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Stragi di Parigi, restano “zone d’ombra”

Mentre a Parigi si ricorda la serie di attentati jihadisti che due anni fa, la sera del 13 novembre 2015, causarono la morte di 130 persone inermi, restano ancora numerose zone d’ombra su cui gli inquirenti cercano di far luce, come ha riconosciuto venerdì lo stesso procuratore della capitale François Molins.

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Attualmente l’inchiesta si è focalizzata su 15 persone, di cui 13 sono finite in carcere: cinque in Belgio, sette in Francia e uno in Turchia mentre due sospetti risultano tuttora in fuga.

Tra gli indagati figura ovviamente Salah Abdeslam, l’unico superstite del commando che ha seminato morte in attacchi simultanei al teatro Bataclan, allo Stade de France, dove era in corso la partita Francia-Germania, e nei caffè e nei locali lungo i boulevard in diverse zone della città.

È detenuto in Francia, dopo essere stato fermato in Belgio l’anno scorso ma non collabora con gli inquirenti e le dichiarazioni rese subito dopo la cattura non sono considerate affidabili.

L’indagine si è incentrata soprattutto sulla figura di Mohammed Bakkali, arrestato a Bruxelles due settimane dopo gli attentati che secondo i procuratori avrebbe orchestrato il ritorno in Europa dei membri della cellula terroristica dalla Siria nell’estate del 2015. È infatti lui che si è occupato degli affitti, dei telefoni, dei conti bancari del gruppo affiliato all’Isis e che avrebbe coordinato le stragi parigine.

L’organizzazione logistica e strategica della cellula e la dinamica degli attentati sono state ricostruite dagli inquirenti ma mancano ancora alcuni elementi a monte prima che l’inchiesta possa considerarsi esaurita.

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