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Campione, dal fallimento del casinò alla nuova dogana

La frontiera tra Campione d Italia e la Svizzera nel 1947
Marzo 1947: la Confederazione impedisce ai suoi cittadini di andare a giocare al casinò di Campione. Keystone / Hermann Schmidli

Il villaggio di Campione oggi sta lentamente morendo. Eppure l'exclave italiana in Svizzera da oltre 500 anni e che acquisì la dicitura "d'Italia" in tempo fascista, da villaggio povero di pescatori diventò un borgo ricco grazie al casinò voluto nel 1933 dal Duce. Ripercorriamo un po' la sua storia.

Fallita da un anno e mezzo la casa di gioco, a complicare la situazione del villaggio sul lago di Lugano c’è il cambiamento dello spazio doganale previsto il primo gennaio 2020. Su richiesta italiana, l‘Ue ha approvato infatti l’inclusione del comune di Campione d’Italia nel territorio doganale europeoCollegamento esterno. Cosa significhi esattamente questo cambiamento, nessuno lo sa e le conseguenze sono tutte da valutare. 

+ Cosa cambierà per Campione d’Italia?

Se avete letto l’approfondimento suggerito, capirete che la situazione non è complicata solo tecnicamente ma lo è ancora di più concretamente. Recentemente i due paesi hanno deciso di istituire tra Campione e Bissone un posto doganale tra Svizzera e Italia. Se fino a ieri la frontiera (inesistente) si poteva attraversarla senza intoppi, dal 2020 le cose cambieranno. 

Con tutte le eccezioni chieste per CampioneCollegamento esterno (se cliccate il link andate all’Art. 70, pg. 149 e seguenti e pg. 252 e seguenti) – Iva svizzera e non italiana, esenzioni dalle accise, tassazione favorevole e altro ancora – la Svizzera teme che il borgo possa diventare una specie di punto franco, un po’ come Livigno. Per questo motivo un posto doganale elvetico è inevitabile.

Eppure, in oltre 500 anni di storia che divide il villaggio di ex pescatori dalla Confederazione, una sola volta il confine è stato presidiato dalle guardie svizzere. Eravamo nel 1947 – come ci racconta lo storico Marino Viganò – e a Campione riapriva il casinò dopo la chiusura durante la Seconda Guerra Mondiale. I cittadini svizzeri non potevano giocare perché la Confederazione vietava di portare la valuta elvetica in Italia. Così, per pochi mesi in verità, il confine è stato presidiato da un capitano con 25 militi. 

Non è la prima volta che c’è una dogana tra Campione e la Svizzera:

Campione d’Italia e non di Svizzera…

Le origini dell’exclave risalgono a Totone da Campione. Nel 777 dopo Cristo il signorotto di famiglia nobile longobarda lasciò in eredità tutti i suoi terreni (ovvero Campione e anche la riva opposta oggi territorio svizzero) all’abbazia di Sant’Ambrogio di Milano.

Anche nel 1512, quando Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico, cede ai confederati i terreni oggi appartenenti al Canton Ticino (per avere l’appoggio degli svizzeri contro i francesi), Campione rimase possesso dell’abbazia: i confederati erano ancora tutti cattolici (la Riforma seguirà qualche anno dopo…) e nessuno pensò né osò impossessarsi del territorio di proprietà dell’abbazia milanese.

Da allora, in oltre 500 anni di storia, Campione, a cui si aggiunse “d’Italia” durante il periodo fascista, non è mai stata “confederata”. Forse perché un villaggio povero di pescatori non interessava a nessuno.

A inizio ‘900 l’Italia pensò di costruire a Campione una casa da gioco, dapprima per celare una stazione di spionaggio (durante la Grande guerra), poi per lanciare il turismo nella regione. Sarà sotto Mussolini che il progetto prenderà vita. Dagli anni Trenta, il casinò è stato una grande fonte di ricchezza, non solo per Campione ma per tutta la provincia di Como. Oggi non è più così.

Il lento declino delle case da gioco, in generale, ha portato un anno e mezzo fa al fallimento del casinò e ancora oggi non si sa se e quando riaprirà. Nel frattempo il villaggio ha perso più 500 posti di lavoro. 

Storia del casinò, dalle sue origini al fallimento:

 


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