La televisione svizzera per l’Italia
uomo fotografato di spalle osserva un quadro dalle tonalità bianco-grigio

Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori,

Ce l’avete ancora una radiolina in casa? Magari con la rotellina per cercare le stazioni? Io non ne ho già da qualche anno, ma è appena giunta la notizia che in Svizzera le onde FM, che inizialmente dovevano essere spente entro inizio 2023, continueranno fino a fine 2024. Penso che quindi ora andrò in cantina a vedere se trovo una radio vecchia per rivivere l’ebbrezza del fruscio durante la ricerca della mia stazione preferita.

E mentre io cerco cimeli del passato, vi lascio qui le notizie più importanti di oggi.

Buona lettura!

uomo fotografato di spalle osserva un quadro dalle tonalità bianco-grigio
Keystone / Georgios Kefalas

I musei svizzeri vogliono continuare a ricevere i visitatori senza certificato Covid, a condizione che vengano rispettati i piani di protezione (distanze, mascherina, disinfettante). Lo ha fatto sapere venerdì l’Associazione dei musei svizzeri (AMS) tramite un comunicato. AMS che comunque sostiene l’appello alla vaccinazione lanciato alla popolazione.

Pur ribadendo che il certificato è un’opzione utile per tutte le istituzioni culturali quando si organizzano eventi con vasto pubblico, l’AMS considera che i piani di protezione, che hanno dato buona prova di sé, possano continuare a essere usati per le visite ai musei.

Rendere il certificato obbligatorio andrebbe a escludere una parte del pubblico, come per esempio i gruppi di scolari e questo sarebbe contrario alla missione fondamentale dei musei, ha spiegato all’agenzia Keystone-ATS la segretaria generale dell’ASM Katharina Korsunsky.

In generale, è un tema che divide il mondo culturale: le sale che accolgono persone con meno di 30 anni sono contrarie alla misura, poiché solo una piccola percentuale di chi appartiene a questa fascia d’età risulta essere vaccinata. In altri luoghi, invece, il certificato è ben visto poiché rappresenta una garanzia di sicurezza per il pubblico.

due mamme con bimba fotografate di spalle
© Keystone / Gaetan Bally

La donazione di seme alle coppie lesbiche, che verrebbe consentita nel matrimonio per tutti, avrebbe effetti negativi sui figli e creerebbe nuove disuguaglianze: sono questi gli argomenti presentati venerdì dagli oppositori alla modifica del Codice civile in votazione il prossimo 26 settembre (“Matrimonio per tutti”).

Stando al comitato, nessuna modifica di legge potrà mai cambiare le differenze biologiche tra un uomo e una donna, “la cui unione solamente può dare la vita”. Non si tratta di un “privilegio”, come sostenuto dai promotori dell’iniziativa, ma di un dato di fatto naturale. Consentire la donazione di sperma alle coppie lesbiche è tra l’altro “anticostituzionale”, dicono gli avversari del progetto: attualmente questa è consentita solo alle coppie eterosessuali, in caso di infertilità o di rischio di trasmissione di una malattia grave.

Cambiare ora le carte in tavola avrebbe effetti nefasti, specie sulla prole, aggiungono. Il padre sarebbe inoltre ridotto al ruolo di un semplice fornitore di sperma senza alcun diritto di partecipare all’educazione del bambino.

Per il comitato, l’accesso alle banche del seme per le lesbiche creerebbe anche un “diritto al figlio”. Altri gruppi di persone, come i single o i gli uomini gay, potrebbero in futuro rivendicare questo diritto – al momento loro precluso – con il rischio che si apra alla maternità surrogata.

primo piano di ignazio cassis con mascherina bianca con piccola bandiera svizzeraricamata
Keystone / Denis Balibouse

La Svizzera ha terminato martedì le operazioni di evacuazione dall’Afghanistan, ma il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha fatto sapere che altre 15 persone che hanno legami con la Confederazione non hanno voluto o non hanno potuto raggiungere l’aeroporto di Kabul. L’ambasciata elvetica di Islamabad (Pakistan), responsabile dei servizi consolari per l’Afghanistan, resta in contatto regolare con queste persone.

Sono in totale 292 fra cittadini elvetici e impiegati locali del DFAE che hanno finora potuto lasciare l’Afghanistan, ripiombato nel caos dopo il ritorno al potere dei talebani in seguito al ritiro dal Paese delle truppe statunitensi.

In seguito al duplice attentato avvenuto giovedì all’aeroporto di Kabul (rivendicato dal sedicente Stato islamico), costato la vita ad almeno 90 persone, tra le quali molti soldati statunitensi, il ministro elvetico degli affari esteri Ignazio Cassis si è detto estremamente addolorato in un tweet nel quale ha presentato le sue condoglianze alle famiglie delle vittime.

bambina vestita di giallo tiene una borsa di plastica della croce rossa in mano
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La Croce Rossa rimarrà in Afghanistan (dove si trova dal 1987) per portare avanti il lavoro di assistenza e protezione delle vittime del conflitto: a dirlo è la direttrice regionale del Comitato internazionale della Croce rossa (CICR) per l’Asia-Pacifico Christine Cipolla.

I bisogni umanitari sono e rimarranno alti e per questo motivo la presenza del CICR è necessaria. Solo nelle prime settimane di agosto, spiega, in tutto il Paese sono stati curati oltre 7’600 pazienti con ferite di arma da fuoco. In totale, durante i mesi di giugno, luglio e agosto, questa cifra supera i 40’000.

Si tratta di numeri “scioccanti” che illustrano la gravità dei combattimenti che hanno scosso l’Afghanistan nelle ultime settimane. La speranza ora è che questi combattimenti siano finiti, ma anche nei prossimi mesi e anni ci sarà bisogno dei centri del CICR: su tutto il territorio, infatti, sono disseminati ordigni esplosivi che causeranno gravi ferite a chi vi entrerà in contatto.

“Dal momento che lavoriamo da decenni nel Paese, abbiamo relazioni consolidate con i talebani. I cambiamenti in Afghanistan non hanno modificato il nostro rapporto con i talebani, e la situazione attuale non ha un impatto sul nostro modo di operare. I talebani ci hanno dato garanzie di sicurezza sia a livello locale che ai vertici per continuare il nostro lavoro, compreso quello svolto dalle nostre colleghe donne”, aggiunge Cipolla.

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