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Il contrabbando di libri e idee che unificò l’Italia

In un periodo cruciale per la nascita dell’Europa moderna, a cavallo dei moti del 1848, attorno ai torchi della Tipografia Elvetica di Capolago si incrociano i destini di personaggi che avrebbero gettato le basi dell’Italia unita, della Costituzione svizzera, della Croce Rossa Internazionale e… anche del tiramisù. Una storia vera, potente raccontata da Pietro Berra nel romanzo Il contrabbandiere di libri.

Tra una Confederazione appena uscita dalla guerra del Sonderbund e un’Italia ancora da fare, molti personaggi noti del Risorgimento italiano – da Mazzini a Cattaneo – e della Svizzera moderna – da Dufour a Vela – fanno vivere alla Tipografia Elvetica di Capolago una stagione unica, dove libri, libelli, pamphlet circolano liberi come libere sono le loro idee.

Luigi Dottesio, il protagonista principale del romanzo storico del comasco Pietro Berra, è un martire proprio della libertà di stampa. Organizza il contrabbando dei libri vietati dagli austriaci avvalendosi degli “spalloni” attivi sui monti tra il Canton Ticino e il lago di Como. Proprio tornando da Capolago al confine di Roggiana, Dottesio viene arrestato, giudicato e condannato a morte dagli austriaci. 

La copertina del libro.
@Tipografia Helvetica

Ma Il contrabbandiere di libri è anche la modernissima storia d’amore interclassista che lega Luigi Dottesio – figlio del popolo – alla ricca borghese Giuseppina Bonizzoni. Una storia d’amore, un po’ come I promessi sposi pubblicato una ventina di anni prima dei fatti raccontati da Pietro Berra, che sarà ostacolata un po’ da tutti, parenti compresi. Attraverso le vicissitudini di Luigi e Giuseppina scopriamo così un Risorgimento vivo, appassionante, diverso da quello che ci hanno sempre insegnato a scuola.

Abbiamo incontrato a Como Pietro Berra, l’autore del romanzo.

La prima parte del romanzo ruota attorno alla Tipografia Elvetica, rinata pochi anni fa e che, non a caso, è anche l’editore del libro.

Esatto. Non è un caso. Il tutto è nato dall’incontro con Julia Kessler e Milo Miler, la coppia che ha ridato vita nel 2015 all’edificio che ospitava la Tipografia Elvetica a Capolago. E con l’edificio sono rinate anche queste edizioni. È discutendo con loro che è nata l’idea di scrivere un romanzo attorno alla vecchia Tipografica Elvetica. Faceva piacere a entrambi restituire a questi personaggi il ruolo significativo che hanno avuto nella creazione dell’identità culturale sia svizzera sia italiana.

Il titolo del libro è molto suggestivo “Il contrabbandiere di libri”. Noi siamo abituati al contrabbando di ben altre merci.

Nei musei sul contrabbando, sia in Svizzera sia in Italia, viene ricordato solo il contrabbando di merci, caffè, seta, sigarette… Luigi Dottesio non era un semplice contrabbandiere. Era anche un intellettuale, di umili origini venuto dal popolo. Dottesio viene fermato sul confine, arrestato e infine impiccato a Venezia. Il contrabbando di libri si è dunque rivelato pericoloso, mortale. Mi sembrava un po’ triste ricordare solo il trasporto illecito di merci che, con tutto rispetto era comunque un modo illegale di guadagnarsi la vita. Chi invece lo faceva per un ideale, rischiando molto di più, è stato completamente dimenticato.

“I libri si stampavano al di là della frontiera, in Svizzera, in una terra libera, per poi diffonderli nel Nord Italia”.

Pietro Berra, giornalista e scrittore

Vale la pena ricordare che allora molti libri erano messi all’indice dal regime austriaco…

Sotto l’Impero asburgico, nel Lombardo-Veneto era impossibile pubblicare una serie di libri. Per citarne uno, Le ultime lettere di Jacopo Ortis – molto popolare tra i giovani del Risorgimento – era messo all’indice, come molti altri scritti perché promuovevano, sostenevano e affermavano una cultura italiana, un’identità nazionale. Quindi i libri si stampavano al di là della frontiera, in Svizzera, in una terra libera, per poi diffonderli nel Nord Italia. È stato un periodo storico in cui la Svizzera è stata un riferimento per gli uomini liberi e le donne libere di quella primavera dei popoli che percorse l’Europa nel 1848.

Luigi Dottesio, il protagonista del libro, è una figura minore del Risorgimento, quasi un eroe romantico.

Eroe romantico lo è sicuramente. Il Risorgimento, non è tanto quello che impariamo a scuola fatto di battaglie, date, nomi… una noia mortale. No, è molto più interessante. È fatto di personaggi e delle loro storie. A rendere Dottesio un eroe romantico ci pensa la sua storia d’amore – impossibile – con la vedova Giuseppina Bonizzoni. Un amore sottotraccia che poi esplode sempre di più in tutto il romanzo e soprattutto nella vicenda reale.

Parliamo allora di questo amore impossibile.

Luigi e Giuseppina sono un po’ dei “promessi sposi” e lo rimarranno per tutta la vita. Ancora dopo la morte di lui a Venezia nel 1851, lei cercherà in ogni modo di ottenere le spoglie mortali dell’amato compagno. Ci riuscirà solo a Italia unita nel 1868, 17 anni dopo la sua impiccagione. Una storia d’amore incredibile, perché lui veniva dal popolo con alle spalle solo la quarta elementare, lei era una ricca borghese comasca, il tutto in un’epoca in cui le classi sociali erano ancora molto rigide.

“Il contrabbando di libri si è rivelato pericoloso, mortale per il protagonista del romanzo Luigi Dottesio”.

Pietro Berra, giornalista e scrittore

Ci racconti la loro storia d’amore particolare vissuta in un contesto storico altrettanto particolare.

Giuseppina Perlasca Bonizzoni e Luigi Dottesio si conoscono per la prima volta durante l’epidemia di colera. I due sono particolarmente attivi nella cura dei malati. Lei, più vecchia di cinque anni, è una vedova con sei figli. La coppia forma una sorta di famiglia allargata ante litteram dove i figli lo chiamano “papà”. Luigi e Giuseppina non riusciranno mai a sposarsi. Le tragedie della storia patria e di quella privata, si intrecciano fatalmente il 12 gennaio del 1851. I nostri protagonisti vengono invitati dal direttore della Tipografia Elvetica a Capolago. Sembra che avessero trovato un prete disposto a sposarli. Fino allora non era stato possibile, in primo luogo per problemi con le autorità. Su di lui, infatti, per tanti mesi pende un mandato di cattura. Poi a opporsi al matrimonio ci pensano i parenti di lei che, più attenti al conto in banca e alle sue umili origini, decidono di separare i due amanti e di mandare Giuseppina in Valtellina.

Quel 12 gennaio 1851 sarà però un giorno fatale…

Pare che il prete di Campione d’Italia fosse disposto a celebrare il matrimonio. Purtroppo, a Capolago quel giorno arriverà solo Luigi, passato dai monti, alla maniera dei contrabbandieri. Giuseppina, in carrozza, viene invece respinta alla frontiera. Luigi tornerà verso Como forse troppo agitato, sicuramente con dei documenti compromettenti che gli affida il direttore della Tipografia, che gli dice: “Giacché torni dall’altra parte del confine, fammi questo favore” e gli dà un malloppo di documenti che lui neanche guarda. Ed è proprio il giorno in cui verrà arrestato al valico di Roggiana. Inizialmente sembra una cosa di poco conto. Invece, piano piano, Dottesio diventa il capro espiatorio di una nazione intera.

Una vicenda amara con un finale anche un po’ dolce…

In quegli anni si affermano le idee anche attraverso la cucina, proprio come oggi. Nel romanzo irrompe la giovane contessa Tiretta di Treviso che si batte fino all’ultimo per salvare Dottesio. Patriota pure lei, la contessa inventa un dolce, il “tira un sospiro su”, ovvero l’attuale tiramisù, che per la maggior parte dei dizionari, sarebbe nato negli anni Sessanta del Novecento e codificato nei ricettari negli anni Ottanta. Invece no. Il dolce nasce dall’idea di mettere assieme tutte le regioni del Nord Italia, per dare un segnale di unità: il caffè del Veneto, i savoiardi piemontesi e guarda al caso, proprio dal lago di Como, il mascarpone.


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