al 10,3% nel 2020. Lo ha indicato martedì l’Ufficio federale dell’energia (OFEN).

L’87% di tutta l’elettricità rinnovabile usata nel Paese è di origine elvetica e circa due terzi sono stati sostenuti dal sistema di remunerazione per l’immissione in rete basato sui costi (CRS). Solo una piccola parte dell’elettricità fornita nel 2020 proviene da combustibili fossili (1,8% rispetto al 2% nel 2019).

Per quanto riguarda il nucleare, come nel 2019, l’energia così originata è stata quasi esclusivamente di provenienza elvetica.

cameriera ai tavoli fotografata dall alto con in mano un piatto
© Keystone / Christian Beutler

La popolazione elvetica avrà guadagnato meno nel 2021: rispetto al 2020, infatti, i salari nominali sono attesi in calo dello 0,8%.

Il dato pubblicato martedì rappresenta la seconda stima annuale dell’Ufficio federale di statistica (UST), che si basa sulle informazioni raccolte nel primo semestre. Il primo pronostico, che teneva conto dell’evoluzione nel periodo gennaio-marzo, era ancora positivo, pari al +0,5%.

L’indice svizzero dei salari è un indicatore annuale dell‘evoluzione del salario lordo, compresa la tredicesima. Viene pubblicato dai funzionari dell’ufficio con sede a Neuchâtel nel mese di aprile.

L’UST precisa che i dati sono stati influenzati dalla situazione sanitaria: “L’attuale pandemia interpella tutta la società e l’economia. In questo contesto difficile, l’Ufficio federale di statistica (UST) deve continuare a fornire all’opinione pubblica, in particolare alle istanze decisionali del Paese e ai media, cifre attendibili. Nel 2020 e nel 2021, le stime trimestrali dell’indice svizzero dei salari sono state toccate dalla pandemia. I dati salariali non sono perciò stati cumulati nel secondo trimestre 2021”.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR